Versione originale in latino
Daphidas praedicabat nihil sua interesse utrum. Dei essent necne.Se quidem laudibus extollebat ut virum au¬dacis sententiae, atque civium et Deorum contemptorem. Olìm igitur Delphos se contulit acque Apollinem ìrridendi causa consuluit an equum invenire posset, cum omnino nullum haberet. His verbìs editis, risìt quia nihil eius intererat equos habere. Ex oracolo autem reddita vox est eum ìnventurum esse equum, sed ut, eo deiectus periret. Risit iterum Daphìdas. Reversus est domum iocans in deos cum amicis. Iter faciens incidit in Attàlum lacessitum saepissime a se contumeliosis verbis eiosque iusso deiectus est saxo, cui nomen erat Equus. Poenas igìtur solvìt iusto supplicìo. Docuit homines quantum semper interesset venerari doos, Cultus et veneratìo deorum non modo pueros ac feminas, sed etiam viros doctos decet.
Traduzione all'italiano
Dafida diceva che non gli interessava per niente se gli dei esistessero o no. Elogiava ed esaltava se stesso come un uomo di opinioni coraggiose, disprezzatore dei cittadini e degli dei. Una volta quindi si diresse a Delfi e consultò Apollo, per scherzare, se avrebbe potuto trovare un cavallo,non avendone nessuno. Affermate codeste parole, rise siccome non gli interessava per niente possedere dei cavalli. Però dall'oracolo fu ripetuto a voce che quello avrebbe trovato un cavallo, però che sarebbe morto colpito da quello. Dafida rise una seconda volta. Ritornò a casa deridendo gli dei con i compagni. Durante il percorso incontra Attalo che aveva sfidato parecchie volte con parole oltraggiose e fu obbligato a gettarsi dalla rupe, il cui nome era Cavallo. Quindi espiò con codesto supplizio le colpe. Gli uomini imparano quanto sempre è importante celebrare gli dei. Il culto e la venerazione degli dei convengono sia ai bambini sia alle donne ma anche agli uomini dotti.