alisound94
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Versione originale in latino


4. At Nero nullo in Paulinam proprio odio, ac ne glisceret invidia crudelitas, [iubet] inhiberi mortem. Hortantibus militibus servi libertique obligant brachia, premunt sanguinem, incertum an ignarae.
Nam, ut est vulgus ad deteriora promptum, non defuere qui crederent, donec implacabilem Neronem timuerit, famam sociatae cum marito mortis petivisse, deinde oblata mitiore spe blandimentis vitae evictam; cui addidit paucos postea annos, laudabili in maritum memoria et ore ac membris in eum pallorem albentibus, ut ostentui esset multum vitalis spiritus egestum.

Seneca interim, durante tractu et lentitudine mortis, Statium Annaeum, diu sibi amicitiae fide et arte medicinae probatum, orat provisum pridem venenum, quo d[am]nati publico Atheniensium iudicio exstinguerentur, promeret; adlatumque hausit frustra, frigidus iam artus et cluso corpore adversum vim veneni.
Postremo stagnum calidae aquae introiit, respergens proximos servorum addita voce libare se liquorem illum Iovi liberatori. Exim balneo inlatus et vapore eius exanimatus, sine ullo funeris sollemni crematur. Ita codicillis praescripserat, cum etiam tum praedives et praepotens supremis suis consuleret.

Traduzione all'italiano


64. Ma Nerone, non spinto da alcuna ostilità personale nei confronti di Paolina, e perché non crescesse l’odio per la sua crudeltà, ordina che la morte sia impedita. Su ordine dei soldati, gli schiavi e i liberti legano le vene delle braccia, fermano il sangue, non si sa se contro la sua volontà.
Infatti, siccome il volgo è pronto a credere alle insinuazioni più ignobili, non mancò chi credette che, finché temette Nerone implacabile, aspirò alla fama di una morte condivisa col marito, poi, offerta una prospettiva più mite, fu sopraffatta dalle lusinghe della vita; e a questa aggiunse pochi anni in seguito, nel ricordo lodevole nei confronti del marito e col volto e le membra che sbiancavano in un pallore tale che mostrava che molto spirito vitale era stato perduto.
Seneca, nel frattempo, poiché il processo si prolungava e a causa della lentezza della morte, prega Stazio Anneo, legato a lui da lungo tempo per lealtà di amicizia e per l’arte della medicina, di tirar fuori il veleno precedentemente preparato, col quale i condannati a morte in un pubblico processo degli Ateniesi venivano uccisi; e bevve il veleno che gli era stato portato, invano, freddo ormai nelle membra e col corpo ormai insensibile alla forza del veleno.
Da ultimo entrò in una vasca di acqua calda, spruzzando i più vicini degli schiavi e dopo aver aggiunto l’invocazione che lui libava quell’acqua limpida a Giove liberatore. Di là, portato nel bagno a vapore e ucciso dalla sua evaporazione, è cremato senza nessuna solenne cerimonia funebre. Così aveva disposto nel testamento, quando ancora molto ricco e molto potente provvedeva ai suoi ultimi momenti.

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