Versione originale in latino
Turbatus his Nero et propinquo die quo quartum decimum aetatis annum Britannicus explebat, volutare secum modo matris violentiam, modo ipsius indolem, levi quidem experimento nuper cognitam, quo tamen favorem late quaesivisset. Festis Saturno diebus, inter alia aequalium ludicra regnum lusu sortientium evenerat ea sors Neroni. Igitur ceteris diversa nec ruborem adlatura: ubi Britannico iussit exsurgeret progressusque in medium cantum aliquem inciperet, inrisum ex eo sperans pueri, sobrios quoque convictus, nedum temulentos, ignorantis, ille constanter exorsus est carmen, quo evolutum eum sede patria rebusque summis significabatur. Unde orta miseratio manifestior, quia dissimulationem nox et lascivia exemerat. Nero, intellecta invidia, odium intendit; urgentibusque Agrippinae minis, quia nullum crimen neque iubere caedem fratris palam audebat, occulta molitur pararique venenum iubet, ministro Pollione Iulio, praetoriae cohortis tribuno, cuius cura attinebatur damnata veneficii nomine Locusta, multa scelerum fama. Nam ,ut proximus quisque Britannico neque fas neque fidem pensi haberet, olim provisum erat. Primum venenum ab ipsis educatoribus accepit, tramisitque exsoluta alvo parum validum, sive temperamentum inerat, ne statim saeviret. Sed Nero, lenti sceleris impatiens minitari tribuno, iubere supplicium veneficae, quod, dum rumorem respiciunt, dum parant defensiones, securitatem morarentur. Promittentibus dein tam praecipitem necem, quam si ferro urgeretur, cubiculum Caesaris iuxta decoquitur virus cognitis antea venenis rapidum.
Traduzione all'italiano
Turbato da queste cose Nerone ed essendo vicino il giorno in cui Britannico compiva il quattordicesimo anno di età, ripensava dentro di sé ora alla prepotenza della madre, ora alla natura di quello conosciuta poco prima da una prova, per la verità di scarso rilievo, dalla quale però aveva ricevuto largamente favore. Nei giorni di festa per Saturno, tra gli altri giochi dei coetanei sorteggianti per scherzo il regno, quella sorte era toccata a Nerone. Perciò, impose diverse cose agli altri e non tali da procurare vergogna: quando comandò a Britannico che si alzasse e, avanzatosi nel mezzo, intonasse qualche canto, sperando che da quel fatto sarebbe venuta derisione per un giovinetto che non conosceva neanche i banchetti seri, tanto meno poi quelli sfrenati, ma quello intonò con sicurezza un carme nel quale si alludeva al fatto che egli era stato privato del trono paterno e della più alta fortuna. Da ciò sorse la commiserazione tanto più aperta, in quanto la notte e la dissolutezza aveva tolto la dissimulazione. Nerone, resosi conto dell'odiosità, affinò il suo odio; e incalzandolo le minacce di Agrippina, poiché non v'era nessuna colpa né egli osava comandare apertamente l'uccisione del fratello, trama occulti preparativi e dà ordini che si prepari il veleno, essendo esecutore Pollione Giulio, tribuno della corte pretoria, alla cura del quale era affidata, per larga fama di scelleratezze, una condannata per veneficio, di nome Locusta. Infatti, già prima si era provveduto che ciascuno di quelli che erano vicini a Britannico non tenesse in alcun conto né l'onestà né la fedeltà. In un primo tempo ricevette il veleno dagli stessi suoi educatori, e lo eliminò essendosi liberato il ventre, poco efficace sia perché c'era dentro un temperamento affinché non infierisse subito. Ma Nerone, insofferente di un delitto lento, minacciava il tribuno, comandava il supplizio per l'avvelenatrice perché, finché stavano a badare alle voci del volgo, finché preparavano la difesa, rendevano precaria la sua sicurezza. Promettendo, quindi, una morte subitanea come se venisse colpito dalla spada, presso la stanza di Cesare si cuoce un veleno di rapido effetto, essendone note già prima le sostanze venefiche.