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Andrea SPALLUZZI, op. cit.
42 Albert BANDURA, Aggression. A Social Learning Analysis, Prentice-Hall, Englewood Cliffs (NJ), 1973. 12
naturale (innatismo-naturalismo) e la associa al male (morale). In secondo luogo, l'aggressività è stata
considerata un elemento costituente della personalità fin dai primi studi di Freud, il che ha portato
ogni autore di questo campo a fare riferimento a concetti metapsicologici per discutere di personalità
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o di aggressività, ampliando di conseguenza la letteratura sull'argomento.
Sigmund Freud ha dato un importante contributo alla comprensione dell'aggressività, considerandola
come una dimensione pulsionale-motivazionale inconscia, contrapposta alla spinta generativo-
conservatrice della libido. Questo punto di vista pone l'aggressività come un istinto innato nell'uomo,
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presente nella sua personalità. Tuttavia, Freud ha lasciato molti spazi di ambiguità sull'argomento,
nonostante gli sforzi e i suggerimenti dei suoi adepti. Alfred Adler, contemporaneamente a Freud, ha
espresso il suo pensiero sulla questione: egli sostiene che l'aggressività viene agita per compensare
un sentimento di inferiorità sentito dalla persona, il che implica che l'aggressività sia un effetto di un
brutto rapporto con l'ambiente e una strategia estrema dell'individuo per la realizzazione di sé stesso.
In questo pensiero adleriano, il sentimento di odio e rancore è fondamentale, poiché abbassa il
sentimento sociale e relazionale, consentendo così all'individuo di agire aggressivamente per
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rivendicare un senso di inferiorità percepito.
Melanie Klein, invece, attribuisce all'aggressività una dimensione istintuale-originaria già presente
alla nascita, coinvolta nella generazione di strutture psichiche come l'io infantile e il super-io. Per
Klein, l'aggressività ha origine dal trauma della nascita, il quale porta il bambino ad avere fantasie di
distruttività verso sé e verso l'esterno di sé. In questa posizione, il bambino si presenta già dotato di
spinte distruttive, ostili ed angoscianti, che lo spingono a cercare esperienze relazionali con oggetti
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che gli permettano di contenere o di non eccedere nelle fantasie aggressive-distruttive.
René Arpad Spitz sosteneva che l'aggressività svolge un ruolo fondamentale nella costruzione
dell'oggetto e nella relazione con esso: l'aggressività e la libido si intrecciano in una dinamica
evolutiva che permette la generazione dell'oggetto libidico e la cooperazione tra le due pulsioni,
permettendo un "rapporto oggettuale" sano. In questo processo di sviluppo è fondamentale il
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sentimento di diniego, che aiuta il bambino ad organizzare la propria aggressività in modo sano.
43 Piero CAPONERI, Il comportamento aggressivo nelle teorie psicoanalitiche,
<https://www.pierocaponeri.com/consulenza-psicologica/comportamento-aggressivo-nelle-teorie-psicoanalitiche/>, 30
giugno 2023 in ‹‹Gesammelte Werke››, vol. 13, Imago, London 1940; tr. it.
44 Sigmund FREUD, Jenseits des Lustprinzips, Al di là
in ‹‹Opere di Sigmund Freud››, vol. 9, Boringhieri, Torino, 1977.
del principio di piacere, in ‹‹ Social
45 Mikhail RESHETNIKOV, Phenomenon of aggressiveness in psychology, psychiatry, and social life,
Sciences Research Journal››, vol. 6, 4, (2019), 294 - 300
The Hogarth Press, London 1948; tr. it. in ‹‹Id., Scritti››,
46 Melanie KLEIN, Contributions to Psycho-Analysis,
Boringhieri, Torino, 1978
47 René SPITZ, Emotional growth in the first year, Child Study Association of America, 1947 13
Heinz Hartmann, invece, parla di pulsione aggressiva alla pari di quella libidica, le quali assieme
partecipano allo sviluppo della personalità. Secondo Hartmann, la possibilità di agire o meno in modo
aggressivo dipende dalle capacità dell'io di neutralizzare le spinte aggressive attraverso l'altra forza
48
pulsionale della libido.
In ogni caso, sia Spitz che Hartmann riconoscono l'importanza dell'aggressività nella costruzione
49
della personalità, ma cercano di inquadrarla in un contesto di equilibrio tra diverse pulsioni. Questi
studi possono aiutare a comprendere come alcune persone possano commettere crimini violenti, ma
non possono essere considerati come la sola spiegazione di tali comportamenti. L'aggressività può
essere espressa in modi diversi a seconda dell'individuo e del contesto sociale e culturale in cui si
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trova. sull’aggressività si sono concentrati sul confronto dei correlati neurofisiologici
Gli studi più recenti 51
del comportamento aggressivo in soggetti normali, criminali e nelle diverse diagnosi psichiatriche.
Inizialmente, si è cercato di comprendere le fondamenta neurali che sottendono a questi meccanismi,
concentrandosi principalmente sulla ricerca del ruolo dell'area della corteccia frontale nell'origine e
nell'inibizione degli impulsi aggressivi: è stato osservato che lesioni o malformazioni di questa
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regione cerebrale possono alterare tali meccanismi e favorire, di conseguenza, reazioni aggressive.
L’area maggiormente implicata in queste reazioni sembra essere l’amigdala: pazienti con
menomazioni in questa zona cerebrale mostrano notevoli livelli di differenze cognitive, emotive e
comportamentale non solo rispetto a un gruppo di controllo di soggetti sani, ma anche rispetto ad altri
pazienti con lesioni cerebrali al di fuori di tali aree. In particolare, a livello emotivo, nonostante la
loro risposta elettrodermica fosse intatta e reattiva, i soggetti non presentavano reazioni di
conduttanza cutanea di fronte a immagini socialmente significative, come calamità naturali o
mutilazioni. Questo indica un disfunzionamento nell'elaborazione degli eventi socio-emotivi, che si
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traduce in una mancanza di affettività ed empatia da parte dell'individuo.
La breve panoramica storica del concetto di aggressività è utile per comprendere la complessità del
fenomeno in questione. Sebbene le diverse specifiche definizioni, legate soprattutto alle credenze
Perché l’aggressività? Sintesi di alcune ipotesi psicoanalitiche da Freud a oggi, in ‹‹Psychiatry online
48 Paolo MIGONE,
Italia››, 28 novembre 2012
49 Andrea SPATUZZI, op. cit.
L’evoluzione della violenza e dell’aggressività ai giorni d’oggi: analisi integrale della
50 Martina BOCHICCHIO,
in ‹‹Rivista di Psicopatologia Forense, medicina legale, Criminologia 2020››, volume 25:548,
condotta della devianza,
2020 – – –
51 Chiara FABBRI Luca CIMINO Alessandro SERRETTI, Genetica dei comportamenti impulsivo aggressivi:
in ‹‹Rassegna Italiana di criminologia››, pensa MULTIMEDIA Editore,
possibile applicazione in psichiatria forense?,
anno VI, 1, (2013) Studi sull’aggressività: prsopettive sull’irrilevanza penale degli stati emotivi e
52 Domenico PICCINNINNO,
in ‹‹SalvisJuribus››, 27 ottobre 2018
passionali, L’impatto delle neuroscienze
53 Martina MAIORANO, sul diritto penale, Tesi di Dottorato in Scienze Giuridiche,
–
Leopold Franzens Universität, a.a. 2018 14
abbracciate da ogni singolo autore, sembra che tutti siano concordi nel riconoscere un’accezione
anche positiva all’aggressività, considerazione che sicuramente non si può altrettanto trarre con il
concetto di violenza.
3.4. Reati violenti
Prima di passare in rassegna quelli che sono considerati i reati violenti per comprendere la grande
vastità di casi presenti fin dall’antichità e al giorno d’oggi, è utile definire cosa si intende strettamente
con il termine reato.
“Per reato si intende quel comportamento umano volontario (azione o omissione) che il legislatore
ritiene contrario ai fini dello Stato e al quale ricollega, come conseguenza, l'applicazione di una
sanzione penale.” 54 I reati si distinguono in delitti punibili con la pena dell'ergastolo, della reclusione
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e della multa e le contravvenzioni punibili con la pena dell'arresto e dell'ammenda. Sebbene non sia
possibile stabilire una precisa distinzione tra le due categorie, in linea di massima si può utilizzare un
criterio quantitativo che riconosce i delitti come fattispecie criminose obiettivamente più gravi delle
56
contravvenzioni.
Oltre a definire il termine in sé la dottrina penalistica si è sforzata anche di individuare le ragioni
sostanziali che inducono a considerare criminoso un determinato comportamento. A tal proposito
meritano un accenno le definizioni di marca giusnaturalistica o positivistica secondo cui
rispettivamente è reato ciò che turba gravemente l'ordine etico, ovvero ciò che cozza contro la
moralità media di un popolo in un determinato momento storico: l'esperienza dimostra infatti che la
maggior parte degli ordinamenti penali incriminano non solo comportamenti che non ledono
gravemente l'ordine etico, ma anche condotte eticamente indifferenti. La consapevolezza sociologica,
invece, considera reato ogni comportamento umano che rende impossibile o mette in pericolo
l'esistenza e la conservazione della società: questa concezione ha il merito di tener conto l'impatto del
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reato sulle condizioni organizzative della vita in comune.
“Nella struttura del reato la dottrina tradizionale ravvisa due elementi essenziali generali:
- l'elemento oggettivo: vale a dire il fatto materiale costituito dall'azione o omissione
antigiuridiche, dall'evento naturalistico e dal rapporto di causalità che deve per correre tra
condotta ed evento;
54 Marco MONZANI, Manuale di psicologia giuridica. Elementi di psicologia criminale e vittimologia,
Libreriauniversitaria.it edizioni, Seconda edizione, Padova, maggio 2013
55 Concas ALESSANDRA, La differenza tra reati, delitti e contravvenzioni, In Diritto.it, 20 febbraio 2020
–
56 Giovanni FIANDACA Enzo MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Sesta edizione, Zanichelli editore, Bologna,
novembre 2009
57 ivi 15
l'elemento soggettivo: vale a dire la colpevolezza costituito dall'atteggiamento psicologico
- richiesto dalla legge per la commissione di un dato reato (dolo, colpa, preterintenzione).” 58
Il reato doloso si configura quando l'evento è il risultato della volontà dell'agente: esso può avvenire
in modo diretto quando l'evento coincide con quello voluto dall'agente o indiretto o eventuale quando
l'agente prevede l'evento c