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L’ATTENZIONE SELETTIVA
1.2 L’attenzione selettiva è la capacità di selezionare una o più informazioni
provenienti da stimolazioni esterne o interne, in presenza di altre informazioni in
competizione tra loro.
I nostri sensi sono in grado di registrare ed elaborare dati provenienti da diverse
potendo eseguire un’azione alla volta, dobbiamo operare una selezione.
fonti, ma Un
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meccanismo di fondamentale importanza per il controllo dell’azione è, quindi, la
selezione di parte dell’informazione disponibile e la sua separazione dalle altre
informazioni irrilevanti presenti.
Attraverso esperimenti sull’ascolto dicotico, che illustrerò successivamente, si
selezionare l’informazione sulla base di determinate
dimostrò che è possibile
caratteristiche, quali il tono della voce.
Attualmente, la maggior parte degli studiosi ritiene che la selezione sia guidata
da caratteristiche elementari ma che, comunque, le informazioni su cui non si presta
L’attenzione
attenzione possano essere elaborate fino a livello del codice semantico.
quindi, sembra essere in grado di operare sia sull’informazione rilevante
selettiva, sia su
quella non rilevante, grazie a due meccanismi che interagiscono tra di loro:
meccanismo di attivazione che opera, prima della selezione, sia sull’informazione
- un
rilevante sia su quella non rilevante e attraverso il quale si giunge a una codifica
semantica di tali stimoli;
un meccanismo d’inibizione attiva della risposta per l’informazione non rilevante.
- L’elaborazione dell’informazione rilevante e non rilevante determina un’altra
importante distinzione: gli stimoli cui si presta attenzione sono elaborati per essere
utilizzati, divenire consapevoli e orientare la scelta delle risposte; gli stimoli cui non si
presta attenzione, invece, sono elaborati in modo automatico, spesso non giungono al
livello di consapevolezza e non sono utilizzabili per la risposta o per il ricordo. Questa
all’ambiente
distinzione è funzionale a un adeguato adattamento in quanto le
rappresentazioni rilevanti danno coerenza ai nostri comportamenti, mentre quelle che
non lo sono ci permettono, comunque, di individuare eventi ambientali potenzialmente
interessanti, anche se non previsti o ricercati dal soggetto.
Nel 1988 Treisman propose una teoria più dettagliata sugli stimoli visivi
che riguarda direttamente il ruolo dell’attenzione nella percezione
focalizzati e trascurati
Secondo l’autrice, si verifica,
degli oggetti. inizialmente, una rapida elaborazione in
parallelo, indipendente dall’attenzione, delle caratteristiche visive degli oggetti
dell’ambiente, cioè esse vengono elaborate indiscriminatamente; poi si verifica un
secondo processo, nel quale le caratteristiche visive vengono combinate per formare
talvolta sotto l’influenza
oggetti, di conoscenze già immagazzinate. In assenza di
attenzione selettiva o di conoscenze pertinenti già presenti in memoria, le caratteristiche
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degli oggetti vengono elaborate, ma rimangono scollegate tra loro e, quindi, combinate
in modo casuale, causando spesso combinazioni sbagliate, note come “unioni illusorie”.
il supporto empirico alla teorie dell’integrazione delle caratteristiche,
Nonostante
esistono numerose prove che essa sia troppo semplice. Ad esempio, i risultati di La
Berge (1963) indicano che si può prestare attenzione a tutte le lettere di una parola,
suggerendo che non è necessario combinare le caratteristiche di ciascuna lettera, prima
che esse siano combinate in una parola.
1.3 L’ATTENZIONE SOSTENUTA
L’attenzione sostenuta è l’abilità di dirigere e mantenere l’attività cognitiva su
stimoli specifici e consente di completare qualsiasi attività pianificata o azione in
sequenza (De Gangi e Porges, 1990). Per comprendere come opera questo tipo di
attenzione basti pensare a un bambino che deve risolvere un problema di matematica;
egli deve mantenere un certo grado di attenzione nella lettura e nelle varie fasi di
svolgimento del compito (arousal), deve selezionare le informazioni pertinenti per
(attenzione selettiva) e continuare a mantenere l’attenzione
risolvere il compito
focalizzata sul problema, resistendo a eventuali distrazioni che potrebbero interferire
ritengono che l’attenzione
con la soluzione (attenzione sostenuta). Questi autori
sostenuta comprenda tre stadi:
attivazione dell’attenzione, descritta come “orientamento iniziale di allerta a uno
- dipende dalla rilevanza dello stimolo, dall’esperienza
stimolo”, che passata del soggetto
e dal grado di reattività individuale alle stimolazioni sensoriali;
dell’attenzione, l’attivazione perdura perché uno
- mantenimento che si verifica quando
stimolo è tanto nuovo o complesso per il soggetto da motivarlo ad elaborarlo;
dell’attenzione,
- caduta che può avvenire a causa della fatica fisica o mentale, o perché
viene prestata attenzione a stimoli nuovi o diversi.
Lungo i tre stadi dell’attenzione sostenuta, l’arousal esercita una funzione assai
rilevante, in quanto un basso arousal comporta un mancato investimento di risorse
nell’attività da svolgere, mentre un arousal troppo alto provoca un alto livello di
distraibilità agli stimoli non pertinenti al compito, tale così da impedire, comunque, al
soggetto un buon livello di selettività.
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1.4. L’ATTENZIONE DISTRIBUITA
L’attenzione distribuita o divisa si riferisce alla capacità di prestare attenzione a
più stimoli contemporaneamente (Làdavas e Berti, 1999). Essa è, per certi aspetti,
l’immagine dell’attenzione selettiva
opposta che richiede al soggetto di filtrare e
attenuare il più possibile l’informazione non rilevante in quel momento, mentre
l’attenzione distribuita richiede di elaborare contemporaneamente le informazioni
provenienti da più stimolazioni (Umiltà, 1995).
nel 1989 ha avanzato l’ipotesi che attenzione distribuita e
Hampson focalizzata
l’una, di solito, facilitano anche
siano molto simili in quanto i fattori che facilitano
l’altra. Egli, infatti, sostiene “ogni cosa che minimizza l’interferenza tra processi
che e
li tiene separati, consente che si svolgano più rapidamente, sia isolatamente sia in
associazione”.
A livello teorico, la difficoltà nel portare a termine la performance, che può
verificarsi quando due compiti vengono elaborati contemporaneamente, mette in luce i
del sistema di elaborazione dell’informazione
limiti umano. Alcuni studiosi sostengono
che tale difficoltà sia dovuta alle limitate capacità del sistema attentivo, mentre altri
sono favorevoli all’esistenza di specifiche risorse di elaborazione, che fanno sì
studiosi
che non si verifichino interferenze tra i due compiti, in quanto il soggetto fa uso di
risorse differenti che non entrano in competizione tra loro.
Molte prove sperimentali mettono evidenza che il grado di somiglianza tra i
compiti è molto importante, anche se si deve tener conto dell’esistenza di diversi tipi di
somiglianza. Wickens (1984) ha riesaminato la letteratura e ha concluso che due
compiti interferiscono quando vengono usate le stesse modalità di stimolo (visiva o
uditiva) e quando questi stimoli seguono gli stessi stadi di elaborazione (input,
elaborazione interna, output). Relativamente al primo tipo di somiglianza, Treisman e
Davies (1973) scoprirono che due compiti interferiscono tra loro quando gli stimoli in
entrambi i compiti vengono presentati nella stessa modalità sensoriale (visiva o uditiva)
rispetto a quanto vengono presentati in diverse modalità.
Esistono poi evidenze empiriche che sostengono che due attività relativamente
complesse possono essere eseguite contemporaneamente senza interferire tra di loro
purché ai soggetti, che devono eseguire il compito, sia consentita una sufficiente
quantità di pratica (Spelk et al., 1976; Hirst et al. 1980). Ciò può avvenire per diverse
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ragioni. Prima di tutto, si possono sviluppare nuove strategie nell’esecuzione di due
compiti in modo da minimizzare ogni interferenza. In secondo luogo, le richieste poste
da un compito alle risorse attentive possono ridursi in funzione della pratica, proprio
perché il soggetto porta a termine il compito in modo sempre più automatico e, quindi,
la pratica può consentire un utilizzo più economico di queste risorse.
La capacità di eseguire due compiti contemporaneamente dipende anche dalla
della difficoltà in due compiti da eseguire
difficoltà dei due compiti, anche se l’effetto
contemporaneamente non è sempre quello atteso ma, come hanno individuato Norman e
Bobrow (1975), dipende dalla quantità di risorse e di dati a disposizione del soggetto. I
due autori, infatti, distinguono tra processi con risorse limitate e processi con dati
limitati. Se la prestazione ha risorse limitate allora, aumentando la quantità di risorse
investite nel compito, la prestazione migliorerà. Di conseguenza, aumentando le
difficoltà di uno dei due compiti, si comprometterà la prestazione di un secondo
compito eseguito contemporaneamente se al primo compito sarà allocata una quantità
consideri l’esempio di qualcuno che stia contemporaneamente
maggiore di risorse. Si
leggendo e ascoltando: se si spengono le luci, il compito di lettura diventerà certamente
più difficile, tuttavia questo non comprometterà la prestazione nel compito di ascolto.
Quando, invece, vi è una limitazione di dati, il problema che si presenta è quello di una
compito o di un’inadeguata
scarsa qualità di stimoli provenienti dal informazione in
memoria, che comprometterà la prestazione in uno dei due compiti o in entrambi i
compiti.
1.5 ELABORAZIONE AUTOMATICA
Uno dei fenomeni chiave del paradigma dei compiti doppi è il miglioramento
L’opinione più comune è che alcune
delle prestazioni che spesso si ha con la pratica.
attività di elaborazione cessino di porre richieste sulla capacità centrale o attenzione,
come risultato di una pratica prolungata, e diventino automatiche.
I criteri fondamentali per la definizione del concetto di automaticità sono:
i processi automatici sono veloci;
i processi automatici non riducono la capacità di eseguire altri compiti, cioè non
richiedono attenzione;
i processi automatici non sono coscienti;
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i processi automatici sono inevitabili, cioè si verificano se