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T.
Contemporaneamente alla definizione dei tratti di personalità Cattell cercò un
quadro di riferimento teorico entro il quale ordinare i dati forniti dall’esperienza
(Caprara et al., 1994).
In tale prospettiva per spiegare gli aspetti dinamici della personalità si è fatto uso
dei concetti di “erg”, di “metaerg”, di “reticolo dinamico”, di “sussidiarietà”, di
“sé”, di “sentimento di sé” e di “incrocio dinamico”:
- Con erg si intende un tratto originario e dinamico, con proprietà affettive,
cognitive e conative, una disposizione psicofisica innata che consente al
suo possessore di acquistare la capacità di reagire a certe categorie di
oggetto.
- Con metaerg si indicano tratti originari dinamici come i sentimenti, gli
l’azione di
atteggiamenti, gli interessi nei quali risulta evidente
modellamento esercitata dall’ambiente.
- Con le nozioni di sussidiarietà e di reticolo dinamico si spiega la
sostanziale multideterminazione del comportamento.
- Con incroci dinamici si fa riferimento alle vicissitudini delle proprie
tendenze in rapporto alle opportunità offerte dal contesto.
Successivamente Cattell ha approfondito anche gli aspetti motivazionali e
dinamici della personalità tramite il Motivation Analysis Test (MAT).
Caprara e Gennaro affermano che l’ambizione di Cattell, in definitiva, è di fornire
un modello strutturale ed un modello dinamico della personalità, in grado di
rendere ragione sia degli aspetti descrittivi che degli aspetti motivazionali che
presiedono il comportamento umano.
3. L’approccio di Hans Eysenck
Hans Eysenck è lo studioso fattorialista che ha maggiormente influito sulla
moderna ricerca della personalità (1947; 1952; 1967; 1970; 1979; 1982; 1990;
1992). La sua teoria si propone come un sistema che tende ad una spiegazione
esaustiva della personalità globale che mira alla formulazione delle leggi generali
che regolano lo sviluppo e il comportamento e che ambisce ad ancorare la
descrizione e la previsione della condotta all’indagine sui processi e sui
meccanismi biologici che lo sostengono e la determinano ( Caprara et al., 1994).
L'approccio fattoriale proposto da Hans Eysenck, identifica le dimensioni
caratterizzanti le differenze individuali attraverso analisi statistiche di tipo
fattoriale.
Eysenck inizialmente individua due superfattori: “estroversione/introversione” e
“nevroticismo” a questi ne aggiunge un terzo lo “psicoticismo”.
FIG. 1 Rappresentazione delle principali dimensioni della personalità ottenute da Eysenck mediante il metodo
dell’analisi fattoriale.
Eysenck distingue le reazioni, i tratti e i tipi in base alla loro specificità. Partendo
dalle reazioni come elemento più specifico, passando per un livello intermedio dei
tratti fino ad arrivare al livello più generale rappresentato dai tipi.
Eysenck & Eysenck (1976) utilizzarono un modello per lo studio delle differenze
individuali che rappresentò un momento cruciale per la ricerca della disciplina;
l’intendo era quello di passare in esame le differenze individuali relativamente ai
tre superfattori tramite un questionario che nell’ultima revisione comprende 100
item distribuiti tra le scale E (estroversione), N (nevroticismo), P (psicoticismo)
l’affidabilità
ed una scala di controllo L (lie) volta ad accertare la veridicità e delle
risposte date. Con la revisione aggiornata lo studio della personalità viene a
coincidere con lo studio del temperamento da un lato e con lo studio
dell’intelligenza dall’altro. Il temperamento viene esaminato in relazione alle
e alle combinazioni dei tre superfattori; l’intelligenza viene
espressioni
sostanzialmente intesa come intelligenza generale.
diversi studi hanno avanzato l’ipotesi che il grado di estroversione
In particolare,
o introversione dipendesse dalla misura dell’eccitabilità corticale (arousability)
risultante dall’attività del sistema di attivazione reticolare ascendente. Secondo
tale teoria gli introversi tendono ad evitare la stimolazione esterna per evitare un
eccesso di stimolazione; gli estroversi invece sono più inclini alla ricerca di nuove
o più intense stimolazioni esterne per preservare un livello di stimolazione per
loro ottimale (Caprara et al. 1994).
Il nevroticismo o stabilità/instabilità emotiva è stato posto in relazione con
l’eccitazione autonomica e perciò con l’attivazione di quella porzione del sistema
nervoso che comprende l’ippocampo, l’amigdala, il setto, il cingolo e l’ipotalamo
che regola la vita emotiva. Lo psicoticismo è l’ultima delle dimensioni individuate
da Eysenck ed è quella che presenta più problemi sia per la definizione dei tratti e
reazioni che ad essa sono suscettibili di essere ricondotti sia per i suoi
collegamenti a fattori biologici (Caprara et al. 1994).
Zuckerman (1989) distinguendo i tre costrutti, riporta alcune differenze: mentre
l’estroversione e il nevroticismo trovano nella letteratura numerose conferme
empiriche sia per quanto riguarda la loro stabilità che la loro generalizzabilità; lo
psicoticismo come accennato prima rimane un costrutto a cui si legano dei
problemi, in esso infatti ritroviamo elementi di impulsività, asocialità, aggressività
e nelle forme estreme reazioni associate a criminalità, schizofrenia paranoidea e
psicosi maniaco-depressiva.
Sia sul piano euristico che sul piano pratico vi sono molti limiti che permettono la
piena elaborazione della dimensione di psicoticismo. L’abbondanza dei dati
empirici deve far spesso riscontro alla nascita di nuove ipotesi e teorie.
Nonostante alcune controversie il lavoro di Eysenck rimane quello di più grande
importanza a cui la maggior parte degli studi successivi attinge.
4. Il modello dei “Big Five”
Possiamo subito mettere in evidenza che il modello dei Big Five rappresenta il
punto di incontro tra la tradizione psicolessicale e la tradizione fattorialistica.
Infatti tra la concezione molto ampia come è quella di Eysenck e quella più
specifica di Cattell, il modello dei cinque fattori rappresenta una soluzione
intermedia che non mira però a sostituirsi ad altre soluzioni che intendono fornire
descrizioni più articolate e specifiche di particolari aspetti della personalità
(Caprara et al. 1994).
I risultati dell’analisi fattoriale dei dati lessicali e dei questionari hanno suggerito
che le differenze individuali possono essere organizzate secondo una struttura a
cinque fattori. Lo studio italiano di Caprara e Perugini (1994a) ha portato
l’emergere di questi fattori, che verranno analizzati in dettaglio in seguito,
chiamati rispettivamente:
- Energia
- Amicalità
- Coscienziosità
- Stabilità emotiva
- Apertura mentale
4.1 Alcuni cenni storici
Originariamente è stato Galton nel 1884 a proporre l’utilizzo del linguaggio
naturale a cui attingere alla ricerca di tratti di personalità. In seguito anche altri
autori si sono rivolti all’esame del linguaggio per pervenire alle radici della
descrizione della personalità umana. Ma il contributo principale è stato tuttavia
quello di Allport & Odbert (1936) dove definiscono che i nomi dei tratti siano
“dei simboli concepiti socialmente per la nomina e la valutazione delle qualità
umane” (ibidem, p. 20). Questo studio fa da base al modello della struttura della
personalità di Cattell secondo l’ipotesi della sedimentazione linguistica.
Vi si sono susseguiti vari studi del modello a cinque fattori ma bisogna attendere
gli anni ’80 per registrare una ripresa ed un effettivo sviluppo della ricerca sui Big
Five, sia sul versante degli studi di personalità, sia sul versante degli studi sulla
struttura della personalità. (Caprara et al. 1994). Gli artefici principali di tale
ripresa sono stati Goldberg (1981; 1982) per quanto riguarda l’approccio
psicolessicale; e McCrae e Costa (1985; 1987) per l’approccio strutturale.
Goldberg ha dimostrato la stabilità dei Big Five a dispetto di una serie di
variabilità è potenzialmente in grado di influenzarne la struttura; inoltre insieme a
Peabody (1984; 1987) hanno compiuto un grande lavoro tassonomico
relativamente ai termini naturali del linguaggio, un insieme di circa 100 aggettivi
che possono essere considerati i marker dei Big Five validi per la lingua anglo-
americana.
McCrae e Costa invece hanno appositamente creato un questionario per la misura
dei cinque fattori (NEO-PI) e ne hanno esaminato le relazioni con i principali
questionari di personalità, ed in tutti i casi è stato possibile ricondurre i vari
sistemi all’interno del modello prefigurato dai Big Five e ciò ha avuto
un’importanza notevole nell’allargare attorno ad esso il consenso degli studiosi.
Inoltre i due studiosi hanno confermato la sostanziale stabilità dei cinque fattori
nel tempo.
4.2 Il contributo italiano e il BFQ
anni del ‘90 Caprara e colleghi hanno costruito un nuovo questionario
Nei primi –BFQ-
per la misura dei cinque fattori: il Big Five Questionnaire (Caprara,
Barbaranelli, Borgogni & Perugini, 1993; Caprara, Barbaranelli & Borgogni,
1993). Con esso in particolare si è inteso offrire una soluzione più parsimoniosa
nel numero delle sottodimensioni in cui si articolano i cinque grandi fattori e nello
stesso tempo più attenta ad incorporare i contributi delle principali classificazioni
della personalità aderenti al modello dei Big Five (Caprara et al. 1994, p. 329).
Il BFQ viene usato in diversi ambiti: da quello organizzativo a quello clinico ed
educativo. Misurando i cinque tratti di personalità è possibile individuare quelli
più portanti e sfruttarli al meglio, come ad esempio nel campo educativo la misura
della coscienziosità ci permette di organizzare piani di intervento diretti a
sviluppare e sfruttare tali fattori ai fini del successo scolastico.
Il BFQ fornisce una misura molto articolata dei Big Five, è composto da 132 item
a cui si risponde utilizzando una scala Likert a 5 punti: si passa dal 1=
“assolutamente vero per me”; al 5= “assolutamente falso per me”.
“Lie”
Il test inoltre prevede una scala L: il cui scopo è quello di fornire una misura
di sé falsamente “positivo” o
della tendenza del soggetto a dare un profilo
“negativo”.
Il test è stato standardizzato su un campione di circa 9000 soggetti in una
s