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MIGRAZIONE DEI LEUCOCITI ATTRAVERSO I VASI SANGUIGNI

come rotolamento. Il flusso chiaramente è basso e questo legarsi e distaccarsi porta i

leucociti a diminuire sempre più la loro velocità sino a che non aderiscono completamente

alla parete dei vasi. Il processo di adesione è mediato da molecole di adesione

complementari presenti sui vasi e sui leucociti la cui espressione è stimolata da proteine

secretorie dette citochine. Le citochine sono secrete dalle cellule presenti nella zona

dell’infiammazione ovvero dove il corpo estraneo ha generato lesioni. Le interazioni iniziali

responsabili del rotolamento sono mediate dalle selectine ed in particolare da 3 tipi: L-

(espresse dall’endotelio); P-

selectine (espresse dalla membrana dei leucociti); E-selectine

selectine (espresse dalle piastrine e dall’endotelio). L’espressione di tutte queste selectine

e dei corrispettivi ligandi è mediata dalle citochine prodotte nella sede del danno da

macrofagi, mastociti e cellule endoteliali. Il fattore di necrosi tumorale (TNF), la

interleuchina-1 (IL-1) e le chemochine (citochine chemotattiche) sono tra le citochine più

ore dall’inizio dell’infiammazione vengono espresse le E-selectine

importanti. Entro 1-2 e i

10

entrambe presenti nell’endotelio. Le P-selectine

ligandi delle L-selectine, invece vengono

espresse solo in seguito a mediatori quali istamina, trombina, fattore di attivazione delle

piastrine assieme ai ligandi delle E-selectine e le L-selectine. A questo punto sono presenti

tutti i ligandi e le corrispondenti proteine complementari che portano i leucociti ad aderire a

livello endoteliale. In realtà però i legami che si formano sono inizialmente deboli tanto che

i leucociti si legano e si distaccano dall’endotelio (rotolamento). I legami ad alta affinità si

generano solo quando si ha l’attivazione delle integrine (proteine eterodimeriche) presenti

inducono l’espressione dei ligandi per le

sulla superficie del leucocita. Il TNF e la IL-1

integrine e si formano così i legami ad alta affinità che portano i leucociti ad aderire

saldamente all’endotelio vasale. A questo punto i leucociti devono riuscire a migrare dal

lume vascolare verso il tessuto interstiziale e lo fanno attraverso un processo noto come

diapedesi o transmigrazione. Questo processo si verifica prevalentemente nelle venule

all’endotelio stimolando la loro

postcapillari. Le chemochine agiscono sui leucociti aderenti

migrazione secondo gradiente di concentrazione. Le molecole di adesione in grado di

stimolare questo processo sono diverse e tra queste si ritrovano le PECAM-1, dette anche

Dopo aver attraversato l’endotelio i

CD-31. leucociti perforano la membrana basale grazie

alla secrezione di collagenasi che degradano il collagene. Una volta raggiunto il tessuto

extravascolare i leucociti aderiscono alla matrice legandosi tramite la CD-44 alle proteine

della matrice. I globuli bianchi a questo punto iniziano a migrare verso il tessuto danneggiato

e lo fanno tramite dei movimenti particolari che gli permettono di “strisciare” sino alla lesione.

Diverse proteine chemotattiche, tra cui chemochine e componenti del sistema del

complemento, portano alla stimolazione di alcuni recettori accoppiati a proteine G presenti

nella membrana del leucocita che permettono di innescare segnali tali da attivare secondi

messaggeri che portano all’aumento di calcio intracellulare e all’attivazione di diverse

chinasi. Questi segnali inducono la polimerizzazione dell’actina, dando luogo ad un aumento

della quantità di actina polimerizzata sul margine avanzante della cellula e al

11

posizionamento dei filamenti di miosina posteriormente. Il leucocita si muove quindi facendo

avanzare la parte anteriore e trascinandosi dietro la parte posteriore. Arrivati in prossimità

della lesione i leucociti subiscono attivazione leucocitaria e conseguente fagocitosi, cioè

portano al riconoscimento, all’adesione, all’ingestione e alla degradazione dell’ospite. Nella

membrana leucocitaria sono presenti diversi recettori in grado di legare e riconoscere parti

specifiche dell’ospite (lipopolisaccaridi, sequenze zuccherine specifiche, proteine, citochine)

in modo da potersi legare ad esso. La membrana leucocitaria, avvenuti questi legami, si

invagina portando con se il microbo sino a quando non forma un vacuolo noto come

fagosoma. Il fagosoma a questo punto si fonde con un granulo lisosomiale generando un

fagolisosoma. Questa struttura non è altro che una vescicola contenente tutti gli enzimi

lisosomiali e l’ospite. Questo fa l’agente lesivo

si che gli enzimi inizino ad agire degradando

(Figura 3).

F 3

IGURA

F F

ORMAZIONE DEL AGOSOMA E FAGOCITOSI 12

dell’ospite è dovuta principalmente alla produzione di specie reattive dell’ossigeno

La morte

(ROS) e alla presenza di specie reattive dell’azoto. La formazione di specie reattive

dell’ossigeno è dovuta al rapido processo di attivazione di un’ossidasi che porta

del NADPH a NADP riducendo l’ossigeno (O

+

all’ossidazione ) ad anione superossido (O ).

2 2

L’anione superossido è poi successivamente convertito in perossido di idrogeno (H O ). Di

2 2

per se il perossido di idrogeno non è in grado di debellare in maniera efficace gli agenti lesivi

ma all’interno del fagolisosoma è presente un enzima chiamato mielinoperossidasi che, in

-

presenza di un alogenuro come Cl porta alla formazione di ipoclorito, agente antibiotico che

distrugge i microbi per alogenazione.

sino ad ora descritti sono eventi tipici dell’infiammazione che avvengono

Tutti i processi

grazie alla presenza di mediatori chimici che possono essere distinti in due grandi famiglie:

mediatori chimici di derivazione cellulare e mediatori chimici derivati dalle proteine

plasmatiche. vi sono i metaboliti dell’acido arachidonico,

Tra i mediatori chimici di derivazione cellulare

estremamente importanti per i processi infiammatori. Quando le cellule vengono attivate da

stimoli infiammatori l’acido arachidonico viene convertito in leucotrieni e prostaglandine.

Questi mediatori funzionano da segnali intracellulari o extracellulari e sono in grado di

mediare l’infiammazione e l’emostasi. In modo particolare l’acido arachidonico può

diventare substrato di due enzimi: le ciclossigenasi e le 5-lipossigenasi. Le ciclossigenasi

come la COX-1 e la COX-2 sono i principali enzimi che riescono a produrre prostaglandine

e sono anche il principale bersaglio degli antinfiammatori. Questi enzimi agiscono

principalmente su mastociti, macrofagi cellule endoteliali che, attivandosi, producono

appunto prostaglandine. Le 5-lipossigenasi invece agiscono prevalentemente nei neutrofili

e sono gli enzimi deputati alla produzione dei leucotrieni (Figura 4).

13

F 4

IGURA

M : '

EDIATORI CHIMICI DI DERIVAZIONE CELLULARE METABOLITI DELL ACIDO ARACHIDONICO

Tra i mediatori derivati dalle proteine plasmatiche, invece, i più importanti sono quelli del

sistema del complemento. Il sistema del complemento consiste di oltre 20 proteine tra cui

ritrovano le proteine da C1 a C9. Durante l’attivazione del sistema del complemento

si le

delle proteine in seguito all’azione

proteine vengono clivate (processi di frammentazione

delle caspasi), e questo processo porta ad aumento di permeabilità vascolare, chemiotassi

e opsonizzazione (azione propria delle opsonine che consiste nel rendere possibile la

fagocitosi che si manifesta quando le opsonine sono stare adsorbite dagli agenti lesivi poi

fagocitati). In modo particolare il clivaggio più importante è quello che riguarda la proteina

C3 e questo può avvenire in tre diversi modi. Può seguire una via classica ed in questo caso

il clivaggio è dovuto all’interazione della proteina C1 con anticorpi; può avvenire seguendo

una via alternativa ed in questo caso il clivaggio è stimolato da molecole di superficie del

microbo o da tossine introdotte nell’organismo come per esempio veleni o altre sostanze in

assenza di anticorpi; la terza via prende invece il nome di via della lectina in quanto la lectina

14

plasmatica legante mannosio riesce a legarsi a sua volta con i carboidrati presenti nella

membrana del microbo e ad attivare direttamente la C1. Indipendentemente dalla via

utilizzata il risultato è il clivaggio della C3 in C3a e C3b. C3a viene rilasciata mentre C3b

legata al microbo o alla molecola che ha scatenato l’attivazione di questo sistema.

rimane

A questo punto altre molecole di C3b si legano ai frammenti generati in precedenza

attivando la C5 convertasi, un enzima che scinde la C5 in C5a e C5b. La C5b si fissa alla

superficie della cellula che si lega ai componenti tardivi C6, C7, C8 e C9 portando infine alla

formazione di complessi di attacco alla membrana formati da più molecole di C9. Tra tutti i

componenti C3a e C5a sono comunque i più importanti poiché sono i frammenti delle

proteine iniziali che si distaccano dall’agente lesivo e possono interagire con le cellule del

nostro organismo, rappresentando i più importanti mediatori chimici del nostro organismo

(Figura 5).

F 5

IGURA

S ISTEMA DEL COMPLEMENTO 15

Tutte le reazioni acute, sviluppatesi come precedentemente descritto, dovrebbero portare

ad una risoluzione completa del danno. Dovrebbero cioè eliminare l’agente lesivo in modo

completo e in un breve tempo. In realtà non sempre questo succede. Quando

l’infiammazione acuta non riesce ad eliminare completamente l’agente lesivo si inizia a

scatenare quella che viene chiamata infiammazione cronica (Figura 6) (Kumar et al., 2012)

F 6

IGURA

C '

ONSEGUENZE DELL INFIAMMAZIONE

2.1.2 Infiammazione cronica

L’infiammazione cronica è un infiammazione protratta in cui coesistono infiammazione,

danno tissutale e tentativi di riparazione. Questo tipo di processo generalmente è causato

da infiammazioni persistenti ma può essere causato anche da malattie infiammatorie

immuno-mediate come malattie autoimmuni o allergie o ancora può essere dovuta ad una

prolungata esposizione ad agenti tossici sia esogeni che endogeni. Il principale protagonista

dell’infiammazione cronica è il macrofago. I macrofagi sono una componente del sistema

16

dei fagociti mononucleati originanti nel midollo osseo e poi distribuiti nell’organismo e

principalmente nel tessuto connettivo o localizzati in aree quali fegato, milza, polmoni,

linfonodi nonché nel sistema nervoso centrale. I macrofagi possono essere attivati da vari

stimoli compresi i prodotti microbici che si legano ai TLR e altri recettori, dalle citochine

secrete dai linfociti T sensibiliz

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
47 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/14 Farmacologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher l.meloni11 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Laboratorio tesi di laurea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Acquas Elio.