La teoria dell’attaccamento, introdotta da John Bowlby e successivamente approfondita da Mary
Ainsworth, rappresenta uno dei contributi fondamentali alla comprensione dello sviluppo affettivo
dell’essere umano. Come afferma Grazzani (2014), “l’attaccamento rappresenta il primo modello
relazionale su cui si costruiscono le successive competenze socio-emotive”.
Il bambino, attraverso la relazione con la figura di riferimento, impara a riconoscere, regolare e
comunicare le proprie emozioni, sviluppando fiducia nell’altro e senso di sicurezza. Cavioni e
Grazzani (2023) sottolineano che “il bambino impara a conoscere le proprie emozioni e quelle degli
altri all’interno di relazioni significative che offrono sicurezza e contenimento”.
Storicamente, è stato Boris Levinson (1969) il primo a riconoscere il valore terapeutico di tale
legame. Nella sua opera pionieristica – oggi ripresa e aggiornata da Levinson, Mallon e Cavedon
(2019) – lo psicologo americano descrive il ruolo dell’animale, in particolare del cane, come
mediatore affettivo nei processi di psicoterapia infantile. L’animale, secondo Levinson, funge da
“ponte comunicativo” tra il bambino e il terapeuta, favorendo l’espressione emotiva e la fiducia, e
riattivando dinamiche relazionali di attaccamento positive.
L’animale, dunque, diventa una figura di transizione, capace di facilitare la regolazione emotiva e
l’apertura relazionale, soprattutto nei bambini che hanno vissuto esperienze di deprivazione o
difficoltà affettive.
Studi successivi hanno confermato come il contatto con gli animali possa influire positivamente
sulla regolazione delle emozioni, riducendo ansia, stress e isolamento (Cirulli & Borgi, 2018).
Questi effetti non dipendono solo da fattori fisiologici – come l’aumento dell’ossitocina e la
riduzione del cortisolo – ma anche dalla qualità del legame affettivo instaurato con l’animale.
Il pet diventa, in questo senso, una figura significativa all’interno della rete relazionale
dell’individuo, un punto di riferimento stabile che contribuisce alla costruzione dell’identità e del
senso di sicurezza personale (Grazzani, 2014).
L’animale, infatti, funge da specchio empatico, in grado di percepire e modulare lo stato emotivo
dell’essere umano: “il cane, in particolare, sembra essere capace di rispecchiare lo stato emotivo
dell’essere umano, adattando il proprio comportamento a quello dell’altro” (Mugnai & Julius,
2014).
La relazione uomo-animale è bidirezionale: anche gli animali sviluppano forme di attaccamento
verso le persone con cui instaurano un legame stabile. Mugnai e Julius (2014) sottolineano che la
reciprocità è un elemento chiave della relazione interspecifica, in cui entrambi i soggetti coinvolti
traggono benessere e stabilità emotiva.
In questo senso, gli Interventi Assistiti con gli Animali si fondano sull’idea che la cura non sia
unidirezionale ma relazionale: “gli interventi assistiti con gli animali valorizzano la dimensione
relazionale e affettiva della cura, riconoscendo all’animale un ruolo attivo e consapevole”
(Ministero della Salute, 2015).
L’attaccamento nella relazione uomo-animale rappresenta una dimensione fondamentale per
comprendere la valenza educativa e terapeutica della pet therapy.
Attraverso il legame affettivo, l’animale diventa un facilitatore relazionale, un co-terapeuta naturale
che contribuisce alla crescita emotiva, alla regolazione affettiva e alla costruzione di una base
sicura.
Come sottolineano Levinson, Mugnai e Julius, la forza degli Interventi Assistiti con gli Animali
risiede proprio nella capacità dell’animale di entrare in risonanza emotiva con l’essere umano,
offrendo una forma di attaccamento complementare ma profondamente significativa, in grado di
promuovere il benessere e la connessione empatica.
La pet therapy rappresenta molto più di un semplice intervento assistito: è un’esperienza relazionale
profonda che unisce uomo e animale in un percorso di crescita reciproca. Attraverso la presenza
dell’animale, la persona può riscoprire il valore dell’ascolto, della fiducia e dell’affettività autentica.
La relazione che si crea diventa uno spazio di benessere emotivo, di comunicazione sincera e di
riconoscimento reciproco.
1.2.2 Benefici cognitivi della pet therapy nella primissima infanzia
Durante la primissima infanzia, l’apprendimento si fonda principalmente sull’esperienza diretta e
sulla relazione. Il bambino conosce il mondo attraverso il corpo, i sensi e le emozioni, prima ancora
che attraverso il linguaggio e la riflessione logica. In questo contesto, gli IAA si configurano come
un’esperienza educativa e relazionale capace di stimolare i processi cognitivi in modo naturale,
attraverso il contatto, l’osservazione e l’interazione con l’animale.
Come affermano Cirulli e Borgi (2018), “la presenza di un animale riesce a catturare e mantenere
l’attenzione del bambino in modo spontaneo, promuovendo una concentrazione che non nasce
dall’obbligo ma dall’interesse”.
L’animale suscita curiosità e invita alla scoperta, rendendo l’attività educativa un momento di
coinvolgimento autentico. Questa naturale predisposizione alla curiosità è un potente motore
cognitivo, perché, come sottolineano gli autori, “l’interazione con l’animale diventa una forma di
apprendimento esperienziale, in cui la motivazione intrinseca sostiene lo sviluppo delle capacità
attentive e di osservazione” (Cirulli & Borgi, 2018).
“L’animale apre un canale comunicativo diretto, dove la parola non è l’unico mezzo per
comprendere e farsi comprendere” (Levinson,2019). Il bambino, parlando con l’animale o
descrivendo le proprie azioni, impara a verbalizzare emozioni e intenzioni, arricchendo
progressivamente il proprio vocabolario. Tale dinamica permette di rafforzare la comunicazione
verbale ma anche quella non verbale, perché l’animale risponde a gesti, toni e movimenti del corpo.
L’interazione con l’animale stimola anche la memoria e la capacità di organizzazione mentale. Le
routine della pet therapy — come i momenti di saluto, di gioco o di cura — creano sequenze
prevedibili che aiutano il bambino a orientarsi nel tempo e a costruire rappresentazioni mentali
stabili. Harris (2023) sottolinea come con la ripetizione di esperienze significative il bambino
sviluppa la mente costruendo schemi cognitivi di riferimento per comprendere il mondo. L’animale,
partecipando a queste routine, diventa una presenza che connette le esperienze quotidiane e rafforza
il senso di continuità, favorendo la memoria di lavoro e la capacità di anticipare eventi.
Il bambino che interagisce con l’animale “impara ad adattare il proprio comportamento a quello
dell’altro, sperimentando strategie di cooperazione e di regolazione cognitiva” (Cirulli & Borgi,
2013), infatti la relazione con l’animale favorisce lo sviluppo della capacità di problem solving.
Come sappiamo ogni interazione richiede di osservare, rispondere e comprendere: questo esercizio
continuo, potenzia le funzioni esecutive, quindi la capacità di pianificare, decidere e modulare le
proprie azioni in base al contesto.
Nella psicologia dello sviluppo tutte queste esperienze assumono un ruolo fondamentale. Grazzani
(2014) afferma che “lo sviluppo cognitivo e quello emotivo sono due dimensioni intrecciate del
medesimo processo di crescita: non esiste apprendimento senza emozione”. partendo da questo, la
pet therapy agisce su questa interconnessione, poiché l’emozione positiva derivante dalla relazione
con l’animale potenzia i processi cognitivi, rendendo l’apprendimento più significativo e duraturo.
La pet therapy nella primissima infanzia contribuisce allo sviluppo cognitivo in modo naturale e
integrato: favorisce l’attenzione, stimola il linguaggio, rafforza la memoria e promuove la
comprensione logica attraverso l’esperienza diretta. Ma soprattutto, trasforma l’apprendimento in
un’esperienza emotiva e relazionale, in cui il bambino impara perché si sente accolto, coinvolto e
motivato. L’animale diventa così un mediatore di conoscenza, capace di unire emozione e pensiero,
gioco e apprendimento, affetto e cognizione.
L’interazione con l’animale, infatti, non solo sostiene lo sviluppo delle funzioni cognitive, ma
favorisce la costruzione di legami significativi, contribuendo alla formazione del sé e alla
regolazione delle emozioni.
1.2.3. Benefici emotivi-affettivi della pet therapy nella primissima infanzia
La dimensione emotivo–affettiva costituisce la base su cui si costruiscono i futuri processi cognitivi,
relazionali e sociali del bambino. Le esperienze precoci di accudimento, sicurezza e fiducia
plasmano la capacità di entrare in relazione con l’altro e di regolare le proprie emozioni. In questo
quadro, la relazione con l’animale nell’ambito degli IAA rappresenta una straordinaria opportunità
per promuovere il benessere affettivo e lo sviluppo emotivo armonico del bambino. Dunque,
accanto alle competenze cognitive, la pet therapy rappresenta un prezioso strumento per
promuovere il benessere emotivo e relazionale dei bambini nella primissima infanzia.
Come osservano Mugnai e Julius (2014), “l’animale diventa un partner relazionale autentico, in
grado di rispondere ai bisogni affettivi dell’individuo senza giudizio e con costanza, offrendo una
forma di accettazione incondizionata”. Questa accoglienza empatica, priva di aspettative e
valutazioni, costituisce per il bambino una fonte di rassicurazione e di fiducia, fondamentale nei
primi anni di vita. L’animale fornisce un contatto caldo e stabile, capace di sostenere il senso di
sicurezza e di favorire la costruzione di un legame affettivo simile a quello sperimentato nelle prime
relazioni di attaccamento.
La pet therapy agisce come una vera e propria esperienza affettiva correttiva, capace di integrare e
arricchire il sistema relazionale del bambino. L’animale, infatti, si pone come un mediatore che
facilita l’espressione delle emozioni e la loro regolazione: accarezzarlo, guardarlo, prendersene cura
o semplicemente condividere lo spazio con lui permette al bambino di riconoscere, modulare e
comunicare i propri stati emotivi.
Cavioni e Grazzani (2023) dicono che, “la comprensione e la regolazione delle emozioni si
apprendono all’interno delle relazioni significative, in un contesto che trasmette sicurezza e
fiducia.” L’interazione con l’animale rappresenta quindi un contesto privilegiato per sperimentare
questa sicurezza: il bambino impara a leggere