Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Caravan, General Motors Family Party
Tuttavia, questa tendenza entrò presto in crisi a causa dei crescenti costi di produzione e dell’eccessiva ingerenza degli sponsor sui contenuti dei programmi.
1.1.3 Il contesto italiano
Se il contesto extra-europeo è stato caratterizzato da un successo eclatante, l’Italia rappresenta la voce fuori dal coro. L’unica forma espressiva a fini pubblicitari era esemplificata da Carosello, programma andato in onda in prima serata alle 20.50, dopo il TG, dal 1957 al 1977. La sua originalità dipendeva dalla particolarità con cui lo storytelling veniva trattato. Secondo le norme Sacis il cortometraggio pubblicitario doveva essere costituito da due parti: una iniziale (della durata di 105 secondi), il “pezzo”, dall’alto contenuto di intrattenimento, composta da sketch comici o performance a cura di volti noti provenienti dal mondo del teatro e del cinema (come Vittorio Gassman o Ugo Tognazzi, per fare...
qualche esempio); e una parte finale, il cosiddetto "codinopubblicitario" (della durata di 30 secondi), dedicata al messaggio pubblicitario vero e proprio. Se confrontati con i 30, o a volte 15 o 7 secondi degli odierni spot, quei filmati apparivano forse prolissi, ma per il contesto socio-culturale in cui erano collocati si trattava di una rivoluzione.
La serie si è conclusa nel settembre 2009 dopo settantadue anni, e detiene ancora il Guinness World Record per lo show più lungo nella storia del broadcasting.
Carosello non era altro che un tentativo di introdurre il pubblico televisivo italiano alla "società dei consumi". Per un ventennio, quindi, "la comunicazione pubblicitaria in Italia viene costruita in modo che intrattenimento e informazione commerciale siano separati nettamente" (Grasso, Scaglioni, 2003, p.54). Unico elemento di congiunzione era dato dalla figura dell'attore, che doveva essere in grado, da una parte, di
intrattenere lospettatore e, dall’altra, di creare un’associazione, un collegamento coerente tra ilcontenuto narrativo e il messaggio pubblicitario.
1.1.4 Una nuova era
Mentre negli Stati Uniti i brand e gli sponsor detenevano un ruolo importante all’internodella programmazione radio-televisiva, l’industria cinematografica era caratterizzata dallasolita e semplice pratica del product placement fino ad un punto di svolta: gli anniOttanta. Diversi studiosi sono d’accordo nell’affermare che l’utilizzo delle caramelleReese's Pieces nel film E.T. l’extra-terrestre (di Steven Spielberg, 1982) ha spianato lastrada ad un uso più ampio e a una maggiore diffusione del fenomeno del productplacement (Tuomi, 2006). La stessa brand awareness e le vendite dell’azienda dicaramelle Hershey subirono un incremento pari al 65% (Winsky J.M., 1982, citato inRussell, 2007). Ma Reese’s Pieces non era l’unico marchio ad apparire nel
film: vediamoE.T. accettare una lattina di Coca Cola, bere birra Coors, costruire un comunicatorespaziale usando Reynolds Wrap, mentre Skippy, Pizza Hut, Raid e Fresca fanno tutti dacameo (Newell, Salmon, Chang, 2006).
Da allora, il product placement al cinema e in televisione è diventato un elementofondante all'interno del consumer marketing e ha visto una crescita considerevole negliultimi decenni (Kaikati e Kaikati 2004, citato in Hudson e Hudson, 2006). Il tripliceimperativo di "insegnare, informare e intrattenere", sancito con la nascita della BritishBroadcasting Company nel 1922, poteva dirsi prettamente orientato verso l'ultimotermine: il mezzo televisivo è diventato un grande contenitore di discorsi e prodottisempre più strutturati a partire dalle esigenze di marketing.
Elena Grinta, membro della Branded Content Marketing Association, si interroga su unaquestione importante: 11L'Advertiser Funded Programming (o AFP), cioè
I programmi TV prodotti o co-prodotti dagli inserzionisti pubblicitari, in USA e Carosello in Italia fondarono le basi della comunicazione commerciale in televisione fino agli anni Settanta. E allora perché scomparvero? E perché ora ritornano? L'AFP non è mai piaciuto ai direttori di rete. Il timore che la presenza dell'investitore potesse ledere all'immagine della rete compromettendo il rapporto di fiducia con i telespettatori ha di fatto per lungo tempo rinchiuso lo spazio d'azione dei brand all'interno dell'intervallo pubblicitario. D'altro canto l'investimento in produzioni in cui il brand non poteva essere citato rendeva poco profittevole l'allocazione del budget di comunicazione da parte dei direttori marketing, che non erano in grado di giustificare le proprie strategie con il calcolo del ROI (Return on Investment).
Tra il 2009 e il 2010 i broadcaster d'Europa hanno riaperto le porte dei palinsesti
alleaziende , facendo resuscitare il branded entertainment. Secondo Elena Grinta sono essenzialmente tre i motivi che hanno portato a questa conclusione:- I media digitali hanno saputo valorizzare le qualità del branded entertainment, adattandole al nuovo contesto sociale, linguistico e fruitivo, quello del Web 2.0, e indirizzandole a una nuova generazione di consumatori: i millenials. La proliferazione degli schermi, la segmentazione dei contenuti ora disponibili anytime, anywhere e with any device, la digitalizzazione della comunicazione (anche di marca) hanno condotto i media tradizionali, e la televisione soprattutto, a trovare soluzioni che riuscissero a coinvolgere lo spettatore.
- In termini di investimenti pubblicitari, la Grande Crisi ha avuto come risultato una contrazione del mercato pubblicitario in tutti i Paesi (circa il 29%) e una conseguente minore disponibilità di spesa nella produzione di programmi dei grandi network. Così, pur di continuare a
La direttiva europea 2007/65/CE introduceva importanti novità nel settore audiovisivo, dando prova di aver recepito i cambiamenti e le trasformazioni di un settore dinamico (Grinta E., 2017, Branded entertainment. La rivoluzione del settore marcom comincia da qui, FrancoAngeli, Milano).https://www.theguardian.com/media/2009/jul/27/television-advertiser-funded-programming; https://rts.org.uk/article/future-ad-funded-shows.
Come quello della comunicazione, consentendo di fatto l'inserimento di prodotti o marche anche nei programmi televisivi. La marca diventava a tutti gli effetti co-produttrice di contenuti per l'audience televisiva.
1.2 Dal product placement al branded entertainment. Una guida alle definizioni
Negli ultimi decenni, l'industria dell'intrattenimento ha allargato i propri confini ed esso è ora
distribuito e consumato attraverso una varietà di media. È Russell (2007) a coniare il termine advertainment nel tentativo di spiegare il processo di convergenza tra due mondi solo apparentemente distinti. Questa espressione può essere classificata in base al grado di integrazione del brand nel contenuto di intrattenimento (vedi Fig. 1). La forma più semplice è il product placement, in cui il marchio viene semplicemente aggiunto a contenuti di intrattenimento esistenti; all'altra estremità c'è il branded entertainment, in cui il marchio guida effettivamente lo sviluppo del contenuto di intrattenimento in modo che esso sia sviluppato attorno al brand; nella parte centrale si trova la product (obrand) integration.
Figura 1 - Tipologie di advertainment
Fonte: Russell (2007)
“Per inserimento di prodotti (product placement) deve invece intendersi ogni forma di comunicazione commerciale audiovisiva che consiste nell'inserire o
nel far riferimento ad un prodotto, a un servizio o a un marchio in modo che sia ben visibile all'interno del programma dietro corrispettivo del pagamento di un prezzo".131.2.1 Il product placement
Durante il corso degli anni sono state diverse le definizioni proposte per identificare accuratamente il fenomeno del product placement. I primi tentativi di legittimazione di questa pratica possono essere fatti risalire ai primi anni Novanta: Balasubramanian (1991) ne ha parlato come "un'operazione di promozione a pagamento tesa a inserire prodotti o marchi in film e programmi televisivi che potessero condizionare le credenze del pubblico e guidare i loro comportamenti". Solo alcuni anni dopo il product placement è stato definito come "l'incorporazione intenzionale di un marchio in un veicolo di intrattenimento" (Belch, Russell, 2005); tale pratica, pertanto, non è circoscritta al mondo televisivo e cinematografico, bensì passa in
rassegna gli show radiofonici, i videomusicali, i videogiochi e addirittura i romanzi. Il vantaggio principale nel ricorrere a questa tecnica da parte delle aziende rispetto allapubblicità tradizionale è evidente, e riguarda la possibilità di evitare lo zapping durante gli spot pubblicitari da parte dello spettatore: la marca non si muove dal contenuto che i consumatori stanno guardando, vi rimane integrata. Uno svantaggio di cui tenere conto, invece, concerne la possibilità di essere associati a un contenuto che susciti nello spettatore emozioni negative o che ritragga la marca in modo non positivo (Segrave, 2004). Inoltre, talvolta non è così semplice gestire, da parte dei brand, le dinamiche di product placement all'interno di un contenuto audiovisivo. Hudson e Hudson (2006) illustrano che: I marketer hanno molto meno controllo sulle azioni di brand (o product) placement rispetto all'advertising tradizionale. I commerciali, abituati adacquistare precisi slot temporali e a riempirli con la pubblicità su cui avevano pieno controllo, ora si ritrovano ad avere a che fare direttamente con il talento creativo di Hollywood. Non è facile mantenere il pieno controllo sui contenuti ad Hollywood; infatti, se la trama prende una direzione sbagliata, o il tema trattato non è in linea con il brand, il placement può rivelarsi una mossa sbagliata e ritorcersi contro il brand stesso (Hudson e Hudson, 2006, p. 449). 1.2.2 La product integration La product integration, invece, si riferisce a un posizionamento più ampio del prodotto in cui questo svolge effettivamente un ruolo nella trama di un episodio (Russell, 2007). Si tratta di un fenomeno sempre più presente sia nei programmi scripted (caratterizzati da una promessa finzionale) sia nei reality. Alcuni di questi, come The Apprentice: Martha Stewart, contenevano fino a 35 minuti e 51 secondi di brand integration all'ora. Questo tipo diL'approccio prevede un coinvolgimento più attivo del braccio.