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EUROSTAT).

Un’altra scala, basata stavolta sulla spesa e molto utilizzata

“è basata su

dall’ISTAT, è la scala di equivalenza Carbonaro, la quale

una semplice funzione doppio logaritmica tra spesa per consumi e

ampiezza della famiglia” (Povertà e benessere, una geografia sulle

diseguaglianze in Italia, 2007, pag.26).

Questa scala è stata ottenuta dalla stima effettuata sui dati

dell’indagine sui consumi delle famiglie degli anni 1981-1983, la

quale chiaramente è influenzata “dalla particolare struttura che la

spesa per i consumi assume negli anni considerati” (Povertà e

benessere, una geografia sulle diseguaglianze in Italia, 2007, pag.26).

I valori assunti da questa scala “rappresentano i coefficienti con

cui la spesa di una famiglia di una certa ampiezza viene divisa al fine

di essere resa equivalente a quella di una famiglia a due componenti

(Povertà e benessere, una geografia sulle diseguaglianze in Italia,

2007, pag.27).

L’indice di rischio di povertà relativa riflette bene la

disuguaglianza dei redditi delle famiglie, in quanto tiene conto del

reddito disponibile in relazione alla mediana, uno dei valori di

riferimento che non è in alcun modo influenzato dai valori estremi.

La ricchezza media pro capite è definita come il rapporto tra il totale

della ricchezza netta e il numero totale di abitanti, o meglio residenti.

viene fornito dalla Banca d’Italia ed, essendo

Quest ultima ci

statisticamente della stessa natura (è data dal rapporto tra ricchezza e

anch’esso non tiene

residenti) del reddito medio disponibile pro capite, 7

conto della concentrazione dei redditi e della presenza di abitanti privi

di reddito. l’indice

Consideriamo ora di vulnerabilità finanziaria, ossia la

percentuale di famiglie in cui il grado di indebitamento è maggiore o

uguale al 30% del valore del reddito disponibile. Si tratta di una

misura della difficoltà a livello finanziario ed economico, calcolata

dalla banca d’Italia della quale, però, non abbiamo i dati a livello

regionale.

Infine vi è l’incidenza di individui che vivono in famiglie senza

di un dato Istat che troviamo nell’indagine sulle

occupati. Si tratta

forze di lavoro ed è la percentuale di persone le cui famiglie non

lavorano o percepiscono una pensione, ovvero i componenti del

nucleo familiare sono al di fuori del mercato del lavoro, con almeno

essi ha un’età tra i 18 ed i 59 anni, escludendo

uno di quindi gli

studenti che vivono per conto proprio.

II. Misurare la povertà

Quando si vuole valutare la povertà di un collettivo bisogna,

innanzi tutto, scegliere tra due grandezze di riferimento: il reddito e la

spesa per i consumi. Se guardiamo gli studi teorici fatti entrambi

vanno bene “ci sono buone ragioni a favore sia del reddito che della

economica”

spesa per i consumi come indicatori di povertà (povertà e

benessere, una geografia sulla disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 26).

Però da un’attenta analisi si deduce che la spesa a livello familiare è

influenzata sia dalle scelte di allocazione delle risorse del nucleo

l’attitudine al

familiare, ad esempio risparmio o gli investimenti fatti,

che dalle preferenze di ciascuno dei suoi componenti.

Determiniamo in questo modo un particolare trend del

comportamento e delle scelte di consumo dei diversi nuclei familiari,

“che in linea generale è caratterizzata da una progressiva diminuzione

della spesa per l’alimentazione” (povertà e benessere, una geografia

sulla disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 36). 8

Inoltre la povertà si suddivide in:

 povertà assoluta;

 povertà relativa.

La prima si definisce come la mancanza di beni e servizi

essenziali per la sopravvenienza (basic needs), “ indipendentemente

dallo standard di vita medio della popolazione di riferimento” (povertà

e benessere, una geografia sulla disuguaglianza in Italia, 2007, pag.

28), mentre la seconda “si basa sull’uso di una linea di povertà nota

(povertà e

come international standard of poverty line (IPSL)”

benessere, una geografia sulla disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 24).

La linea di povertà è la quantità di spesa per consumi al di sotto della

quale la famiglia è considerata in stato di povertà; inoltre quest ultima

“viene definita per una famiglia di due componenti”.

In particolare, “poiché le ricerche sulla povertà utilizzano la

famiglia come unità di analisi in quanto è al suo interno che vengono

messe in comune le risorse e prese le decisioni riguardo alla loro

destinazione, si definisce povera una famiglia di due componenti con

una spesa per consumi inferiore o pari alla spesa per consumi media

pro capite” (povertà e benessere, una geografia sulla disuguaglianza in

Italia, 2007, pag. 24). “viene calcolata sulla distribuzione della

La linea di povertà

spesa per consumi non equivalenti” (povertà e benessere, una

geografia sulla disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 27), ossia i

consumi di una sola persona, “senza tener conto delle caratteristiche e

dell’ampiezza della famiglia di appartenenza” (povertà e benessere,

una geografia sulla disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 27).

Se ricorressimo alla spesa media procapite otterremmo però un

così come la soglia e l’incidenza di povertà”

risultato superiore, (vedi

tabella 1). 9

TABELLA 1.Soglie di povertà per famiglie di un componente e

incidenze di povertà per ripartizione geografica.

Soglia Incidenza di povertà

Nord Centro Sud

ISPL 869,5 5,3 21,3 21,3

Spesa media

equivalente pro capite 1219,82 17,3 20,1 27,3

“alcune

Per stabilire qual è la linea di povertà abbiamo inoltre

questioni salienti di misura:

 l’impiego del reddito o del consumo;

 la scelta della scala di equivalenza;

 la determinazione della soglia usando o meno la scala;

 la scelta tra media, mediana o altri percentili per la soglia di

povertà;

 la modalità di determinazione/ aggiornamento della soglia per

(XXXIX riunione scientifica, Sintesi delle

analisi dinamiche”

relazioni, 14-17 aprile 1998, pag. 151).

Per riassumere le informazioni raccolte “su vari aspetti della

povertà (diffusione, gravità, permanenza) in genere vengono calcolati

e si utilizzano opportuni e specifici indici” (povertà

più indicatori e

benessere, una geografia sulla disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 28),

“rapporto

ossia la proporzione di poveri, dato dal tra il numero di

famiglie (individui) in condizione di povertà e il numero di famiglie

(individui) residenti, ed il divario medio di povertà, il quale valuta

“quanto poveri sono i poveri, cioè di quanto, in termini percentuali la

spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è inferiore alla

linea di povertà” (povertà e benessere, una geografia sulla

disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 28). 10

A queste grandezze si aggiungono due ulteriori soglie di povertà,

che si affiancano all’international standard of poverty line, che

al 120% e all’80% del valore standard. Esse

corrispondono

rappresentano “la quota di famiglie che, sebbene non siano povere,

sono maggiormente esposte al rischio di diventarlo, avendo livelli di

spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà; dall’altro, la

quota di famiglie più povere tra le povere, con livelli di spesa per

consumi molto al di sotto della linea di povertà” (povertà e benessere,

una geografia sulla disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 28).

Si determinano in questo modo quattro gruppi:

1. sicuramente non povere (spesa maggiore del 120% della linea

di povertà);

2. quasi povere;

3. appena povere;

4. sicuramente povere.

Per quanto riguarda la diffusione della povertà relativa in Italia,

“ i profili risultavano sostanzialmente stabili a livello nazionale”

(povertà e benessere, una geografia sulla disuguaglianza in Italia,

pag. 29). Nel corso degli anni però “l’associazione tra povertà e

2007,

caratteristiche socio-democratiche familiari ha assunto connotati

diversi” (povertà e benessere, una geografia sulla disuguaglianza in

Italia, 2007, pag. 29), ed inoltre si è incrementata la distanza tra i tassi

del nord e del sud Italia. Sono soprattutto le famiglie numerose ad

essere in una condizione di povertà relativa: sono infatti più del 25% .

In particolare il fenomeno riguarda le famiglie con almeno 5

componenti di cui tre o più figli minorenni.

Infine c’è una relazione tra le condizioni economiche delle

famiglie e l’occupazione dei membri della famiglia: se tutti lavorano,

l’incidenza della povertà è stimata al 9,3%, mentre essa è circa

quattro volte nel caso in cui almeno due persone siano disoccupate.

La povertà è presente però anche tra le famiglie in cui i componenti

“a basso profilo

hanno un lavoro stabile, poichè queste ultime

professionale, quindi a basso reddito, presentano incidenze di povertà 11

superiori alla media” (povertà e benessere, una geografia sulla

disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 30). Fa la differenza anche il titolo

di studio del capofamiglia: c’è infatti “un divario notevole tra le

famiglie in cui la persona di riferimento possiede la licenza elementare

(povertà

(17,6%) e quelle in cui è laureata (4,5%)” e benessere, una

geografia sulla disuguaglianza in Italia, 2007, pag. 31).

TABELLA 2.Incidenza di povertà relativa per numero di persone in

cerca di occupazione in famiglia e per condizione professionale della

persona di riferimento in famiglie con almeno un componente in cerca

di occupazione. Anno 2005 (valori percentuali)

Tipologia di lavoratore Italia

9,3

Nessuna persona in cerca di occupazione 23,1

1 persona in cerca di occupazione 26,0

2 o più persone in cerca di occupazione 39,8

Almeno una persona in cerca di occupazione 22,3

Dipendente 19,3

Autonomo

Ritirato dal lavoro 26,8

Per quanto riguarda la povertà assoluta, la sua stima è stata

pubblicata dall’ISTAT fino al 2002 in contemporanea con quella della

“una misura della povertà che

povertà relativa. Essa è, per definizione,

si basa sulla valutazione mo

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
32 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-S/03 Statistica economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher p.fracchia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Statistica economica per l'analisi microeconomica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Civardi Marisa.