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3. ABUSO DEL DIRITTO, ELUSIONE E CASI DI DICHIARAZIONE
INFEDELE
3.1 L’abuso del diritto
Con l’espressione “abuso del diritto” si fa solitamente riferimento ad un limite all’esercizio di
un diritto soggettivo. La particolarità è che tale limite non è statuito da una norma giuridica,
bensì è di creazione giurisprudenziale, cioè il giudice, valutando la condotta del singolo, ritiene
che questa sia contraria agli scopi etici e sociali per i quali il diritto stesso è tutelato dalla legge.
La stessa Cassazione riconosce tale nozione nell’ordinamento giuridico italiano 21 .
può essere ricondotta all’inadeguatezza delle disposizioni
La ragione del ricorso a tale figura
normative che potrebbero non rispondere alle esigenze della società. In proposito si è discusso
sul fatto che la legge, con la sua rigidità ed astrattezza, non possa prevedere ogni possibile
modalità di una condotta, e pertanto, non sia lo strumento migliore per regolamentare una
società in continuo mutamento. Ne consegue il rischio di un uso distorto della disposizione
legislativa attributiva di un diritto, facoltà o libertà per perseguire fini in contrasto con lo spirito
e la ratio della norma stessa.
A questo punto è chiaro come il ricorso all’abuso del diritto possa consentire al giudice di
colmare l’inefficienza che caratterizza la disciplina legislativa.
3.1.1 La nuova disciplina in materia di abuso del diritto
La nuova disciplina in materia di abuso del diritto o elusione fiscale è essenzialmente contenuta
nell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 27.7.2000) introdotto
dall’art. 1 del d.lgs. n. 128 del 5.8.2015.
21 Il primo riconoscimento è da riferirsi alla sentenza della Cassazione, 15 novembre 1960, n. 3040, in Foro It.,
1961, I, c. 256, dove si legge che l’abuso ricorre “ogniqualvolta un diritto attribuito dalla legge venga utilizzato
dal suo titolare in modo non conforme alla funzione economico-sociale per la quale lo stesso è protetto
dall’ordinamento”.
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La riforma è entrata in vigore il 1.10.2015.
La nuova disciplina supera la distinzione tra elusione (rappresentata sostanzialmente dall’art.
d.p.r. 600/73, ora abrogato dall’art. 1 d.lgs. 128/2015) e mero abuso di diritto (di
37-bis dall’art.
creazione giurisprudenziale), facendo ricomprendere nel secondo le ipotesi previste
L’art. 10-bis
37-bis, divenendo il tal modo, la disposizione di carattere generale. della legge
212/2000 definisce abuso di diritto tutte quelle operazioni “prive di sostanza economica che,
pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano sostanzialmente vantaggi fiscali indebiti.
Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i
vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di
quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”.
Per chiarire ulteriormente il concetto di abuso di diritto, la norma va a fornire una definizione
dei tre elementi sui quali si fonda tale figura.
luogo viene definito il concetto di “operazioni prive di sostanza economica” nel quale
In primo
si ricomprendono i fatti e i contratti, anche collegati tra loro, inidonei a produrre effetti
vantaggi fiscali, precisando che “
significativi diversi dai sono indici di mancanza economica,
in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento
giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali
logiche di mercato”.
Inoltre, sono “vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto
con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”.
Come già accennato, la nuova disposizione ha carattere generale in quanto l’elemento
della condotta elusiva è il “vantaggio fiscale indebito” conseguito, non tramite
caratterizzante
la violazione di una disposizione normativa specifica, bensì attraverso la tenuta di condotte
contrarie ai principi ed alla ratio della norma fiscale.
Infatti, l’art. definiva un’operazione elusiva quale quella posta in essere in violazione di
37-bis
obblighi e divieti previsti dall’ordinamento tributario e questa formulazione conduceva
all’interprete a dare rilevanza esclusivamente alle operazioni contrarie ad obblighi e divieti
l’interpretazione analogica
previsti da specifiche disposizioni normative, tale da non consentire
per individuare le stesse prescrizioni.
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A questo punto resta da chiarire come si può configurare una condotta elusiva. In passato, parte
della dottrina riteneva che fosse necessario un insieme di comportamenti anomali rispetto al
risultato perseguito, sicché lo strumento negoziale ordinario sarebbe stato fiscalmente più
oneroso. In secondo luogo, tale affermazione determina l’assenza del carattere elusivo nella
condotta nel caso in cui si ponessero in essere atti e negozi tipici. Tuttavia, una tale conclusione
non appare accettabile in quanto non si può ritenere con certezza che condotte anomale
in più, l’aggiramento
connotino illiceità del vantaggio fiscale e, delle disposizioni fiscali può
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avvenire anche attraverso strumenti negoziali normali e tipici . Di conseguenza, sarà
necessario analizzare caso per caso, la fattispecie concreta per giungere fondatamente a
dei principi della norme tributarie per
sostenere che si sia in presenza di un’inosservanza
conseguire un indebito vantaggio fiscale.
Infine, si esclude il carattere abusivo nelle “operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali,
non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondano a finalità di
miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del
contribuente”.
La disposizione in esame contiene ulteriori previsioni normative le quali statuiscono che “resta
ferma la libertà di scelta del contribuente fra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e fra
(comma 4), che “l’abuso del diritto può essere
opinioni comportanti un diverso carico fiscale”
configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione
(comma 2). Infine, come verrà in seguito approfondito, la
di specifiche disposizioni tributarie”
norma sancisce l’irrilevanza penalistica tributaria delle operazioni abusive, mantenendo la
possibilità di punire l’illecito con sanzioni amministrative.
Pertanto, al contribuente è riconosciuto il diritto di condurre i propri affari nella forma più
conveniente possibile dal punto di vista fiscale, adottando l’operazione fiscalmente meno
gravosa, purché la sua scelta sia effettuata tra le opzioni messe a disposizione dal legislatore.
Inoltre, per definire la condotta di abuso di diritto il legislatore ha dapprima usato l’espressione
“uno o più operazioni”, per poi fare riferimento ad operazioni, fatti, atti e contratti anche
collegati fra loro. Detto ciò, sembra che si possa configurare una condotta di abuso di diritto
anche attraverso più atti, fatti o negozi appartenenti ad un unico disegno. Del resto, un
tributaria, abuso dell’autonomia negoziale e natura del risparmio d’imposta,
22 STEVANATO, Elusione in Rass.
Giur. Trib., 2006, p. 614.
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contribuente solitamente è in grado di ottenere un vantaggio fiscale indebito tramite un sistema
complesso di accordi contrattuali e la nuova normativa consente all’Amministrazione
Finanziaria di contestare non solo una singola operazione del contribuente, ma più
comportamenti rientranti in un unico progetto elusivo.
precisare che spetta all’amministrazione finanziaria onere di
Il legislatore ha provveduto a
dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione agli
elementi di cui ai commi 1 e 2. D’altro canto il contribuente dovrà dimostrare la sussistenza di
ragioni extrafiscali.
Si noti come il nuovo concetto di abuso di diritto vada a coincidere sostanzialmente con quello
di elusione fiscale, in precedenza contenuto nell’art. 37-bis del d.p.r. 600/1973. In particolare,
l’abuso di diritto va a generalizzare, pur delineandone meglio i contorni, il contenuto dell’art.
37-bis, che si applicava alle operazioni elencate tassativamente al comma 3 dello stesso articolo.
Non a caso, lo stesso art. 1 d.lgs. n. 128/2015 prevede che ogni disposizione che richiama il
all’art. 10-bis
suddetto articolo abrogato, si riterrà riferita della legge 27 luglio 2000, n. 212, in
quanto compatibili.
La disciplina transitoria è contenuta all’ultimo comma dell’art. 1 del d.lgs. 128/2015 che
prevede che “le disposizioni dell'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, hanno
efficacia a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore del
presente decreto e si applicano anche alle operazioni poste in essere in data anteriore alla loro
efficacia per le quali, alla stessa data, non sia stato notificato il relativo atto impositivo”.
Pertanto, la nuova figura di abuso di diritto viene applicata a partire dal 1.10.2015, ma con un
l’atto
limite: non si applica a quelle operazioni che alla data del 1.10.2015 sia stato notificato
impositivo. Con ciò il legislatore ha voluto salvaguardare l’attività dell’Amministrazione
Finanziaria, che si sia concretizzata nell’adozione del provvedimento finale, ossia l’atto
impositivo. Così sono salvi gli atti impositivi notificati prima della data di entrata in vigore
della riforma e non per limitare la retroattività della riforma sul piano penale.
Anche se si tratta di una modifica alla disciplina extrapenale, tale norma integra il precetto
penale. Si noti che la fattispecie risultante dal collegamento tra norma penale e quella
extrapenale sia modificata e in parte non sussiste più il reato. Ne consegue un’abolitio criminis
parziale.
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Quanto detto permette di affermare l’assenza di profili di illegittimità costituzionale ed in
per la violazione dell’art. 3 Cost., che impone di applicare lo stesso trattamento
particolare,
sanzionatorio per medesimi fatti, indipendentemente dal fatto che la condotta illecita sia stata
commessa prima o dopo l’entrata in vigore della norma che ha disposto l’abolitio criminis o la
modifica più favorevole al reo.
D’altra parte, se si escludesse la retroattività della disposizione penale più favorevole in caso di