Tesi - Il product placement cinematografico dal lifestyle USA al prodotto brand
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istituzionalizzare questa attività [Dalli D., 2003]. In particolare, le agenzie
specializzate in product placement hanno il ruolo intermediario di identificare il
prodotto audiovisivo più adatto per un dato marchio, intervenire nel contesto
narrativo e controllarne il posizionamento. Tra i tre soggetti, vi deve essere,
necessariamente, una stretta collaborazione, senza escludere la possibilità che altri
soggetti possano intervenire o essere coinvolti [Cims G., 2008].
Rapporti tra i principali soggetti coinvolti in un’operazione di placement
Un’operazione di product placement è realizzabile in due modi:
• con un approccio classico
Oppure
• con un approccio alternativo.
Nel primo caso, l’impresa cinematografica si rivolge all’agenzia
specializzata. Si parte con la lettura della sceneggiatura e l’agenzia
individua i prodotti suggeriti, contatta le aziende inserzioniste e procede
con il posizionamento opportuno del prodotto.
Invece, con il secondo approccio, l’azienda inserzionista contatta l’agenzia
specializzata. Si procede con una definizione delle caratteristiche e del
target di riferimento del prodotto; dopodiché, si individua il film, o altro
genere più idoneo, in cui posizionare il bene; infine, si lavora sulla
sceneggiatura, per inserire il marchio nel migliore modo possibile [Cims
G.,2008].
In conclusione, possiamo identificare tre dimensioni per la realizzazione di
un’operazione di placement:
1) Il film: è adatto rispetto all’immagine del prodotto?
2) La scena: è accettabile il contesto nel quale il prodotto verrà inserito?
3) Il personaggio: il personaggio associato alla marca è idoneo al valore di
quest’ultima, relativamente anche alle azioni che egli compie con o
verso il prodotto stesso?
[Gistri G., 2011, p. 12] 6
1.3 TIPOLOGIE
Il product placement cinematografico è sempre esistito, ma non è sempre stato
usato secondo un predeterminato modello. Infatti, esistono diversi tipi di product
placement e, in particolare, possiamo individuarli attraverso quattro criteri:
1. la funzione;
2. le modalità di inserimento;
3. il livello di integrazione;
4. il corrispettivo.
[Dalli D., Gistri G., Borello D., 2008, p.26]
In base alla FUNZIONE del placement, distinguiamo:
• il product placement commerciale;
• il product placement culturale.
Nel primo caso, siamo in presenza di una vera e propria forma pubblicitaria: vi è
un contratto tra l’azienda cinematografica e l’azienda inserzionista – o sponsor. In
questo caso, il product placement è usato come strategia di marketing:
2
l’inserimento deve essere intenzionale, con scopo promozionale [Rangone M.M.,
2009].
Al contrario, nel secondo caso, il product placement non è usato per promuovere
il prodotto-marchio-servizio inserito, ma l’azienda cinematografica ricorre all’uso
di beni di consumo per meglio descrivere un personaggio, un’ambientazione o un
3
episodio. In questo modo, il ‘set cinematografico’ diviene più realistico [Dalli D.,
Gistri G., Borello D., 2008, p.26].
2 L’inserimento intenzionale in assenza di scopo promozionale e l’inserimento casuale – ad
esempio, la ripresa casuale di un cartellone pubblicitario nella scena di un film – non costituiscono
forme di placement.
3 Il product placement culturale si diffonde nell’era del consumismo, quando i beni di consumo
caratterizzavano la vita quotidiana. Ad esempio, la ‘Vespa’, utilizzata in molti film degli anni
Cinquanta, serve proprio a contestualizzare l’opera in un determinato periodo storico – gli anni del
boom economico. 7
In base alle MODALITÀ DI INSERIMENTO, è possibile utilizzare:
• lo screen placement o modalità solo visiva;
• lo script placement o modalità solo uditiva;
• la modalità audiovisiva.
Nel primo caso, il marchio-bene-servizio è posizionato in primo piano (Cfr. Fig.
2), rendendolo ben riconoscibile da parte dello spettatore e bastano poche
inquadrature affinché il ricordo rimanga impresso nella sua mente;
Fig. 2
Inquadratura in primo piano del settimanale
“Chi”.
[Fonte: www.experyentya.it]
oppure, viene inserito come sfondo della scena, ma, in questo caso, occorrerà
aumentare la durata e il numero di inquadrature per ottenere lo stesso effetto di cui
sopra [Dalli D., 2005, pp. 80-81].
La modalità solo uditiva – o verbale – consiste nel far sì che i personaggi citino il
prodotto o parlino delle sue caratteristiche, senza che l’oggetto o servizio sia
mostrato sullo schermo [Nelli R.P., Bensi P., 2007, p. 34]. Il prodotto può essere
oggetto di discussione tra i personaggi oppure, nella scena, può essere inserito uno
spot pubblicitario di una trasmissione radiofonica. Analogamente agli inserimenti
visivi, sono possibili ripetizioni per aumentare il livello di esposizione.
Gli inserimenti puramente verbali sono relativamente rari; spesso, sono associati a
un’inquadratura del prodotto per aumentarne l’efficacia: è la “modalità
audiovisiva” [Dalli D., 2005, p.81].
Nella prassi, la modalità solo visiva risulta essere quella utilizzata più
frequentemente, nonostante il rischio che gli spettatori non prestino attenzione o
non ricordino la presenza della marca nella scena, non essendoci un “rinforzo
uditivo”. La modalità audiovisiva supera questo problema, ma è più costosa e più
difficile da integrare efficientemente [Nelli R.P., Bensi P., 2007, p. 35]. 8
In base al LIVELLO DI INTEGRAZIONE, si parla di product placement
integrato o plot placement quando il prodotto inserito diventa parte della trama o,
4
addirittura, il protagonista .
In particolare, in base al livello di integrazione, possiamo distinguere:
• il product placement di primo livello, basato sulla semplice presenza del
marchio o prodotto all’interno della scena;
• il product placement di secondo livello o product integration o product
tie-in: le caratteristiche del prodotto diventano parte integrante della
5
storia ;
• il product placement di terzo livello o branded entertainment: il prodotto
6
è la ‘star’ del film o, addirittura, il protagonista .
Inoltre, quando si riesce a posizionare un prodotto o marchio nel titolo di
7
un’opera, si parla di naming placement . [Rangone M.M., 2009]
In base al CORRISPETTIVO
Per definizione, il product placement commerciale è caratterizzato da un contratto
tra azienda cinematografica e azienda inserzionista e da un corrispettivo. Infatti,
per il product placement, di norma, è previsto un pagamento – o altro compenso –
negoziato tra i soggetti suddetti.
A seconda delle modalità di pagamento, possiamo distinguere:
• il barter product placement;
• il paid product placement;
• il props – o unpaid – product placement.
Nel primo caso, la produzione cinematografica riceve i prodotti in cambio del loro
inserimento all’interno del film.
4 Esempi: “Herbie”, il pazzo maggiolino di Walt Disney; “Cast Away”, la storia di un moderno
Robinson Crusoe strettamente legata all’azienda per cui lavora: la FedEx.
5 È il caso degli occhiali “Rayban” nei film “Matrix” e “Man in black”.
6 Esempio importante è il film d’animazione “Toy Story” della Pixar, in cui tutti i personaggi sono
giocattoli Playskool o Mattel.
7 Esempi famosi: “Il Diavolo veste Prada”, “Colazione da Tiffany”, “L’Ultimo Crodino”. 9
Nel secondo caso, è previsto il pagamento di un compenso da parte dell’azienda
inserzionista che vuole promuovere il proprio prodotto inserendolo nell’opera
cinematografica. Esistono varie forme di pagamento: dalla fornitura dei beni e
servizi, alla compartecipazione nel finanziamento della campagna promozionale,
al più tradizionale pagamento in denaro.
Al contrario, nel terzo caso, siamo in presenza di un product placement gratuito,
ma, i beni e servizi forniti per la realizzazione del film, non dovranno
necessariamente comparire nella pellicola. [Cims G., 2008]
2. L’EVOLUZIONE DEL PRODUCT PLACEMENT
CINEMATOGRAFICO
2.1 CENNI STORICI: DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI
I maestri del cinema, cioè chi ne ha fatto la storia, in Italia e all’estero, hanno
spesso impiegato il product placement nelle proprie opere, sia per descrivere in
modo appropriato il contesto narrativo sia per recuperare finanziamenti. Con il
passare del tempo, sui grandi schermi, si sono succeduti prodotti di vario tipo,
alcuni più raffinati ed esclusivi e altri più popolari.
In effetti, possiamo far coincidere la nascita del product placement con la stessa
nascita del cinema: il 19 marzo 1895. I fratelli Lumière proiettarono le immagini
di alcuni gruppi di operai che escono da una fabbrica. Considerando che la
fabbrica in questione era di proprietà degli stessi Lumière, più che di una
questione di comodità o di convenienza, si può parlare di autopromozione e,
8
quindi, di product placement [Dalli D., Gistri G., Borello D., 2008, pp. 8-9].
8 Inoltre, nelle prime pellicole dei fratelli Lumiere compariva spesso il sapone della Lever. 10
I grandi marchi dei nostri tempi, come la Coca-Cola, fanno la loro apparizione sul
grande schermo solo più tardi, intorno agli anni Trenta, con l’introduzione del
sonoro (cfr. Fig. 3) [Rangone M.M., 2009].
Fig. 3
Primo esempio di product placement
cinematografico.
All’interno di un saloon è collocato un cartello
promozionale della Coca-Cola.
[Fonte: www.emovieposter.com]
A partire da questo momento, con l’evoluzione tecnologica e la diffusione delle
sale, il cinema statunitense diventa un potentissimo mezzo di comunicazione di
massa dalle enormi potenzialità persuasive, al punto di condizionare le vendite di
intere categorie merceologiche [Dalli D., Gistri G., Borello D., 2008, p.10].
Sempre negli anni Trenta, assistiamo ad altri due importanti fenomeni che
portarono al product placement: i film di propaganda e i fake brands. I primi
nascono con l’intento di diffondere un determinato regime, ad esempio il regime
9
nazista . Invece, il fake brand è un marchio fittizio – fake – utilizzato all’interno di
un’opera cinematografica, per evitare di usare un marchio reale.
Tuttavia, il vero e proprio predecessore del product placement è lo ‘star system’:
tutto ciò che gira intorno alla star – attore/attrice – diventa, direttamente o
indirettamente, parte della sua “aura” e del suo potere fascinatorio; il prodotto
viene identificato con la star in questione.
Il primo esempio ufficiale di product placement si ha solo nel 1945, in ‘Mildred
Pierce’, Joan Crawford è inquadrata mentre beve un bicchiere di Jack Daniel’s. In
quest’opera cinematografica, per la prima volta, si ha il piazzamento di un
prodotto inserito su espressa richiesta della società produttrice [Rangone M.M.,
2009]. In particolare, dopo la guerra, a causa del forte consumismo e delle società
9 Tra il 1933 e il 1945, il Reich cercò di reclutare i registi più importanti dell’epoca per realizzare
filmati che diffondessero i dogmi del Nazionalsocialismo. 11
in continua trasformazione, negli Stati Uniti e in Europa, si ha un crescente
ricorso all’inserimento di beni di consumo e al loro impiego nelle opere
cinematografiche. In effetti, non si tratta più di collocare oggetti sullo sfondo, ma
anche di rappresentarli nelle loro interazioni fisiche e simboliche con il
consumatore. Solo più tardi, comincia a diffondersi anche la pratica
dell’inserimento a scopo promozionale, finalizzata al reperimento di fondi. Tra gli
anni Sessanta e Settanta, l’uso del product placement passa da sporadico e
occasionale a una vera e propria pratica istituzionalizzata [Dalli D., Gistri G.,
Borello D., 2008, p.11]. In particolare, negli anni Sessanta, l’ampia diffusione
della fornitura gratuita di prodotti che conferivano realismo alla sceneggiatura, in
cambio della visibilità dei marchi, porta a placement eccessivi [Nelli R.P., Bensi
P., 2007, p. 73]. L’opera cinematografica che descrive piuttosto bene l’evoluzione
degli inserimenti di marchi e prodotti nei film è la ‘saga di 007’: con il passare del
tempo, l’agente segreto si ritrova a guidare, bere, fumare e indossare i prodotti
dettati dai contratti stipulati con gli inserzionisti. In alcuni casi, ciò si può spiegare
con esigenze narrative, mentre in altri si tratta di pura e semplice ‘pubblicità’
[Dalli D., Gistri G., Borello D., 2008, pp. 11-12].
Tuttavia, solo con la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, il
product placement registra uno sviluppo rilevante, fino ad arrivare al film che ne
ha decretato ufficialmente il successo: ‘E.T. L’extraterrestre’ del 1982. In seguito,
a partire dagli anni Ottanta e Novanta, si ha l’affermazione del product placement
come strumento di marketing per le aziende del largo consumo e come canale di
10
finanziamento per la produzione cinematografica [Nelli R.P., Bensi P., 2007, pp.
74-75].
2.2 L’IMPATTO STATUNITENSE IN ITALIA
La vera e propria nascita del product placement cinematografico si ha nel secondo
dopoguerra, quando l’industria cinematografica ricorre all’utilizzo di prodotti nei
film come ‘simbolo’ dello stile di vita e della società che, essendo in continuo
10 Per un maggiore approfondimento: Segrave K., (2004), Product placement in Hollywood films,
Mc Farland, Jefferson. 12
mutamento, risulta difficile da riproporre in un’opera cinematografica. Solo più
tardi, negli anni Sessanta e Settanta, il product placement cinematografico diventa
uno strumento di marketing per promuovere un prodotto o un marchio.
Quest’evoluzione del product placement si può osservare mediante un’analisi
degli effetti del product placement americano in Italia.
L’influenza Usa, in Italia, ha inizio durante il Secondo conflitto mondiale, quando
marchi e prodotti statunitensi arrivano nel nostro mercato. L’America diviene un
punto di riferimento: patria delle mode e degli stili di vita più moderni e
desiderabili. In particolare, nel dopoguerra, l’arrivo dei film Usa in Italia,
caratterizzati dall’inserimento di prodotti americani, causa una forte crescita della
domanda di prodotti statunitensi. Infatti, gli italiani identificano i prodotti e i
marchi Usa come la chiave per uno stile di vita più moderno e desiderabile: il
‘lifestyle Usa’ [Rangone M.M., 2009]. Insieme allo stile di vita americano, marche
e prodotti iniziano a influenzare le mode e i gusti degli italiani anche grazie ai
registi italiani che, liberi dal controllo e dalla censura fascista, possono raccontare
il ruolo degli Stati Uniti nella rinascita del Paese, sia come principali artefici
politici e militari della liberazione, sia come finanziatori della ricostruzione e
dello sviluppo economico. Quindi, grazie anche al contributo del cinema italiano
che utilizza, nelle sue opere, marchi e prodotti statunitensi, nasce il ‘mito
americano’.
Nel corso degli anni Cinquanta, con l’esplosione del benessere e del consumismo,
le aziende italiane cominciano a spendere in pubblicità e investono anche nel
product placement. Comunque, le marche straniere e, in particolare, quelle
statunitensi che continuano a esercitare un fascino mistico per i consumatori
italiani, non escono dal mercato. A questo proposito, l’opera ‘Un americano a
Roma’, del 1954, segna il momento in cui il cinema italiano comincia a mettere in
discussione l’eccessivo appiattimento sui valori americani. Infatti, le opere
cinematografiche italiane degli anni Cinquanta e Sessanta segnano proprio una
crescente promozione della cultura e dei valori nazionali [Dalli D., Gistri G.,
Borello D., 2008, pp.15-16]. 13
2.3 IL PRODUCT PLACEMENT CINEMATOGRAFICO IN ITALIA
La storia del product placement italiano è sostanzialmente diversa da quella
statunitense, per ragioni storiche, culturali e normative.
Le prime forme di product placement, in Italia, si possono individuare nei
cosiddetti film di propaganda. Si pensi alla diffusione del regime fascista tramite
opere cinematografiche; con la presenza di marchi e prodotti nei film, il regime
intendeva esaltare i valori e lo stile di vita fascista. Lo stesso meccanismo era alla
base della diffusione del lifestyle Usa in Italia, soprattutto nel secondo dopoguerra
[ivi, p. 14-15]. Tuttavia, occorre sottolineare che, in molti film americani, vi era
l’inserimento di prodotti “Made in Italy” (Cfr. Fig. 4) e, ancora oggi, sette
produzioni hollywoodiane su dieci sono caratterizzate dalla presenza di prodotti
italiani [Nelli R.P., Bensi P., 2007, pp. 82-83].
Fig. 4
Un esempio, ormai storico, è quello della Vespa che conduce
Gregory Peck e Audrey Hepburn per le vie di Roma in
“Roman Holiday” (“Vacanze Romane”) del 1953.
[Fonte: www.informagiovani.info]
Per quanto concerne, più specificamente, la presenza di prodotti nei film italiani,
si fa riferimento agli anni del boom economico, quando, in Italia, arriva la
televisione, e con essa ‘Carosello’. Tuttavia, la pubblicità televisiva non può
essere considerata una vera e propria forma di product placement, in quanto,
elemento essenziale di quest ultimo è l’inserimento e la contestualizzazione del
prodotto all’interno dell’opera artistica. Con l’aumento del consumismo e del
benessere, anche le aziende italiane iniziano a investire nel product placement. Le
marche straniere, tra cui quelle statunitensi, conservano il loro fascino, ma si
11
inizia a esaltare la cultura italiana .
11 In quegli anni, la ‘Vespa’, mezzo di trasporto delle masse, viene collocata in numerose opere
cinematografiche. 14
Nelle opere cinematografiche, l’abuso del product placement fa nascere la
necessità di tutelare un pubblico acerbo e impreparato, passivo di fronte alla
massiccia invasione dei marchi e dei prodotti. Infatti, l’entrata in vigore della
legge n. 165/62 introduce il divieto di pubblicizzazione, nelle opere
cinematografiche, dei prodotti per fumatori [Rangone M.M, 2009].
Durante gli anni Settanta, la frequenza e la quantità di prodotti e marchi inseriti
nelle opere cinematografiche crescono notevolmente; molti sono posizionati in
modo superficiale o, addirittura, ostentato, poiché rispondono a logiche
strettamente commerciali.
Negli anni Ottanta e Novanta, il fenomeno trova un suo naturale assestamento:
diminuisce il numero dei prodotti ‘pubblicizzati’, ma non l’intensità del
fenomeno. Basti pensare che ‘l’era dei cinepanettoni’ nasce proprio all’inizio degli
anni Ottanta, dove la scelta della "location" in cui girare dipende da
considerazioni di promozione e marketing territoriale. I prodotti non sono più
soltanto un bene di consumo, ma un simbolo di una cultura e di un periodo storico
[Dalli D., Gistri G., Borello D., 2008, pp. 17-18]. In questi anni, la pratica
dell’inserimento delle marche nei film si perfeziona progressivamente e diventa
sempre più difficile trovare collocazioni che non siano in stretta relazione con la
narrazione [Nelli R.P., Bensi P., 2007, pp. 84-85].
La vera e propria svolta normativa in materia di product placement si ha, nel
1992, con il D.lgs. n.74 sulla pubblicità ingannevole: il product placement viene
considerato illegale, in quanto equiparato alla pubblicità occulta per l’assenza di
trasparenza e, quindi, di riconoscibilità da parte dello spettatore. Tuttavia, la
presenza di prodotti e marchi nei film italiani non si riduce di molto. Grazie ad
alcune eccezioni concesse dalla legge ai registi e produttori, l’inserimento dei
prodotti e marchi risulta limitato, ma non eliminato [Dalli D., Gistri G., Borello
D., 2008, pp. 19-20].
In seguito, dal 2004 in poi, la nuova normativa liberalizza la pratica del product
placement che, però, viene esercitata in modo più efficace ed efficiente. La marca
non è più un elemento estraneo che si fa strada “a gomitate” verso lo spettatore,
ma è parte integrante della trama, come una comparsa o un protagonista della
storia [Crugnola P., 2005, pp.346-347]. 15
In conclusione, oggi, in materia di product placement, si ha una duplice tendenza:
da un lato, i produttori cinematografici italiani cercano di ottenere percentuali
sempre maggiori di finanziamenti dei film, attraverso il product placement;
dall’altro lato, le imprese mostrano un crescente interesse per la partecipazione
alla promozione del film nelle sue diverse forme, tra cui il placement [Nelli R.P.,
Bensi P., 2007, pp. 90-91].
3. GLI EFFETTI DEL PRODUCT PLACEMENT
3.1 OBIETTIVI
Il product placement cinematografico permette una stretta sinergia tra il mondo
imprenditoriale e il mondo cinematografico, con reciproci vantaggi.
Infatti, i contesti di mercato odierni vedono sempre più consumatori critici se non
addirittura refrattari nei confronti della comunicazione commerciale tradizionale.
Le aziende, dunque, consce degli scenari in cui operano, sono alla continua ricerca
di “nuovi strumenti” per comunicare con il proprio target di riferimento.
Il fenomeno del product placement sembra prestarsi particolarmente alle esigenze
comunicazionali delle imprese, in quanto, in generale, il consumatore non
identifica immediatamente l’intento commerciale e persuasorio del messaggio di
placement. Di conseguenza, di fronte all’apparizione di un prodotto di marca in un
film, i consumatori non reagiscono come se si trovassero davanti ad uno spot
pubblicitario, permettendo così all’impresa di veicolare i propri messaggi in
maniera non intrusiva [Gistri G., 2007]. Inoltre, consente di catturare l’interesse
12
attivo dell’audience con messaggi non evitabili dallo spettatore . Più in dettaglio,
il product placement cinematografico è virtualmente immune dalle pratiche
elusive, come lo zapping e dalla perdita di attenzione durante le interruzioni
pubblicitarie televisive.
12 L’attenzione con cui le persone seguono lo sviluppo delle scene di un film e il coinvolgimento
emotivo che le rende partecipi dell’azione e del clima ricostruiti, sono del tutto irripetibili con altri
strumenti di comunicazione aziendale. 16
DESCRIZIONE TESI
Tesi di laurea triennale in Economia Aziendale per la cattedra della professoressa Cugno. Questo lavoro di tesi si propone di esaminare canali di comunicazione alternativi a quelli tradizionali, sempre più necessari in una società in continua evoluzione co-me la nostra. In particolare, si approfondiranno le caratteristiche, minacce e op-portunità di un’originale forma pubblicitaria: il Product Placement cinematografi-co. Inoltre, in relazione a ciò, verranno individuate le reazioni del singolo consu-matore e della società nel suo complesso.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Rossana_89 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei consumi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Torino - Unito o del prof Cugno Anna.
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