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I SOGGETTI E TIPOLOGIE DI CONTROLLO

2.1. I soggetti abilitati al controllo

Nell’ottica di tutelare la libertà e la dignità dei lavoratori, gli artt. 2 e 3

St. lav. individuano specifici limiti in ordine ai soggetti abilitati ad

esercitare il potere di controllo sugli stessi.

Oltre al datore di lavoro ed ai superiori gerarchici, i quali per

definizione sono chiamati ad esercitare il potere in esame, il controllo

può essere esercitato anche da altri dipendenti, purché il loro nominativo

e le loro specifiche mansioni siano preventivamente comunicati ai

lavoratori interessati.

Il controllo occulto, effettuato cioè da persone non identificate dal

lavoratore come controllori, è dunque vietato in quanto ritenuto lesivo

della personalità del lavoratore.

Il personale addetto alla vigilanza non può controllare i

comportamenti del lavoratore estranei allo svolgimento della prestazione

lavorativa e non può accedere in locali frequentati dai lavoratori per 54

scopi diversi dallo svolgimento della prestazione lavorativa (ad esempio,

gli spogliatoi).

L’art. 2, co. 3, St. lav. vieta, inoltre, al datore di lavoro di adibire alla

vigilanza sull’attività lavorativa le guardie particolari giurate di cui agli

artt. 133 ss. R.d. 18.6.1931, n. 773 (art. 2 St. lav.).

Tali guardie giurate, le quali sono dotate ai sensi del R.d. n. 773 del

1931 (art. 133) di particolari privilegi connessi alla loro funzione - come

il diritto di portare armi o il potere di redigere verbali che fanno fede in

giudizio fino a prova contraria - possono, infatti, essere impiegate

esclusivamente per scopi di tutela del patrimonio aziendale.

Ne consegue l’impossibilità, per tali soggetti, di contestare ai

dipendenti azioni o fatti che attengono all’attività lavorativa.

Per questo motivo, le guardie giurate non possono accedere nei locali

ove si svolge la prestazione lavorativa, se non per specifiche e motivate

esigenze attinenti i compiti di tutela del patrimonio aziendale.

L’eventuale utilizzo delle guardie giurate fuori dai predetti limiti è

sanzionato sia penalmente (art. 38 st. lav.), sia in via amministrativa con

la sospensione o la revoca della licenza alla guardia; a queste sanzioni si

aggiunge, ovviamente, la possibilità per il lavoratore di invocare la tutela

giurisdizionale.

Posto che gli artt. 2 e 3 St. lav. ammettono rispettivamente il controllo

sul patrimonio aziendale effettuato dalle guardie giurate ed il controllo

sull’attività lavorativa posto in essere dal “personale di vigilanza”, ci si è

chiesto se tali forme di controllo possano essere esercitate anche da

soggetti diversi.

Al riguardo, la giurisprudenza è orientata nel senso di ritenere che, in

mancanza di espliciti divieti ed in considerazione della libertà della 55

difesa privata, la vigilanza sul patrimonio aziendale e sull’attività

lavorativa possa essere svolta anche da soggetti diversi da quelli indicati

dagli artt. 2 e 3 St. lav., come ad esempio gli investigatori privati. 20

Anche il divieto di ogni forma di controllo occulto sancito dall’art. 3

St. lav. ha subito delle attenuazioni ad opera della giurisprudenza, la

quale ha ritenuto che tale divieto non debba trovare applicazione nelle

ipotesi di realizzazione, da parte del lavoratore, di comportamenti illeciti

esulanti dalla normale attività lavorativa, pur se commessi nel corso di

essa.

In tal caso, il controllo è ritenuto ammissibile perché gli atti ed i

comportamenti posti in essere dal lavoratore sono configurabili come

fonte di responsabilità extracontrattuale nei confronti del datore di

lavoro.

Ne consegue che il controllo occulto effettuato, ad esempio, da un

investigatore privato non può riguardare, in nessun caso, né

l’adempimento né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del

lavoratore di prestare la propria opera - essendo l’inadempimento stesso

riconducibile, come l’adempimento, all’attività lavorativa, sottratta alla

suddetta vigilanza - ma deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore che

non siano riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione (come,

ad esempio, l’appropriazione indebita di denaro riscosso per il datore di

lavoro e sottratto alla contabilizzazione).

In giurisprudenza si è, altresì, ritenuto che il controllo occulto non

viola né il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei

rapporti, né il divieto di cui all’art. 4 St. lav., riferito esclusivamente

20 Cass., 24.3.1983, n. 2042; Cass., 3.4.1984 n. 2697; Cass., 3.5.1984, n. 2697; Cass., 10.5.1985,

n. 2933; Cass., 19.7.1985, n. 4271; Cass., 9.6.1989 n. 2813; Cass., 17.10.1998, n. 10313; Cass.,

13.4.2007, n. 8910 56

all’uso di apparecchiature per il controllo a distanza, non applicabile

analogicamente in quanto penalmente rilevante. 21

Infine, perché il controllo occulto sia legittimo non è necessario che

l’illecito sia stato compiuto e che occorra verificarne solo il contenuto,

ma è sufficiente il solo sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in

corso di esecuzione. 22

Il confine tra controlli occulti leciti e illeciti può rivelarsi incerto in

quanto si contrappongono, da un lato, un principio ispiratore generale di

ripudio dei controlli occulti sui lavoratori e, dall’altro, la constatazione

che i controlli svolti ad insaputa del lavoratore possano essere sovente

l’unica maniera efficace per la tutela del patrimonio aziendale

minacciato da comportamenti illeciti dei dipendenti.

È, infine, da sottolineare come le circostanze ed i fatti eventualmente

acquisiti dal datore di lavoro tramite controlli illeciti non possano essere

utilizzati quali fonte di conoscenza per la prova giudiziale.

2.2 Controlli consentiti e controlli non consentiti

L’art. 4 St. lav. prevede due fattispecie di divieto: un divieto assoluto

in relazione all’istallazione di apparecchiature preordinate al controllo

dell’attività dei lavoratori e un divieto flessibile con riferimento a quelle

apparecchiature installate per esigenze di sicurezza del lavoro.

21 Cass., 18.9.1995, n. 9836; Cass., 23.8.1996, n. 7776; Cass., 18.2.1997, n. 1455; Cass.,

3.11.1997, n. 10761; Cass., 12.8.1998, n. 7933; Cass., 17.10.1998, n. 10313; Cass., 3.11.2000, n.

14383; Cass., 3.7.2001, n. 8998; Cass., 14.7.2001, n. 9576; Cass., 2.3.2002, n. 3039; Cass., 12.6.2002,

n. 8388; Cass., 7.6.2003, n. 9167; Cass., 9.7.2008, n. 18821; Cass., 10.7.2009, n. 1619; Cass.,

18.11.2010, n. 23303

22 Cass., 7 giugno 2003, n. 9167; Cass., 9.7.2008, n. 18821; Cass., 14.2.2011, n. 3590 57

La differenza tra le due ipotesi è data dall’elemento psicologico della

non intenzionalità del controllo e dal fatto che esso scaturisce da una

possibile modalità di utilizzazione dell’apparecchio, giustificata da altre

esigenze. In questo caso, il legislatore ne consente l’utilizzo a condizione

che vi sia stato un accordo sindacale con le rappresentanze sindacali o, in

assenza, con la commissione interna.

Ove l’accordo non venga raggiunto resta la possibilità del datore di

lavoro di chiedere l’autorizzazione all’Ispettorato del lavoro.

Da evidenziare che la procedura autorizzatoria sindacale o

amministrativa non può comunque sanare l’installazione di

apparecchiature preordinate al controllo dell’attività lavorativa. 23

Il sistema informatico utilizzato da un’azienda, allorquando tale

sistema consenta contestualmente il controllo a distanza dei singoli

lavoratori, senza che tale controllo appaia strettamente necessario

all’ottimizzazione dell’attività produttiva, anche se sia intervenuto in

proposito l’accordo sindacale. Ne deriva, da questa prospettiva, la

considerazione secondo cui l’autorizzazione sindacale o amministrativa

costituisce condizione necessaria ma non sufficiente ai fini della

legittimità del controllo.

La questione sembra peraltro avere una rilevanza esclusivamente

civilistica, potendo il giudice ordinare la disinstallazione del sistema,

escludendosi invece che una simile ipotesi possa integrare la fattispecie

di reato ad essa connessa per mancanza dell’elemento soggettivo.

Riguardo i requisiti della procedura autorizzatoria occorre sottolineare

che il datore di lavoro non si può rivolgere subito all’autorità

23 Indicativa in questo senso è una pronuncia della Corte di Appello di Firenze del 2009, ove si è

affermato che deve ritenersi vietato dall’art.4 St, Lav .. 58

amministrativa, dovendo prima tentare di raggiungere un’intesa con il

sindacato. Il mancato esperimento di un simile tentativo può costituire

condotta antisindacale ex art. 28 St. lav..

Peraltro non pare che una siffatta omissione possa rendere a priori

inefficace l’autorizzazione amministrativa. La possibilità del sindacato di

impugnare il provvedimento amministrativo entro 30 giorni dalla

comunicazione dello stesso provvedimento sembra infatti riportare in

equilibrio il sistema.

Sul punto peraltro non si ravvisano precedenti giurisprudenziali.

Scarne sono anche le pronunce sui requisiti dell’accordo sindacale.

Secondo una giurisprudenza ormai risalente, l’accordo dovrebbe

essere stipulato, in assenza di RSU, con tutte le rappresentanze sindacali.

Più condivisibile peraltro il prevalente orientamento dottrinale, secondo

cui sarebbe sufficiente un accordo con soggetti rappresentativi della

maggioranza del personale. 24

Da evidenziare che recentemente la Cassazione penale, è intervenuta “

a gamba tesa” sui requisiti autorizzatori, di cui al co. 2 dell’art. 4 St.

Lav., affermando che l’acquisizione da parte del datore di lavoro

dell’assenso di tutti i lavoratori, attraverso la sottoscrizione da parte loro

di un documento esplicito, costituisce requisito alternativo al

raggiungimento dell’accordo sindacale.

Più precisamente, secondo la Cassazione “se è vero che non si trattava

né di autorizzazione della RSU né di quella di una “Commissione

interna”, logica vuole che il più contenga il meno si che non può essere

negata validità ad un consenso chiaro ed espresso proveniente dalla

totalità dei lavoratori e non soltanto da una loro rappresentanza. Del

24 Vedi App. Firenze, 14 febbraio 1973 59

resto, non risultando esservi disposizioni di alcun tipo che disciplinino

l’acquisizione del consenso, un diverso opinare, in un caso come quello

in esame, avrebbe un taglio di un formalismo estremo tale da contrastare

con la logica. 25

Tali affermazioni suscitano non poche perplessità, soprattutto nella

misura in cui

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiara.gramaccioni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Camerino o del prof Napolitano Giuseppe.