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B

(master franchisee)

C1 C1 C1

Figura 1 – Il master franchising puro

(franchisee) (franchisee) (franchisee)

Il master franchisor (A) stipula con il master franchisee (B) un contratto di

(master franchisee)

franchising per un determinato territorio dandogli la facoltà di concludere contratti di

franchising con l’obbligo di organizzare e gestire, in nome e per conto proprio,

l'intera rete in franchising. (B) a sua volta, stipula contratti di affiliazione con diversi

franchisee (C), i quali non hanno nessun rapporto contrattuale diretto con il master

113

franchisor .

Attraverso l’utilizzo di questo strumento giuridico, il franchisor se da una parte può

sicuramente trarre chiari benefici nell’accedere a mercati altrimenti preclusi dall’altra

deve assumersi il rischio di una sensibile riduzione dei propri introiti e una netta

riduzione del controllo sui punti periferici della rete con l’ulteriore rischio che il

master franchisee possa passare alla concorrenza, sottraendo al franchisor tutta la

rete.

Pur essendo un contratto nettamente diverso dal franchising, la disciplina del

franchising può applicarsi al contratto di master franchising esclusivamente e

unicamente in ragione dell’identità dell’oggetto della prestazione, la formula

114

commerciale e non per l’oggetto del contratto e della sua causa .

La seconda tipologia contemplata nell’art. 2 della legge 129 è quella identificata

come corner franchising cioè quel “[…] contratto con il quale l’affiliato, in un’area

di sua disponibilità, allestisce uno spazio dedicato esclusivamente allo svolgimento

dell’attività commerciale di cui al comma 1 dell’articolo 1”. Questo fenomeno è

113 V. Pandolfini, Il master franchising, ottobre 2013 consultabile on line all’indirizzo

www.consulenzalegalefranchisor.it

114 A Fici, Il Franchising in cit., pp. 1028-1031 42

molto frequente soprattutto nelle grandi superfici distributive. L’attività di

franchising deve godere di uno spazio esclusivo e ben identificato al fine di

mantenere fisicamente separata l’attività in franchising dalle altre attività svolte nella

stessa area.

Non rientrano invece nella fattispecie disciplinata dall’art. 2 della legge 129/2004 gli

accordi denominati area devolopment agreement per i quali si applicano le

disposizioni del contatto di intermediazione. Con il nome area devolopment

agreement si identifica il contratto in base al quale un affiliante straniero che voglia

creare una rete in un altro paese, nomina un’area developer (sviluppatore) al fine di

cercare delle opportunità di business. L’area developer è un soggetto, avente sede nel

paese target, al quale il franchisor concede il diritto di aprire proprie unità in una

determinata area e per un determinato periodo di tempo, in esclusiva.

A differenza del master franchisee, l’area developer non ha il diritto di concludere

contratti di franchising e non può trasferire il know how ad altri affiliati ma si assume

esclusivamente l’incarico di reperire soggetti interessati a divenire franchisee,

115

ponendosi come intermediario tra il franchisor e i singoli punti vendita .

115 A. Frignani, Il contratto di franchising, orientamenti, cit, p. 18 43

Capitolo IV

La disciplina del Franchising: Europa e Italia

1. Il caso Pronuptia: Sentenza della Corte di Giustizia Europea

28 gennaio 1986 116

La prima presa di posizione a livello Europeo sul contratto di franchising , è

sicuramente la nota sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 28

gennaio 1986 sul caso Pronuptia in merito ad un contratto di franchising per la

distribuzione di prodotti. Nella fattispecie la società Pronuptia de Paris, leader

mondiale nel settore degli abiti nuziali, controllava una cospicua fetta del mercato

tedesco, grazie ad una fitta rete commerciale basata su una pluralità di contratti di

franchising. Il mancato pagamento di royalties a favore dell’impresa Pronuptia de

Paris GmbH aveva indotto quest'ultima ad adire all'autorità giudiziaria citando in

giudizio un suo affiliato tedesco Irmgard Schillgalis. L’affiliato, accertato il suo

inadempimento in primo grado, proponeva appello all’Oberlandesgericht sull'assunto

che i contratti di affiliazione fossero nulli perché conclusi in violazione dell'art. 85

117

n.1 del Trattato CEE (oggi 81 n.1 CE ) e l’Oberlandesgericht accoglieva tali

motivazioni. L’affiliante proponeva ricorso di “Revision” dinanzi al

Bundesgerichtshof e questi deferiva la questione in via pregiudiziale alla Corte di

Giustizia ex articolo 177 CEE (oggi 234 CE), chiedendo se l’articolo 85 n.1 CEE si

applicasse ai contratti di franchising e in caso positivo, se il regolamento di

esenzione 67/67/CEE del 22 marzo 1967, relativo all’applicazione dell’articolo 85

118

n.3 CEE (oggi 81 n.3 CE ) a talune categorie di accordi di distribuzione esclusiva,

116 A. Frignani, Il franchising, cit., p. 300

117 Articolo 81 nr. 1 CE (ex articolo 85 n.1 CEE )

1. Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di

associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati

membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della

concorrenza all'interno del mercato comune ed in particolare quelli consistenti nel:

a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di

transazione;

b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;

d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni

equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;

e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni

supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con

l'oggetto dei contratti stessi.

118 Articolo 81 nr. 3 CE (ex articolo 85 n. 3 CEE)

3. Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate inapplicabili: 44

fosse estensibile anche ai contratti di franchising e se, in caso di risposta affermativa,

i contratti di franchising godessero dell’esenzione per categoria.

Nella sentenza, la Corte evidenziò che i vantaggi offerti dalla formula di franchising

di distribuzione sono a beneficio sia delle imprese che sono facilitate

nell’inserimento in nuovi mercati di una formula commerciale già collaudata sia dei

119

consumatori che vedono elevarsi i livelli qualitativi di beni e servizi offerti .

La Corte di Giustizia, interrogata sull’applicabilità del regolamento 67/67/CEE

relativamente all’applicazione dell’art. 85 n.3, riconosce definitivamente l’autonomia

e l’indipendenza del contratto di franchising rispetto alla concessione di vendita

esclusiva e alla distribuzione selettiva; quest’ultimi infatti non contemplano né l’uso

della stessa insegna, né l’applicazione di metodi commerciali uniformi, né il

pagamento di compensi per i vantaggi concessi. Al contrario del contratto di

franchising, dove la ricorrenza di tali tre circostanze è tipica e caratterizzante. A

fronte di tale distinzione, la Corte dichiara quindi la non applicabilità ai contratti di

franchising del regolamento 67/67/CEE relativo all’applicazione dell’articolo 85 n. 3

CEE a talune categorie di accordi di distribuzione esclusiva.

Pur pronunciandosi esclusivamente sul franchising di distribuzione, la Corte ha

elaborato, per la prima volta, la ormai classica tripartizione dei contratti di

120

franchising suddividendoli in :

- Franchising di servizi in cui il concessionario offre servizi usando l'insegna, il

nome commerciale e talvolta il marchio del concedente conformandosi alle

direttive di questo;

- Franchising di produzione dove il concessionario fabbrica direttamente,

conformemente alle indicazioni del concedente, prodotti che poi vende sotto

il marchio di quest'ultimo;

- Franchising di distribuzione in virtù del quale il concessionario si limita a

vendere determinate merci in un punto di vendita recante l'insegna del

concedente.

a qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese, a qualsiasi decisione o categoria di decisioni di

associazioni di imprese, e a qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate che

contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso

tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva, ed

evitando di:

(i) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali

obiettivi;

(ii) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti

di cui trattasi.

119 Sentenza Pronuptia, paragrafo 9

120 Sentenza Pronuptia, paragrafo 13 45

I giudici comunitari, dopo aver premesso che l'art. 85 del Trattato CEE è applicabile

121

a qualunque tipo contrattuale , affermarono che i contratti di franchising di

distribuzione sono compatibili con l'art. 85 n. 1 del Trattato e che la compatibilità del

franchising di distribuzione con il divieto di alterazione della concorrenza deve

essere accertata caso per caso valutando le clausole contrattuali alla luce del contesto

122

economico in cui il contratto si inserisce .

Nella sentenza viene descritta in maniera dettagliata la funzione economica del

contratto, facendo, come già scritto, espresso riferimento esclusivamente ai contratti

aventi per oggetto la distribuzione di prodotti, spiegando che, al fine dell’effettivo

funzionamento del sistema di franchising “devono ricorrere due presupposti. In

primo luogo, il concedente deve poter fornire ai concessionari il suo patrimonio di

cognizioni e di tecniche (know-how) e prestare loro l'assistenza necessaria per

metterli in grado di applicare i suoi metodi, cercando di evitare che di dette

cognizioni e tecniche e di detti metodi si giovino, sia pure indirettamente, dei

123

concorrenti . […]. In secondo luogo, il concedente deve poter prendere le misure

idonee a preservare l'identità e la reputazione della rete distributiva contraddistinta

dall'insegna. Ne consegue che nemmeno le clausole che disciplinano il controllo

necessario a tale scopo costituiscono restrizioni della concorrenza ai sensi dell'art.

124

85, n. 1 .”

La decisione della Corte, seguendo il criterio adottato negli Stati Uniti

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Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

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