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INDICE
1. INTRODUZIONE………………………………………….………………......3
1.1 Conservazione in situ ed ex situ………………………………….…………….3
1.2 Potenzialità delle tecniche di conservazione in vitro del germoplasma…....…..6
1.3 Strategie di conservazione in vitro………………………….………………… 6
2. CRIOCONSERVAZIONE………………………………….…………………8
2.1 Tecniche di conservazione di apici gemmari…………………..……………....9
2.2 Crioconservazione di semi……………………………………………………12
3. IL GENERE CITRUS………………...….……………………...…………....14
3.1 Diffusione, inquadramento sistematico e varietà coltivate……………...……14
3.2 Antiche collezioni di germoplasma di Citrus: l'esempio della "Villa Reale di
Castello" in Firenze ……………………………………………….………….…..16
3.3 Strategie di conservazione in vivo ed in vitro del genere Citrus…………......17
3.4 Potenzialità della crioconservazione di agrumi…………...………………….19
4. OBIETTIVI DI QUESTO STUDIO…………………………………………22
5. MATERIALI E METODI……………………………………………………23
6. RISULTATI E DISCUSSIONE……………………….……………………..26
6.1 Effetti della disidratazione sul contenuto in acqua e sulla germinabilità dei
semi…………………………………………...…………………………………..26
6.2 Germinabilità dei semi solo disidratati e dei semi disidratati e
crioconservati……………………………………………………………….…….27
7. CONCLUSIONI………………………………………………………………33
8. BIBLIOGRAFIA………………………..…………………………………….35
3
1. INTRODUZIONE
La conservazione del germoplasma ha come obiettivo principale quello di
preservare la variabilità genetica, naturale e indotta, delle specie vegetali ed
animali. In particolare, prevede: 1) la conservazione di tutte le varietà obsolete e
locali che, se non utilizzate, rischiano di sparire, determinando il fenomeno
dell'erosione genetica, 2) la conservazione delle specie selvatiche e degli ancestrali
che hanno dato luogo alla produzione delle varietà migliorate, 3) la conservazione
delle specie a rischio d'estinzione, in particolare quelle della fascia tropicale e sub-
tropicale. Anche l'agrobiodiversità è oggi seriamente in pericolo, in quanto la
moderna agricoltura si è basata principalmente sulla selezione, a partire dalle
popolazioni locali, di cultivar superiori, restringendo così la variabilità delle specie
coltivate. E’ importante ricordare che, fin dall'inizio della domesticazione delle
piante e della pratica agricola, la specie umana ha fatto uso di circa 5.000 specie
vegetali che corrispondono a circa l'1.5% del totale delle specie vegetali esistenti;
di queste, solo 150 specie (comprendenti circa 250.000 cultivars selezionate o
razze clonali) sono di primaria importanza a livello mondiale per l'alimentazione.
Lo sfruttamento di una porzione molto ristretta della biodiversità vegetale mette a
rischio di erosione un patrimonio fondamentale di caratteri genetici naturali,
riducendo la capacità di adattamento delle specie migliorate alle variazioni
ambientali, alla comparsa di nuovi patogeni o ai cambiamenti delle strategie di
mercato. In questa prospettiva, risulta auspicabile la conservazione per ciascuna
specie della più ampia possibile base genetica, attraverso lo sviluppo di programmi
e strategie idonee allo scopo.
1.1 Conservazione in situ ed ex situ
I sistemi tradizionali di conservazione in situ ed ex situ offrono un contributo
fondamentale alla conservazione delle risorse genetiche vegetali.
Nella conservazione del germoplasma in situ, una specie, una sottospecie o
4
una razza viene conservata in forma “dinamica” all'interno dell'areale naturale in
cui si è evoluta; è di questo tipo la conservazione attuata in riserve naturali, parchi
nazionali, aree protette o agro-ecosistemi. Nelle specie arboree forestali, una
importante forma di conservazione in situ è quella attivata con l’individuazione e
la gestione di “boschi da seme”, cioè dei boschi che forniscono una semente
“superiore” per determinate caratteristiche importanti della specie. La
conservazione in situ si potrebbe definire come il metodo più corretto di
salvaguardia, in quanto il pool genico di una specie non è “congelato” ma è
preservato nella sua forma naturale di evoluzione. Preservare le specie nell’ambito
del loro ecosistema vuol dire, difatti, salvaguardare tutti quei processi di
evoluzione e di adattamento che si attuano solo in ambiente naturale, compresi, ad
esempio, i processi di interazione fra patogeni e piante ospiti. Questo tipo di
conservazione però non è attuabile per tutte le specie a rischio di erosione
genetica, in quanto richiede costi molto elevati per la costituzione e il
mantenimento di ecosistemi naturali protetti.
Per questi motivi, alla conservazione in situ si associa quella ex situ, che
prevede la salvaguardia delle specie vegetali in giardini botanici, centri
specializzati per la conservazione del germoplasma, banche del seme e collezioni
clonali. Nelle specie arboree a prevalente propagazione gamica le banche del seme
sono il sistema principale di conservazione ex situ. Le specie forestali a semi
ortodossi, infatti, possono essere efficacemente conservate con questo approccio. I
semi ortodossi sono quei semi che vanno incontro ad una naturale riduzione del
contenuto in acqua già sulla pianta madre e, se necessario, possono essere
ulteriormente disidratati artificialmente fino anche oltre il 10% del contenuto in
acqua senza comprometterne vitalità e germinabilità (Marzalina e Krishnapillay,
1999); in tal modo possono essere conservati per tempi lunghi. Esistono però
molte specie arboree a seme non ortodossi (o “recalcitranti”). Questi semi non
entrano mai in una vera forma di dormienza, sono metabolicamente pronti a
geminare quando ancora sulla pianta madre e, a differenza dei semi ortodossi, non
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vanno incontro ad una naturale disidratazione prima della maturazione. Il
contenuto in acqua dei semi considerati recalcitranti oscilla fra un minimo del 36%
ad un massimo del 90% (Hong e Ellis, 1996). Appena raccolti, vanno conservati in
condizioni idonee per non comprometterne la capacità germinativa o determinare
uno sviluppo anomalo del semenzale. I tempi di conservazione sono comunque
sempre molto limitati, in quanto tali semi sono molto sensibili alla disidratazione
e, in genere, perdono la loro vitalità se disidratati oltre il 30% del contenuto in
acqua o se conservati a temperature più basse di 16°C (Marzalina e Krishnapillay,
1999). Attuando una rapida disidratazione, seguita da un rapido abbassamento
termico, è possibile talora ottenere una limitata percentuale di sopravvivenza di
questo tipo di seme. Sono ad esempio di questo tipo i semi di Acer spp., del
castagno, dell’ippocastano, del noce, di alcune conifere e di molte specie arboree
tropicali e sub-tropicali.
Le forme di conservazione ex situ delle specie a propagazione vegetativa
sono i giardini botanici (aree protette in cui il germoplasma preservato svolge
anche una funzione divulgativa) e gli arboreti (=collezioni) clonali. Sebbene
occupino un ruolo determinante nei programmi di conservazione del germoplasma
di importanti specie da frutto a da legno, le collezioni clonali comportano una serie
di problemi e rischi tra i quali si ricordano:
1. la necessità di ampi spazi;
2. gli elevati costi di gestione, soprattutto per la manodopera necessaria per
interventi di manutenzione (potatura e trattamenti) e cure colturali;
3. rischio elevato di perdite dovute a malattie, prime tra tutte le infezioni virali;
4. rischi ambientali cui sono sottoposti gli arboreti quali, ad esempio,
inondazioni e gelate che possono compromettere la sopravvivenza delle specie
non resistenti e, quindi, l’integrità della collezione.
Per tali motivi, negli ultimi 30 anni si è cercato di sviluppare tecniche di
supporto ai tradizionali sistemi di conservazione, in modo da creare un sistema
completo e integrato per la conservazione della biodiversità. In tal senso le
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biotecnologie, che utilizzano procedure di coltura in vitro, possono risultare molto
importanti per la conservazione del germoplasma delle specie arboree, garantendo
la possibilità di preservare in assoluta sicurezza genetico-sanitaria materiale
vegetale per tempi medi o lunghi. Le specie arboree risultano particolarmente
idonee allo sviluppo di procedure di conservazione in vitro in quanto, per molte di
esse, sono da tempo affermate tecniche di rigenerazione in vitro
(micropropagazione, embriogenesi somatica).
1.2 Potenzialità delle tecniche di conservazione in vitro del germoplasma
Le tecniche di conservazione in vitro, in senso lato, vanno considerate come
complementari alle tecniche tradizionali e inserite in un programma completo di
conservazione del germoplasma. I vantaggi offerti dalle &ldq