IETZSCHE
32 Ivi, p. 30.
33 Cfr. Ivi, p. 53. 10
dell’uno primordiale e reagisce all’orrore […] attraverso la produzione di immagini» 34
apollinee. «Secondo questa conoscenza» conclude, dunque, Nietzsche «dobbiamo inten-
dere la tragedia greca in quanto coro dionisiaco, che sempre di nuovo si scarica in un
mondo apollineo di immagini» .
35
Possiamo, allora, dedurre che «il vero e proprio eroe scenico e centro della vi-
sione» debba essere identificato in Dioniso, il quale, oggettivandosi nella molteplicità
36
di «figure, nella maschera di un eroe in lotta […]» , salva l’uomo dalle tenebre del ni-
37
chilismo, nelle quali egli rischierebbe di capitolare qualora il prezioso velo di illusioni
apollinee non accorresse in suo soccorso.
Difatti, quando il gioioso furore dell’estasi dionisiaca si esaurisce, la forza pro-
rompente del dolore dell’uno primordiale investe l’uomo, il quale rischia di soccombere
al nichilismo che serpeggia tra le parole di Sileno: «il meglio è per te assolutamente ir-
raggiungibile» risponde il satiro incalzato dal re Mida, «non essere nato, non essere, es-
sere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto» . A questo
38
punto, una volta esplorate le sorgenti dell’essere e aver colto l’atrocità e l’insensatezza
dell’esistenza, le porte del luminoso e rassicurante regno dell’illusione si dischiudono.
Scrive, a tal proposito, Nietzsche:
Ed ecco, in questo estremo pericolo della volontà, si avvicina, come maga che
salva e risana, l’arte; soltanto lei è capace di volgere quei pensieri di disgusto per l’atro-
cità o l’assurdità dell’esistenza in rappresentazioni con cui si possa vivere. […] Il coro
dei Satiri del ditirambo è l’azione salvatrice dell’arte greca. 39
Tuttavia, limitarsi a concepire apollineo e dionisiaco alla stregua di impulsi este-
tici sarebbe oltremodo riduttivo: la polarità che Nietzsche rintraccia nel mondo dell’arte
esemplifica, più propriamente, la struttura ontologica del reale. I due Kunstriebe si confi-
gurano, infatti, come «forze artistiche che erompono dalla natura, senza mediazione
dell’artista umano» . Da qui si evince la portata metafisica del discorso nietzschiano, in
40
34 G. V , Introduzione a Nietzsche, cit., p. 17.
ATTIMO
35 F. N , La nascita della tragedia, cit., p. 61.
IETZSCHE
36 Ivi, p. 62.
37 Ivi, p.71
38 Ivi, pp. 31-32.
39 Ivi, p. 56.
40 Ivi, p. 26. 11
cui «il fenomeno dell’arte viene posto al centro; con esso e a partire da esso viene spiegato
il mondo» . Precisa, a tal proposito, Fink:
41
Nel fenomeno del tragico egli scorge la vera natura della realtà; il tema estetico
raggiunge per lui il rango di un principio ontologico fondamentale; l’arte, la poesia tragica
diventa per lui la chiave, che spiega l’essenza del mondo. L’arte diventa Organon della
filosofia, viene considerata la più importante via d’accesso all’essere […]. Nietzsche la
chiama «metafisica dell’artista» […]. 42
È dunque l’Essere stesso a vivere dell’eterna antitesi tra armonia e caos, νόμος e
ὕβϱις, sogno ed ebbrezza. Apollineo e dionisiaco risultano essere, in ultima istanza, forze
cosmiche radicate nella natura intrinsecamente creatrice, di cui l’artista è mero imitatore.
Da ciò si desume che l’uomo creatore non gode di alcun privilegio, di alcuna specificità:
egli non è altro che un volto dell’Essere, strutturalmente portato a soddisfare i suoi im-
pulsi estetici
da una parte, come mondo di immagini del sogno, la cui perfezione è senz’alcuna
connessione con l’altezza intellettuale o la cultura artistica del singolo; d’altra parte come
realtà piena d’ebbrezza, che a sua volta non tiene conto dell’individuo, e cerca anzi di
annientare l’individuo e di liberarlo con un sentimento mistico di unità.
43
Lungi dal poterci ritenere soggetti attivi della creazione, dovremmo piuttosto con-
cepirci, suggerisce Nietzsche, come «immagini e proiezioni artistiche» del vero creatore
e supporre «di trovare la nostra più alta dignità nel senso di opere d’arte - giacché solo
come fenomenici estetici l’esistenza e il mondo sono eternamente giustificati» .
44
La vita, intimamente sofferente, transeunte, effimera e, pertanto, apparentemente priva di
significato, trova la sua più compiuta giustificazione nell’esperienza estetica: il dolore
che permea l’esistenza acquista senso in quanto parte integrante e necessaria del gioco
artistico, subendo, così, un’intima trasfigurazione nella bellezza apollinea, che scaturisce
dall’immersione nelle profondità del dionisiaco. Il fenomeno artistico si presenta, dunque,
come la forma più compiuta di affermazione della vita giacché ci induce a «dire sì senza
41 E. F , La filosofia di Nietzsche, cit., p. 19.
INK
42 Ibid.
43 F. N , La nascita della tragedia, cit., p. 26.
IETZSCHE
44 Ivi, p. 45. 12
riserve al dolore stesso, alla colpa stessa, a tutto ciò che l’esistenza ha di problematico e
di ignoto» .
45
Alla luce dello sviluppo del pensiero nietzschiano, potremmo spingerci allora a
concepire la tesi della giustificazione estetica dell’esistenza come prefigurazione
dell’amor fati, formula con cui Nietzsche, nelle opere della maturità, designa l’atteggia-
mento di chi non vuole «nulla di diverso, né dietro né davanti a sé, per tutta l’eternità» ,
46
di chi non solo sopporta, ma addirittura ama le sofferenze e i tormenti ineluttabili di cui
la vita è foriera.
L’esperienza della creazione consente, peraltro, al genio di ricongiungersi a quel
«Dio-artista […] che, creando mondi, si libera dall’oppressione della pienezza e della
sovrabbondanza, dalla sofferenza dei contrasti in lui compresi» : l’uomo, difatti, in
47
quanto detentore della capacità produttrice «è già liberato dalla sua volontà individuale
ed è diventato per così dire un medium, attraverso il quale l’unico soggetto che veramente
è celebra la sua liberazione nell’illusione» . Dunque, solo nell’atto della creazione, l’in-
48
dividuo, ombra vana, che transita fugace sulla terra, può far esperienza dell’essenza eterna
dell’arte.
La creazione artistica, che trova nella tragedia attica la sua manifestazione più
compiuta, assurge, così, nell’opera nietzschiana, a salvatrice di un’umanità infidamente
insidiata dalle parole di Sileno, che recano in sé il germe del nichilismo.
Ed è proprio lo spirito negatore che anima il satiro a rischiare di affermarsi nel momento
in cui la tragedia greca muore suicida. Infatti, proseguendo con il resoconto della storia
49
della tragedia attica - filologicamente arbitrario, secondo tanta parte degli accademici a
Nietzsche contemporanei - il filosofo di Röcken individua in Euripide il responsabile
50
del declino dello spirito tragico.
Ultimo dei tragici – spiega Ferraris – Euripide trasforma il coro in una semplice
appendice del logos, in un elemento didascalico che con argomenti dialettici accompagna
lo svolgimento dell’azione ; le individualità, che in Eschilo e in Sofocle erano astratte e
simboliche, in quanto incarnazioni di potenze etiche superiori, divengono qui
45 F. N , Ecce homo, cit., p. 69.
IETZSCHE
46 Ivi, p. 54.
47 F. N , La nascita della tragedia dallo spirito della musica, cit., p. 9.
IETZSCHE
48 Ivi, p. 45.
49 Cfr. Ivi, pp. 75.
50 Cfr. M. F , Nietzsche e la filosofia del Novecento, cit. pp. 24-26.
ERRARIS 13
riproduzione naturalistica dei caratteri; il dialogo e l’ironia, che saranno poi lo stile della
commedia attica, acquisiscono per la prima volta un predominio incontrastato. 51
A ben vedere però, prosegue Nietzsche, «anche Euripide era in certo senso solo
maschera: la divinità che parlava per sua bocca non era Dioniso e neanche Apollo, bensì
un demone di recentissima nascita, chiamato Socrate» . Compare qui, per la prima volta,
52
limpida, spietata, la critica nietzschiana all’ottimismo razionalista socratico che infonde
nell’uomo l’illusoria convinzione di poter comprendere il mondo e l’esperienza umana
nella loro integrità. L’uomo teoretico, figlio del razionalismo insegnato da Socrate, rap-
presenta «l’antitesi e la degradazione dell’uomo tragico e dell’artista in generale» , se-
53
guace di Dioniso. Infatti,
mentre quest’ultimo mira a una pienezza d’esistenza, che è anche riconoscimento
dell’orrore dionisiaco del mondo, e al più (nell’apollineo) si tutela attraverso un mondo
di sogno simbolico – l’uomo teoretico, anche a prezzo della propria vita, “gode e si ap-
paga nel togliere il velo e trova il suo supremo fine e piacere nel processo di un disvela-
mento sempre felice, che riesce per forza propria” .
54 55
Sotto l’influsso del demone socratico, l’uomo prende le distanze dal suo istinto
originario e vitale che è intrinsecamente creativo e affermativo, finendo, in tal modo,
56
per rinnegare la propria natura costitutivamente artistica e violare l’essenza dei due Kun-
striebe: nello schematismo logico si assiste, difatti, ad una cristallizzazione della tendenza
apollinea e ad «una traduzione del dionisiaco nella passione naturalistica» .
57
Tuttavia, sostiene Nietzsche, il socratismo, che vive di una tensione continua verso
la comprensione razionale del mondo, finisce per scontrarsi con i propri limiti strutturali,
con quella sua conclusiva insufficienza, di cui Schopenhauer e Kant si fanno immancabili
portavoce. Ma, se è vero, come insegna Hölderlin, che «là dove cresce il pericolo, cresce
58
anche ciò che salva», sarà, dunque, nel momento della crisi finale dell’ottimismo
51 Ivi, p. 21.
52 F. N , La nascita della tragedia dallo spirito della musica, cit., p. 83.
IETZSCHE
53 M. F , Nietzsche e la filosofia del Novecento, cit. p. 23.
ERRARIS
54 F. N , La nascita della tragedia dallo spirito della musica, cit., p. 100.
IETZSCHE
55 M. F , Nietzsche e la filosofia del Novecento, cit., p. 23.
ERRARIS
56 Cfr. F. N , La nascita della tragedia dallo spirito della musica, cit., p. 91.
IE
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