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In uno Stato in cui l’industrializzazione procede rapidamente ed in cui si sente in
maniera drammatica la mancanza di operai specializzati, le scuole tecniche e
professionali sono considerate come delle cenerentole, a tutto vantaggio
dell’istruzione classica liceale, di stampo umanistico, che apre le porte dell’università
e rappresenta per la società borghese liberale l’unico percorso attraverso cui si forma
la classe dirigente. L’art. 188 della legge stabilisce che “l’istruzione secondaria ha per
fine di ammaestrare i giovani in quegli studi mediante i quali si acquista una cultura
letteraria e filosofica che apre l’adito agli studi speciali che menano al conseguimento
dei gradi accademici dell’Università”.
La legge Casati rappresenta, tuttavia, uno strumento di estrema importanza ed
interesse per la vita del nuovo Stato e in “essa può essere rilevato lo sforzo di
mediazione da parte della cultura piemontese per attutire, da un lato, le manovre delle
forze conservatrici del Paese e , dall’altro, per moderare quelle più avanzate. Ancora
una volta il partito piemontese o della moderazione aveva organizzata
produttivamente la sua influenza per estendere alle regioni […] le direttive culturali
in campo educativo e scolastico. “ 62
Il raggiungimento dell’Unità si rivelò quindi un compito abbastanza arduo per i
legislatori del regno costituente, perché numerose furono le contraddizioni nonché le
difficoltà che un paese sostanzialmente rurale, quale l’Italia, dovette affrontare
all’alba dell’unità. Alla luce di queste considerazioni - sentenzia lo storico Giuseppe
Ricuperati – oggi l’unico modo per parlare della Casati non consiste nel vederla
articolo per articolo, ma di coglierla nel suo essere un’ossatura resistente che si
sarebbe caricata sempre più di nuovi compiti, dall’educazione femminile,
all’allargamento dell’istruzione professionale, a quella tecnica, a quella universitaria,
mondi tra loro differenziati e difficili da amalgamare. 63
I.3 Giovanni Gentile e “la più fascista delle riforme”
Il 6 maggio 1923 Giovanni Gentile , filosofo neo-idealista, ministro della
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Pubblica Istruzione dall'ottobre del 1922 al luglio del 1924, mise a punto una riforma
della scuola che si pone come continuità con la legge Casati.
62 SARRACINO, op. cit, p. 25.
63 RICUPERATI G., Storia della scuola in Italia. Dall’unità ad oggi, Editrice La Scuola, 2015, p. 18.
64 Giovanni Gentile (Castelvetrano, 29 maggio 1875 - Firenze, 15 aprile 1944) figlio di Giovanni Gentile senior,
farmacista, e Teresa Curti, figlia di un notaio. Frequenta il ginnasio e il liceo classico "Ximenes" a Trapani. Vince il
concorso per quattro posti di interno della scuola normale superiore di Pisa, dove si iscrive alla facoltà di Lettere e
Filosofia. Dopo la laurea nel 1897 ed un corso di perfezionamento a Firenze, Gentile ottiene una cattedra in filosofia
presso il convitto nazionale Mario Pagano di Campobasso. Nel 1900 si sposta al liceo Vittorio Emanuele di Napoli. Nel
Dopo aver ricevuto la visita dell' on. Michele Bianchi segretario generale del Partito
Nazionale Fascista con una lettera indirizzata a Mussolini Gentile scrive:
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Mussolini , dal canto suo, appoggiò la riforma che egli stesso aveva definito “la più
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fascista delle riforme”, proprio perché rifletteva in toto quelle che erano le idee madri
della sua politica. Una riforma che avrebbe attuato una scrupolosa selezione degli
individui migliori destinati a occupare i posti più importanti nella gerarchia sociale e
1901 sposa Erminia Nudi, conosciuta a Campobasso: dal loro matrimonio nasceranno Teresa (1902), Federico (1904), i
gemelli Gaetano e Giovanni junior (1906), Benedetto (1908) e Fortunato (1910). Nel 1902 ottiene la libera docenza
in filosofia teoretica e l'anno successivo quella in pedagogia. Ottiene poi la cattedra universitaria, prima all'Università
degli Studi di Palermo(1906-1914, storia della filosofia), dove frequenta il circolo "Giuseppe Amato Pojero" e fonda nel
1907 con Giuseppe Lombardo Radice la rivista Nuovi Doveri. Poi all'università diPisa (fino al 1919, filosofia teoretica)
ed infine alla Sapienza di Roma (già dal 1917 professore ordinario di Storia della filosofia, e nel 1926 professore
ordinario di Filosofia teoretica). È stato professore ordinario di Storia della filosofia all'Università di Palermo (27 marzo
1910), professore ordinario di Filosofia teoretica all'Università di Pisa (9 agosto 1914), professore ordinario di Storia
della filosofia all'Università di Roma (11 novembre 1917), professore ordinario di Filosofia teoretica alla Università di
Roma (1926), commissario della scuola normale superiore di Pisa (1928-1932), direttore della Scuola Normale
superiore di Pisa (1932-1943) e vicepresidente dell'Università Bocconi di Milano (1934-1944). Durante gli studi
a Pisa incontra Benedetto Croce con cui intratterrà un carteggio continuo dal 1896 al 1923: argomenti trattati dapprima
la storia e la letteratura, poi la filosofia. Uniti dall'idealismo (su cui avevano comunque idee diverse), combattono
insieme la loro battaglia intellettuale contro il positivismo e le degenerazioni dell'università italiana. Insieme fondano
nel 1903 la rivista La Critica, per contribuire al rinnovamento della cultura italiana: Croce si occupa di letteratura e di
storia, Gentile, invece, si dedica alla storia della filosofia. In quegli anni Gentile non ha ancora sviluppato il proprio
sistema filosofico. L'attualismo avrà configurazione sistematica solo alle soglie della prima guerra mondiale.
Dal 1915 fu membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione, fino al 1919. All'inizio della prima guerra
mondiale, tra i dubbi della non belligeranza, Gentile si schiera a favore della guerra come conclusione
del Risorgimento italiano. Nel dopoguerra partecipa attivamente al dibattito politico e culturale. Nel 1919 è, insieme
a Luigi Einaudi e Gioacchino Volpe, tra i firmatari del manifesto del Gruppo Nazionale Liberale romano, che, insieme
ad altri gruppi nazionalisti e di ex combattenti forma l'Alleanza Nazionale per le elezioni politiche, il cui programma
politico prevede la rivendicazione di uno «Stato forte», anche se provvisto di larghe autonomie regionali e comunali,
capace di combattere la metastasi burocratica, i protezionismi, le aperture democratiche alla Nitti, rivelatosi «inetto a
tutelare i supremi interessi della Nazione, incapace di cogliere e tanto meno interpretare i sentimenti più schietti e
nobili». Nel 1920 fonda il Giornale critico della filosofia italiana. Sempre nel 1920 diviene consigliere comunale al
Municipio di Roma, mentre l'anno successivo viene nominato anche assessore supplente alla X Ripartizione, A.B.A.,
ovvero alle Antichità e alle belle Arti, sempre del Municipio di Roma [2]
. Nel 1922 diviene socio dell'Accademia dei
Lincei. Fino al 1922 Gentile non mostra particolare interesse nei confronti del fascismo. Il 31 ottobre, all'insediamento
del regime viene nominato da Mussolini ministro della Pubblica Istruzione (1922-1924, per dimissioni volontarie),
attuando nel 1923 la riforma Gentile, fortemente innovativa rispetto alla precedente riforma basata sulla legge Casati di
più di sessant'anni prima (1859). Il 5 novembre 1922 diviene senatore del Regno[3]. Nel 1923 Gentile si iscrive
al Partito Nazionale Fascista (PNF) con l'intento di fornire un programma ideologico e culturale. Dopo la crisi
Matteotti, date le dimissioni da ministro, Gentile viene chiamato a presiedere la Commissione dei Quindici per il
progetto di riforma dello Statuto Albertino (poi divenuta dei Diciotto per la riforma dell'ordinamento giuridico dello
Stato). Gentile resta fascista e nel 1925 pubblica il Manifesto degli intellettuali fascisti, in cui vede il fascismo come un
possibile motore della rigenerazione morale e religiosa degli italiani e tenta di collegarlo direttamente al Risorgimento.
Questo manifesto sancisce l'allontanamento definitivo di Gentile da Benedetto Croce, che gli risponde con un contro-
manifesto. Nel 1925 promuove la nascita dell'Istituto Nazionale di Cultura Fascista, di cui è presidente fino al 1937. Nel
1944 muore a Firenze, ucciso barbaramente dai partigiani antifascisti.
65 GENTILE G., La riforma della scuola in Italia, terza edizione rivista e accresciuta a cura di CAVALLERA H. A.,
Firenze, Le Lettere, 1989, pp. 94-95.
66 Benito Amilcare Andrea Mussolini (29 luglio 1883 Dovia di Predappio - 28 aprile 1945 Giulino di Mezzegra) figlio
di Rosa Maltoni, maestra elementare, e Alessandro Mussolini, fabbro ferraio. Dapprima studia nel collegio salesiano di
Faenza (1892-'93), poi presso il collegio Carducci di Forlimpopoli, conseguendo anch'egli il diploma di maestro
politica.
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La riforma consisteva in una serie di regi decreti che ridefinivano con coerenza e
rigore l’intero assetto dell’istruzione in tutti i suoi aspetti, secondo una visione
fortemente centralistica, gerarchica e autoritaria.
Gentile volle sviluppare un’idea di scuola severa, selettiva, destinata solo alle
élites e nel suo intento non si staccò molto dal sistema di Casati, ma lo rese più
elementare. Stimolato dal padre, esponente socialista, comincia la sua carriera politica appunto con l'iscrizione al Partito
Socialista Italiano (PSI). Per un breve periodo insegna presso Tolmezzo ed Oneglia (1908), dove tra l'altro collabora
attivamente al periodico socialista "La lima"; dopodiché, torna a Dovia. L'attività politica però continua incessante. Fra
l'altro, viene imprigionato per dodici giorni per aver sostenuto uno sciopero di braccianti. Ricopre quindi la carica di
segretario della Camera del Lavoro a Trento (1909) e dirige un'altro quotidiano: "L'avventura del lavoratore". Si scontra
presto con gli ambienti moderati e cattolici e, dopo sei mesi di frenetica attività propagandistica viene espulso dal
giornale tra le vibranti proteste dei socialisti trentini suscitando una vasta eco in tutta la sinistra italiana. Torna a Forlì
dove si unisce, senza vincoli matrimoniali né civili né religiosi, con Rachele Guidi, figlia della nuova compagna del
padre. Insieme ebbero cinque figli: Edda nel 1910, Vittorio nel 1925, Bruno nel 1918, Romano nel 1927 e Anna Maria
nel 1929. Nel 1915 sarebbe stato celebrato il matrimonio civile mentre nel 1925 quello religioso. Contemporaneamente
la dirigenza socialista forlivese gli offre la direzione del settimanale "Lotta di classe" e lo nomina proprio segretario. Al
termine del congresso socialista a Milano dell'ottobre 1910, ancora dominato dai riformisti, Mussolini pensa di scuotere
la minoranza massimalista, anche a rischio di spaccare il partito,