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CAPITOLO PRIMO
La cosiddetta questione delle due Cine: inquadramento
storico
1.1 La dittatura del dopoguerra
In genere, successivamente ad un conflitto civile si presenta uno dei seguenti
scenari: nel primo caso, il movimento insurrezionale, che si definisce come un gruppo
di persone che lottano per la presa del potere, può vincere e divenire governo legittimo,
sostituendo quello in carica sconfitto; nel secondo caso, invece, è il governo costituito a
trionfare e gli insorti cessano di esistere in quanto gruppo e tornano a essere un semplice
insieme di individui . Tuttavia, nel caso di Taiwan il dopoguerra è stato piuttosto
9
ambiguo, ed entrambi i soggetti in questione, RPC e ROC, hanno continuato a esistere,
governando ciascuno su una differente porzione di territorio: la RPC sulla Cina
continentale, la ROC sull’isola di Formosa.
Terminata la Seconda guerra mondiale e la guerra civile cinese, il Giappone rinunciò
a ogni diritto sull’isola, tramite il Trattato di Pace firmato nel 1951 ed entrato in vigore
10
l’anno dopo; tuttavia, questo non specificava quale entità avrebbe dovuto esercitare
sovranità sull’isola, che si trovò quindi con uno status indeterminato. Secondo una parte
della dottrina, la perdita di Taiwan da parte del Giappone, sancita dall’art.2 del Trattato,
avrebbe dovuto avere come logica conseguenza la restituzione dell’isola alla Cina, che vi
esercitava sovranità prima dell’invasione nipponica.
Il governo della RPC ha più volte sostenuto di aver riassunto sovranità su Taiwan nel
momento stesso in cui la RPC fu proclamata, evento che avrebbe condotto alla fine dello
status storico della ROC, in quanto entità sconfitta nel conflitto civile . Tuttavia, di fatto
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i nazionalisti in esilio si ritrovarono a gestire il governo sull’isola, osteggiati dalla RPC,
la quale nell’agosto del 1954 ordinò il bombardamento di Quemoy, esteso poi alle Isole
Dachen (entrambi territori governati dalla ROC) , dando via alla prima crisi dello Stretto.
12
T. GAZZINI, Statehood in troubled waters: The international status of the Republic of China and the
9
rules on the use of force, in Questions of International Law, pubblicato il 31 gennaio 2023, consultabile al
seguente sito web: http://www.qil-qdi.org/statehood-in-troubled-waters-the-international-status-of-the-
republic-of-china-and-the-rules-on-the-use-of-force/.
Trattato di San Francisco, op.cit., p.4.
10 L. LOVELACE, Is There a Question of Taiwan in International Law?, in Harvard Asia Quarterly,
11
pubblicato il 2 giugno 2000, consultabile al seguente sito web:
http://www.taiwandocuments.org/haq1.htm.
A. BULTRINI, op.cit., p.5.
12 7
In risposta, gli Stati Uniti (d’ora in avanti ‘USA’) iniziarono a supportare
militarmente il governo locale, col fine di evitare la riconquista da parte dei cinesi
continentali. Il 2 dicembre dello stesso anno, USA e Taiwan firmarono il “Trattato di
Mutua Difesa” , con il quale le due parti mutuamente s’impegnavano ad aiutarsi nello
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“sviluppo delle capacità individuali e collettive di resistenza ad attacchi armati e attività
sovversive comuniste diretti dall’esterno contro la loro integrità territoriale e stabilità
politica”. Nel marzo del 1955, dopo che le isole Dachen furono consegnate alla RPC ,
14
l’”esercito popolare di liberazione” cinese (d’ora in avanti ‘PLA’) cessò i bombardamenti
e la crisi terminò.
Trattato di Mutua Difesa tra Stati Uniti d’America e Repubblica di Cina, 2 dicembre 1954.
13 S. PELAGGI, “L’isola sospesa: Taiwan e gli equilibri del mondo”, 2022, Roma.
14 8
Una seconda crisi ebbe luogo appena tre anni dopo, quando ad agosto il PLA attaccò
Quemoy e le isole Matsu, in risposta ad un accordo (che non sarà mai implementato) tra
USA e Chiang Kai-shek, il quale prevedeva il dislocamento di armi nucleari sull’isola.
Gli scontri terminarono nel novembre dello stesso anno, quando gli americani scelsero di
interrompere di rifornire militarmente la ROC.
L’isola di Taiwan, quindi, si ritrovò a rappresentare la sede del governo in esilio del
GMD, partito nazionalista che ambiva a recuperare la sovranità sull’intera nazione cinese.
Il sistema a partito unico con legge marziale imposto dai governanti della ROC non fu
ben visto dai locali (che erano in gran parte cinesi emigrati dal Fujian sottoposti alle
tradizioni e alle regole giapponesi), i quali rappresentavano la maggioranza della
popolazione (circa l’85%, mentre i cinesi continentali, che governavano, erano il 15%).
La repressione del governo generò la nascita di numerosi movimenti sociali anti-GMD,
che nel 1986 diverranno un vero e proprio partito, ossia il Partito Democratico
Progressista, o “Minjindang” (DPP) .
15
1.2 La disputa con la Repubblica Popolare cinese: il seggio nelle Nazioni Unite
Nell’ottobre del 1945, prima della nascita della RPC, l’Organizzazione delle Nazioni
Unite (d’ora in avanti ‘NU’) fu fondata e la Cina entrò sin da subito a farne parte come
membro originario, con seggio permanente all’interno del Consiglio di sicurezza.
Chiaramente, fu l’allora governo legittimo, quello della ROC, a ottenere il seggio e a
rappresentare l’intera nazione. Tuttavia, la sconfitta del GMD nella guerra civile creò non
pochi problemi e una grande confusione. Non vi era dubbio che fosse il governo della
Repubblica Popolare ad essere il più rappresentativo dei cinesi, governandone
approssimativamente mezzo miliardo, molti di più dei circa 7 milioni che erano sotto
l’autorità della ROC. Ciononostante, il mancato riconoscimento del nuovo governo da
parte dei paesi occidentali, e soprattutto la paura che un alleato dell’Unione Sovietica
ottenesse un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle NU, portarono gli USA
e i suoi alleati a escludere la Cina comunista.
Già a partire dagli anni ’50, cioè appena dopo il cambio di regime avvenuto in Cina
a causa della guerra civile, l’Unione Sovietica aveva iniziato esplicitamente a invocare
una sostituzione dei rappresentanti del GMD con quelli del PCC . La questione
16
dell’ingresso dei rappresentanti della RPC nelle NU fu l’oggetto di una proposta avanzata
dai rappresentanti della Repubblica Popolare Socialista d’Albania. Prima di vedere nel
dettaglio la cosiddetta “risoluzione albanese” e tutta la vicenda che ne conseguì,
dobbiamo inevitabilmente specificare che il caso in esame è sempre stato non una
questione di appartenenza, ma solamente di rappresentanza. Ciò che s’intende dire è che
l’entità che sia il GMD che il PCC si proponevano di rappresentare era l’intera nazione
F. CONGIU; B. ONNIS, op.cit., p.4.
15 E.T-L. HUANG, Taiwan’s Status in a Changing World: United Nations Representation and
16
Membership for Taiwan, in Annual Survey of International & Comparative Law, 2003, vol.9, pp.55-100. 9
cinese, e non si discuteva (ancora) circa l’ingresso di una autonoma entità taiwanese.
Detto ciò, ne consegue che le due autorità politiche erano in conflitto circa chi dovesse
rappresentare la Cina all’interno dell’organizzazione, e cioè chi dovesse essere “portatore
di credenziali” . Le credenziali sono lo strumento che gli Stati utilizzano per accreditare
17
determinati individui del diritto di rappresentarli e di agire per loro conto nell’ambito di
una organizzazione (o conferenza) internazionale . Allo stesso tempo, anche
18
l’organizzazione in questione deve approvare le credenziali proposte dagli Stati. Nei casi
come quello analizzato, l’organizzazione gioca un ruolo essenziale, dato che essa deve
decidere quale delegazione debba rappresentare lo Stato . Nell’ambito delle NU, il corpo
19
diplomatico che rappresenta un paese è detto “portatore di credenziali” . Nel 1948
20
l’Assemblea generale emanò la risoluzione 257 (III) , la quale affermava che esse
21
dovevano essere rilasciate dal Capo dello Stato, o dal Capo del Governo, o dal Ministro
degli Affari Esteri del paese in questione, e trasmesse al Segretario Generale
dell’organizzazione.
Il 15 luglio 1971 il governo albanese (insieme ad altri 16 paesi) presentò nell’ambito
dell’Assemblea generale delle NU un progetto di risoluzione, che sarebbe poi passata alla
storia come “risoluzione albanese”, o Risoluzione 2758 (XXVI) , il quale richiedeva la
22
sostituzione dei rappresentanti della ROC con quelli della RPC all’interno delle NU.
Prima di venire approvata, essa fu oggetto di varie dispute e tentativi di modifiche.
Il 29 settembre gli USA, guidando un gruppo di 22 paesi, presentarono una bozza del
progetto albanese in cui, appellandosi all’art. 18 della Carta delle NU , si richiedeva che
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la decisione, per essere adottata, avrebbe dovuto essere approvata da una maggioranza di
due terzi, esattamente come imposto dall’articolo citato in casi di “estrema importanza”,
tra i quali ammissioni di nuovi membri, espulsioni di attuali membri, sospensione dei
diritti e privilegi di appartenenza, e altri ancora. La proposta statunitense fu contestata da
vari paesi, tra cui due membri permanenti del Consiglio di sicurezza, ossia Regno Unito
e Unione Sovietica. Secondo questi, la questione non rientrava in quelle elencate dall’art.
P. CHANG, K-U. LIM, Taiwan’s Case for United Nations Membership, in UCLA Journal of
17
International Law and Foreign Affairs, vol.1 (2), 1996, pp.393-430.
Explanatory note for national delegations – Submission of Credentials dell’Organizzazione
18
Internazionale del Lavoro, aprile 2023.
H.J. FELDMAN, Taiwan and the United Nations: Conflict between Domestic Policies and
19
International Objectives, 1995, Stanford.
J. SALMON, Credentials, in Max Planck Encyclopedias of Public International Law, pubblicato nel
20
novembre 2008, consultabile al seguente sito web:
https://opil.ouplaw.com/display/10.1093/law:epil/9780199231690/law-9780199231690-
e920?rskey=bySDJy&result=1&prd=OPIL.
Assemblea generale, Permanent Missions to the United Nations, A/RES/257 (III), 3 dicembre 1948.
21 Assemblea generale, Restoration of the lawful rigths of the People’s Republic of China in the United
22
Nations, A/RES/2758 (XXVI), 25 ottobre 1971.
Organizzazione delle Nazioni Unite, Charter of the United Nations, art. 18, 24 ottobre 1945, 1 UNTS
23
XVI. 10
18 dal momento che il progetto di risoluzione non riguardava né l’ammissione di un
nuovo membro, né l’espulsione di un membro attuale, bensì era meramente