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M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 40.
36 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 40.
37 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 40.
38 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 40.
39 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 44.
40 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 45.
41 Cfr. Senato della Repubblica, mozione sui prigionieri talebani a Guantanamo,
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http://www.parlamento.it/att/testi/1-00057.htm.
E. SCISO, op. cit., p. 113.
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condizioni per cui sono applicabili le garanzie connesse allo status di prigioniero di guerra. Impone
un obbligo generale di umanità, il divieto di atti crudeli, l’obbligo di informare i prigionieri dei
motivi dell’arresto, il diritto a essere giudicati da un tribunale imparziale e regolarmente costituito,
il godimento di particolari protezioni connesse al sesso e alle garanzie riguardanti l’azione penale .
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Se è vero che i militanti talebani non hanno un comandante responsabile e non portano segni
distintivi fissi e riconoscibili a distanza, vanno comunque riconosciute loro le garanzie minime di
umanità contenute nell’articolo 75 del I Protocollo del 1977.
Articolo 75, I Protocollo del 1977. 1. Quando si trovano in una delle situazioni indicate nell’articolo 1
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dei presente Protocollo, le persone che sono in potere di una Parte in conflitto e che non beneficiano di un
trattamento più favorevole in virtù delle Convenzioni e del presente Protocollo, saranno trattate con umanità
in ogni circostanza e beneficeranno, come minimo, delle protezioni previste nel presente articolo, senza
alcuna distinzione di carattere sfavorevole fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione o la
credenza, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, il censo, la nascita o altra
condizione, oppure qualsiasi altro criterio analogo. Ciascuna Parte rispetterà la persona, l’onore, le
convinzioni e le pratiche religiose di tutte le dette persone.
2. 2. Sono e resteranno proibiti in ogni tempo e in ogni luogo i seguenti atti, siano essi commessi da agenti
civili o militari:
a) le violenze contro la vita, la salute e il benessere fisico o psichico delle persone, in particolare:
i) l’omicidio;
ii) la tortura sotto qualsiasi forma, sia essa fisica o psichica;
iii) le pene corporali; e
iv) le mutilazioni;
b) gli oltraggi alla dignità della persona, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti, la prostituzione
forzata ed ogni forma di offesa al pudore;
c) la cattura di ostaggi;
d) le pene collettive; e
e) la minaccia di commettere uno qualsiasi degli atti sopra citati.
1. 3. Ogni persona arrestata, detenuta o internata per atti connessi con il conflitto armato sarà informata senza
ritardo, in una lingua che essa comprende, dei motivi per cui dette misure sono state prese. Salvo il caso di
arresto o di detenzione per un reato, detta persona sarà liberata nei più brevi termini possibili e, comunque,
non
appena saranno venute meno le circostanze che avevano giustificato l’arresto, la detenzione o l’internamento.
2. 4. Nessuna condanna sarà pronunciata e nessuna pena sarà eseguita nei confronti di una persona
riconosciuta colpevole di un reato connesso con il conflitto armato, se non in virtù di una sentenza
pronunciata da un tribunale imparziale e regolarmente costituito, che si conformi ai principi generalmente
riconosciuti di una procedura regolare comprendente le seguenti garanzie:
a) le norme di procedura disporranno che l’imputato deve essere informato senza indugio dei particolari del
reato a lui addebitato, e assicureranno all’imputato stesso, prima o durante il processo, tutti i diritti e mezzi
necessari alla sua difesa;
b) nessuno potrà essere condannato per un reato se non in base ad una responsabilità penale individuale;
c) nessuno potrà essere accusato o condannato per azioni od omissioni che non costituivano reato secondo il
diritto nazionale o internazionale a lui applica-bile al momento della loro commissione. Non potrà, del pari,
essere irrogata alcuna pena più grave di quella che era applicabile al momento della commissione del reato.
Se, dopo la commissione del reato, la legge prevede l’applicazione di una pena più lieve, il reo dovrà
beneficiarne;
d) ogni persona accusata di un reato si presumerà innocente fino a che la sua colpevolezza non sia stata
legalmente stabilita;
e) ogni persona accusata di un reato avrà diritto ad essere giudicata in sua presenza;
f) nessuno potrà venir costretto a testimoniare contro sé stesso o a confessarsi colpevole;
Attualmente, conosciamo i nomi di alcuni “enemy combatants”. A differenza di ciò che il
generale Miller sosteneva , molti di essi non sono stati catturati sui campi di battaglia. Sayed
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Abassin , originario dell’Afghanistan, è rimasto prigioniero per oltre un anno, inizialmente in
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Afghanistan e poi a Guantanamo. Raccontò che nel 2002, mentre stava guidando il suo taxi, venne
fermato a un posto di blocco, per il fatto di essere stato pretestuosamente ritenuto colpevole per aver
fatto salire sul proprio mezzo «il cugino di un signore della guerra locale». Dopo essere stato
picchiato, venne mandato a Bagram (Afghanistan) in elicottero. Lì, venne interrogato più volte e
costretto a vivere in condizioni inumane . Poi fu mandato a Kandahar e quindi a Guantanamo, da
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cui fu liberato dopo la firma di una dichiarazione liberatoria .
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La storia di Bisher Al Rawi e di Jamil Al Banna è simile a quella di Abassin . Il primo è un
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iracheno, mentre il secondo è proveniente dalla Giordania. Entrambi risiedevano nel Regno Unito.
Furono arrestati in Gambia nel 2002, appena scesi da un aereo di linea che era partito
g) ogni persona accusata di un reato avrà diritto di interrogare o di fare interrogare i testimoni a carico, e di
ottenere la comparizione e l’interrogatorio dei testimoni a discarico alle stesse condizioni dei testimoni a
carico;
h) nessuno potrà essere processato né punito dalla stessa Parte per un reato che abbia già fatto oggetto di un
giudizio definitivo di assoluzione o di condanna reso conformemente allo stesso diritto e alla stessa
procedura giudiziaria;
i) ogni persona processata per un reato ha diritto a che la sentenza sia pronunciata pubblicamente;
j) ogni persona condannata sarà informata, al momento della condanna, del suo diritto a ricorrere per via
giudiziaria o altra via, nonché dei termini per esercitare tale diritto.
1. 5. Le donne private della libertà per motivi connessi con il conflitto armato saranno custodite in locali
diversi da quelli degli uomini. Esse saranno poste sotto la sorveglianza immediata di donne. Tuttavia, se vi
sono famiglie detenute o internate, si dovrà preservare la loro unità, alloggiandole, per quanto possibile, in
uno stesso luogo.
2. 6. Le persone arrestate, detenute o internate per motivi connessi con il conflitto armato beneficeranno delle
protezioni concesse dal presente articolo fino alla loro liberazione definitiva, al loro rimpatrio o al loro
stabilimento, anche dopo la fine del conflitto armato.
3. 7. Affinché non sussista alcun dubbio circa l’azione penale a carico delle persone accusate di crimini di
guerra o di crimini contro l’umanità, saranno applicati i seguenti principi:
a) le persone accusate di tali crimini dovrebbero essere processate e giudicate conformemente alle regole del
diritto internazionale applicabile;
b) ogni persona che non beneficia di un trattamento più favorevole in virtù delle Convenzioni o del presente
Protocollo, dovrà ottenere il trattamento previsto nel presente articolo, indipendentemente dal fatto che i
crimini di cui è accusata costituiscono o no infrazioni gravi alle Convenzioni o al presente Protocollo.
8. Nessuna disposizione del presente articolo potrà essere interpretata nel senso di limitare o ledere ogni altra
disposizione più favorevole che accordi, in virtù delle regole del diritto internazionale applicabile, una
maggiore protezione alle persone comprese nel paragrafo 1.
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Cfr. nota .
45 Di lui ci parla C. BONINI, op. cit., p. 74-76.
46 Abassin dichiarava: «Nella base di Bagram ho trascorso la prima settimana in manette e con le caviglie
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incatenate. Ero in una stanza illuminata ventiquattr’ore al giorno e ogni volta che per lo sfinimento prendevo
sonno venivo svegliato dalle urla delle guardie. Sono stato interrogato sei o sette volte. Il cibo era poco e non
avevo il permesso di parlare con nessuno. Tanto più con chi divideva la prigione con me. Spesso mi
costringevano a rimanere inginocchiato e in silenzio per ore».
dall’Inghilterra. Vennero interrogati fino all’inizio del 2003 e furono trasferiti a Bagram, prima di
essere inviati a Guantanamo. La stessa sorte accadde a «sei uomini catturati il 18 gennaio 2002 in
Bosnia Erzegovina: gli algerini Bansayah Belkacem, Lahmar Saber, Mustafa Ait Idir, Hadj
Boudella, Lakhdar Boumediene e Mohamed Nechle» .
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John Walker Lindh , il cosiddetto “Talebano americano”, fu catturato in Afghanistan
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durante un conflitto. Fu torturato e spedito in America con l’accusa di aver commesso reati gravi
(«omicidio di soldati americani e appoggio di un regime terrorista fuorilegge» ) e reati minori
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(«violazione dell’embargo e porto d’armi illecito» ), per i quali fu costretto a patteggiare,
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riconoscendo la propria colpevolezza. Paradossalmente, non fu accusato di essere un nemico
combattente. «È possibile che il governo lo abbia minacciato, se non si fosse dichiarato colpevole,
di classificarlo semplicemente come combattente nemico, negandogli un processo e tenendolo in
carcere in eterno» , come accadde «a un gruppo di giovani arrestati a Buffalo (New York) come
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presunti cospiratori appartenenti a una “cellula terroristica latente”» , che si dichiararono colpevoli,
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dietro la stessa minaccia.
Yaser Esam Hamdi fu catturato durante uno scontro armato in Afghanistan. Per lui,
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cittadino americano, il destino riservò la possibilità di presentarsi in aula, dove gli Stati Uniti
ammisero «di averlo catturato in battaglia e classificato come nemico combattente» , anziché
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trattarlo come Lindh, come, del resto, egli stesso si aspettava. Non gli diedero nemmeno un
avvocato per aiutarlo a contestare la detenzione, basata soltanto su un affidavit del governo.
Racconta ancora Abassin: «Durante il viaggio venni incappucciato con una busta nera fissata con del
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nastro adesivo che mi era stato girato intorno al collo. Mi avevano anche messo delle cuffie per non sentire.
E una volta a Kandahar le cose peggiorarono ancora. In quella base era vietato guardare negli o