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Estratto del documento

University of California Press, 1988, pp. 98-99.

15

criminalità, l’abitare in zone della città considerate non sicure, o

l’effettuare spese sospette rispetto al proprio stile di vita,

determinano un sospetto a priori su gruppi di cittadini. Sarà

proprio questo sospetto categoriale, quindi, a determinare su chi

indirizzare la ricerca di un colpevole, o in che direzione svolgere

le indagini del crimine. 29

Ciò che c’è di inquietante – è abbastanza ovvio – è che puntando

su questo sistema ciò che ha davvero valore non è la persona in

sé, ma i suoi dati, le informazioni che vengono raccolte su di

lui/lei. Con una sorveglianza che determina una previsione su ciò

che probabilmente farai, e una conseguente classifcazione, ci si

doppio elettronico

affida più al della persona, che alla persona

stessa. Di conseguenza, i principali oggetti al centro

dell’attenzione dei sistemi di sorveglianza non sono le persone in

carne ed ossa, bensì i dati che li riguardano: ecco che, in un

attimo, la Precrimine di Minority Report (romanzo di Philip K. Dick

del 1987, poi flm diretto da Steven Spielberg nel 2002), non ci

sembra più tanto fantascienza.

La sicurezza, proprio come nel romanzo di Dick, è un’attività

orientata al futuro, e si serve della sorveglianza per cercare di

controllare ciò che accadrà. In tal modo, la sorveglianza è

un’attività che opera non solo a distanza spaziale, ma persino a

distanza temporale. 30

Questo suscita non poche perplessità. Quando si discute sul

futuro, abbiamo davvero la capacità, in termini di conoscenza, di

saper prevedere il comportamento futuro degli esseri umani? Se

ascoltassimo coloro che credono che la sicurezza debba basarsi

sulla sorveglianza, in un certo senso la risposta sarebbe sì. Il

professor Bigo riflette sul fatto che, anche se non abbiamo tre

Precog con poteri di precognizione – come in Minority Report –

ibidem

29 op. cit.

30 Zygmunt Bauman e David Lyon, p. XIV.

16

l’idea su cui gli “esperti di sicurezza” si basano è che, attraverso

la tecnologia, ci forniremo una conoscenza sufficientemente

“to tame

coerente da darci elementi (domare, addomesticare)

the future”, “to trasform the future into a perfect future, the

future perfect”.

31

1.3. Il ruolo dei cittadini nella società del controllo

Nei due paragraf precedenti, abbiamo esaminato prima l’aspetto

che assume la sorveglianza contemporanea – da solida a liquida

– e poi le sue funzioni di previsione e classifcazione

comportamentale. nostro

Ora la domanda da porsi è: qual è il ruolo in tutto questo?

Come si comportano i sorvegliati, sapendo di vivere in una

società del controllo?

La linea di pensiero di questo lavoro pone senz’altro la questione

della sorveglianza sotto una luce indagatrice, che possa spingerci

a renderci più consapevoli, e a fdarci di meno di tante cose che

crediamo di conoscere; non si può nemmeno negare, però, che in

parte siamo perfettamente consapevoli delle informazioni

continue che rilasciamo su noi stessi, e spesso ci va bene così.

L’altro elemento da indagare, perciò, siamo noi cittadini.

Comprendere perché gli stessi componenti di una società, in

primis, si mettano in una condizione di così facile manipolazione,

è essenziale per comprendere tutto il fenomeno della

sorveglianza in sé.

«Colui che è sottoposto ad un campo di visibilità, e che lo sa,

prende a proprio conto le costruzioni del potere; le fa giocare

31 Dider Bigo, intervento al European Studies Centre, St. Antony’s College,

University of Oxford, 2011 (https://www.youtube.com/watch?

v=3Oq4GzP0bVU). Il professore qui usa un gioco di parole, perché in inglese il

future perfect è un tempo verbale che indica un’azione che in un dato

momento nel futuro, conosciuto, sarà già compiuta. Quindi si “proietta” nel

futuro. 17

spontaneamente su se-stesso; diviene il principio del proprio

assoggettamento». 32

Come mai inscriviamo in noi stessi il potere della sorveglianza?

Parte della risposta, l’abbiamo lasciata in sospeso nel paragrafo

precedente: la sicurezza si serve della sorveglianza per cercare di

controllare meglio la società, fno quasi a voler prevedere le

future cause di disordine. La “sicurezza” – o quella che qualcuno

con più potere di noi decide essere tale, direbbe Bigo – diventa

33

quindi un potente fattore motivante della sorveglianza, a cui si

chiede di proteggerci dai rischi della società, che Lyon defnisce

nebulosi informi ,

34

e per rimarcare quanto, ora più che mai,

viviamo in un mondo che sentiamo imprevedibile, caotico; un

mondo che vorremmo riuscire a controllare, per sentirci più al

sicuro.

Ecco che allora, in parte, la sorveglianza diventa fortemente

voluta anche da noi.

Il sociologo tedesco Ulrich Beck ha chiamato questa situazione

società del rischio 35 , descrivendo la società contemporanea come

caratterizzata dal problema dell’insicurezza e della diffusione

della paura, per cui il bisogno di sentirsi più sicuri diventa il

valore sociale più importante, che supera persino quello della

libertà e dell’uguaglianza. Uno spartiacque, a questo proposito, è

stato sicuramente l’attentato dell’11 settembre, che ha portato

alla diffusione di forme di controllo molto più invasive, prima

ritenute non conciliabili con uno modo di vivere libero ed

autonomo, ma ora giustifcate dalla paura che possa accadere di

società del rischio,

nuovo un evento del genere. Nella ogni

Sorvegliare e punire. Nascita della prigione,

32 Michel Foucault, Torino,

Einaudi, 1976, p. 221.

ibidem

33 La società sorvegliata. Tecnologie di controllo della vita

34 David Lyon,

quotidiana, Milano, Feltrinelli, 2003, p. 89.

La società del rischio. Verso una seconda modernità,

35 Ulrich Beck, Roma,

Carocci Editore, 2000. 18

cittadino è un potenziale fattore di rischio, perciò la sorveglianza

è indispensabile.

C’è però un ulteriore ragionamento da fare, in parte anticipato

anch’esso, forse ancora più radicato nella nostra società. Se nel

Panopticon i detenuti sarebbero stati privati da ogni possibilità di

nascondersi dai sorveglianti, e sarebbero stati costretti ad una

condizione di continua visibilità, nella nostra società, al contrario,

l’esporsi al mondo – e quindi anche alla sorveglianza – è

diventato non solo un gesto spontaneo, ma quasi ricercato e

gratifcante. essere visti

Viviamo in un mondo dove signifca tutto. Signifca

dare valore a quello che siamo e a quello che facciamo. Siamo

felici di trasportare tutto ciò che è privato, nel pubblico; e anzi, se

non ci sentiamo guardati in tutto ciò che mostriamo, ci sentiamo

abbandonati e dimenticati.

I social network, un palcoscenico digitale esposto al mondo, sono

l’emblema di questo aspetto della nostra società.

A ciò si aggiunge il fatto, determinante, che viviamo in una

società del consumo, e più desideriamo partecipare attivamente,

più saremo soggetti a sorveglianza e manipolazione. È proprio il

mercato dei beni di consumo, infatti, a trarre più benefcio da

questa nuova società della sorveglianza, grazie alla quale il

marketing riesce a valutarci in base ai nostri precedenti

comportamenti, e saprà “indirizzarci” – per usare un eufemismo –

verso i nostri futuri acquisti. Il mercato dei beni di consumo,

come vedremo nel terzo capitolo, si basa fortemente su una

seduzione dei consumatori, che funziona proprio come risultato

di una sistematica sorveglianza su larga scala.

«La tentazione e la seduzione assumano le funzioni un tempo

svolte dalla regolazione normativa e alle funzioni di polizia che

19

generano inevitabilmente dissenso si sostituiscono l’educazione

e l’addestramento ai desideri». 36

Ecco allora una semplice verità: tutti vogliamo fortemente

sentirci parte della società. Vogliamo guardarci intorno e

riconoscerci negli standard che la società ci impone, vogliamo

adeguarci a ciò che vediamo intorno a noi, per non sentirci

differenti. Vogliamo sentirci importanti, considerati, guardati, e la

sorveglianza ci sembra un equo prezzo da pagare per questo. Ma

sarà proprio questa visibilità, questo essere esposti al mondo, a

diventare una trappola. Ed è una trappola che noi stessi aiutiamo

a costruire; perché la verità è che, seppur le tecniche di controllo

intelligenti,

e di sorveglianza siano ormai molto più sofsticate ed

molte delle informazioni personali tanto avidamente ricercate

dalle organizzazioni, vengono rese disponibili abitualmente e

volontariamente dalle persone stesse. Le forme di controllo

hanno oggi le caratteristiche tipiche dell’intrattenimento e del

consumo, e questo “nuovo potere”, come vedremo meglio più

avanti, si impegna affinché tutti siano fortemente motivati ad

esporsi volontariamente al suo sguardo, a cercarlo più che a

sottrarvisi. 37

2. Capitolo Due

2.1. Dataveillance

Andiamo a fare la spesa e paghiamo con la carta di credito;

usciamo con gli amici e usiamo Google Maps; ci servono

informazioni su un prodotto e lo cerchiamo su Amazon: tutte

azioni, come tantissime altre come loro, che facciamo

abitualmente e che ci semplifcano la vita. Azioni, una volta

op. cit.,

36 Zygmunt Bauman e David Lyon, p. 61.

MicroMega,

37 Carlo Formenti, “Felici e sorvegliati”, in Roma, marzo 2014.

20

pratiche e materiali, oggi dematerializzate, perché sostituite da

un’invisibile modulazione di onde radio. Con il passaggio dal web

1.0 (1995-2001) al web 2.0 (2002-2005) – il web delle reti -

questa dematerializzazione ha iniziato a toccare praticamente

ogni sfera della nostra vita. Le reti, sempre più sofsticate nel

trasporto di dati, hanno caratterizzato il passaggio dal sistema

full digital,

analogico/digitale al tutt’ora in corso. 38

«Queste potenzialità delle strumentazioni hanno aumentato le

capacità di trasmissione e immagazzinamento delle informazioni

creando i presupposti per una convergenza sempre più forte tra

le tecnologie dell’informazione e quelle relative alla

comunicazione». 39

Ciò di c

Dettagli
A.A. 2019-2020
52 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Elisabettabrozzi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguaggi e tecniche dei media digitali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università per stranieri di Perugia o del prof Catolfi Antonio.