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CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA ! 1
INTRODUZIONE
Il presente lavoro ha come oggetto l’analisi del fenomeno dei maggiori
rendimenti all’inizio del nuovo anno nei mercati finanziari globali: lo scopo è di
individuare le cause sorte nell’anno antecedente e le relative conseguenze prodotte sui
rendimenti dei tioli azionari.
Tra le cause individuate, si cercherà di capire se esse possano essere considerate
unicamente riferibili a un mercato oppure se siano condizioni generatrici
universalmente rilevabili.
S’inizierà ad analizzare la “tax loss selling” e il cosiddetto effetto “parking the
proceeds” nel mercato azionario statunitense.
Per quanto riguarda la prima s’intende un’operazione effettuata, tramite la vendita di
titoli, al fine di generare, volontariamente, delle perdite per ridurre il carico fiscale. Il
riferimento per questa pratica è il mercato statunitense, la cui tassa sul guadagno
capitale è saldata alla fine dell’anno fiscale che termina, in concomitanza, con quello
solare. È necessario allora capire se la manifestazione dei rendimenti maggiori, dopo la
fine dell’anno fiscale e solare, sia una coincidenza oppure se sussista una correlazione
tra i due elementi. Con il secondo effetto, invece, s’intende la decisione di detenere, se
generati, i possibili ricavi dalla vendita dei titoli per l’operazione precedente al fine di
acquistare nuovi titoli, o i medesimi, nell’anno successivo.
Nella seconda parte si analizzerà il mercato azionario canadese: la decisione di
questo non è casuale, infatti, il Canada ha introdotto tale tassazione sui ricavi più
recentemente permettendo così un confronto, dei medesimi titoli, prima e dopo la
suddetta tassa. In questo modo sarà possibile verificare se l’effetto di questa possa
influenzare effettivamente i rendimenti e capire se sia la causa generante.
Nella terza sezione, infine, si analizzeranno i rendimenti dei mercati di diversi
Paesi Orientali. L’attenzione qui è posta su un duplice fattore causante: uno economico,
delineato dai bonus di fine anno, ovvero maggiorazioni sui redditi degli individui;
l’altro, invece, legato alla sfera psicologica ossia un maggiore ottimismo, che indotto
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dall’atmosfera delle festività, incrementa le migliori aspettative di guadagno degli
investitori.
È opportuno fare una precisazione su quale sia la tipologia d’investitore
considerata nell’indagine. Nei mercati finanziari attuano scelte numerosi operatori
distinguibili, essenzialmente, in professionali e non professionali. Con i primi si
definiscono istituzioni finanziarie che per loro “natura” operano nei mercati;
s’intendono coloro che agiscono con maggiore capacità ed efficienza nel realizzare
investimenti. Il secondo insieme è composto da tutti i piccoli investitori, come famiglie,
singoli risparmiatori o piccole imprese, le cui scelte possono essere maggiormente
suscettibili a fattori esterni ai mercati e che possano agire irrazionalmente rispetto agli
investitori istituzionali e dunque con un più alto margine di errore; nel corso dell’intera
analisi sarà sempre fatto riferimento ai piccoli investitori. La scelta di riferirsi solo a un
gruppo più ristretto e particolare di operatori, ma comunque numeroso nel suo insieme,
è fondamentale in quanto gli investitori non professionali sono più assoggettabili,
rispetto alle istituzioni, ad eventi estranei ai mercati finanziari. Questo fa si che le loro
scelte d’investimento possano mutare alla presenza di determinati fattori che possano
influire positivamente, o negativamente, sull’aspetto psicologico-decisionale. La
premessa appena citata è essenziale per la terza sezione nella quale, come detto in
precedenza, s’identificheranno cause non solo economiche.
L’obiettivo, dunque, sarà di verificare se le possibili ragioni sopraelencate
possano spiegare i maggiori rendimenti con l’inizio del nuovo anno e se tali cause
possano essere estese a più mercati o reputarle esclusive di alcuni.
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CAPITOLO 1
1. L’effetto dei rendimenti all’inizio del nuovo anno
Negli Stati Uniti, in un periodo compreso tra gli anni ’70 e ’80, diversi studi
compiuti da Rozeff e Kinney (1976) e Banz (1981) hanno evidenziato un andamento
“anomalo” dei titoli nel corso di fine e inizio anno manifestatosi, inoltre, costantemente
nel corso del tempo. Più precisamente si è osservato un innalzamento dei rendimenti dei
titoli sopra la media nel periodo successivo al primo giorno dell’anno. Si è esaminato,
inizialmente, nel New York Stock Exchange, un media mensile dei rendimenti pari al
3,48% nel mese di Gennaio rispetto a una media di 0,42% nel resto dell’anno.
Una prima spiegazione fu documentata da Rozeff e Kinney (1976) con il
“January effect”, ossia un aumento dei rendimenti nel mese di gennaio, che si è notato,
poi, manifestarsi in altri paesi. Il loro studio prevedeva di calcolare il rendimento di un
portafoglio di titoli utilizzando un indice che rendesse ogni titolo equamente ponderato
al suo interno. In questo modo, titoli diversi, nonostante abbiano caratteristiche
differenti che possano potenzialmente influenzare il rendimento complessivo del
portafoglio, hanno lo stesso peso all’interno del portafoglio stesso. Tuttavia usando un
indice ponderato che faccia si che ogni titolo, in base alle sue caratteristiche, influenzi
diversamente il rendimento complessivo del portafoglio, non ha portato ai medesimi
risultati. Il “January effect” è così escluso come possibile causa dei rendimenti
maggiorati nel primo mese del nuovo anno.
L’innalzamento dei rendimenti dei titoli all’inizio dell’anno fu studiato anche da
Banz (1981): egli notò che le piccole imprese ebbero solitamente maggiori rendimenti
in concomitanza con l’inizio dell’anno, portando così a pensare che fosse proprio la
caratteristica di “piccolezza” a generare rendimenti superiori alla media e a dar forma a
un effetto definito “di piccola impresa”. Dagli studi di Banz emerse che le piccole
imprese generavano un rendimento maggiorato del 6,72% rispetto alla media annuale di
altri titoli d’imprese di maggiori dimensioni; questo rendimento è dovuto a un premio,
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generalmente più alto, legato al maggior rischio caratterizzante le società minori
coniando così l’“effetto di piccola impresa”. A respingere il suddetto effetto fu la
dimostrazione che il bonus per il rischio era superiore solamente di 1,37% rispetto alla
media dei premi di altre piccole imprese escluse dall’analisi: il risultato di 1,37% venne
così escluso non essendo un valore particolarmente incisivo o comunque in grado di
caratterizzare i titoli analizzati da un maggiore rendimento.
Per comprendere più chiaramente il fenomeno è opportuno concentrarsi non solo
sul primo periodo dell’anno, ma anche sulla sua fine. Bisogna, allora, indagare cosa
succeda ai mercati, alle imprese o, in generale, alla mentalità degli investitori in
concomitanza con il termine dell’anno.
Un fatto che possa accordare i tre elementi appena citati, e che sia in grado di
spiegare i rendimenti maggiorati, è rappresentato dall’“insider trading”.
Con “insider trading” s’intende lo sfruttamento illegale d’informazioni private ai fini di
ottenere un vantaggio competitivo nei mercati finanziari, permettendo così decisioni
anticipate in termini d’investimento rispetto agli altri operatori. Ciò rende possibile
generare guadagni, o evitare perdite, conoscendo con preavviso eventi o informazioni
private che avrebbero la capacità di influenzare la quotazione. Questi episodi
avvengono in maggior misura in concomitanza con la fine dell’anno questo poiché esso
rappresenta, contemporaneamente, il periodo di “chiusura” del bilancio d’esercizio e
fornisce la possibilità, ad alcuni operatori, di ottenere informazioni utili riguardanti la
società quotata. Gli investitori, per contrastare questi accadimenti a loro discapito,
richiedono un maggiore rendimento dai titoli per tutelarsi da squilibri di efficienza del
mercato. Questa soluzione, però, potrebbe essere sufficiente se consideriamo una
singola società in cui si siano già verificati fenomeni di “insider trading”. Da un altro
punto di vista la possibilità che i soggetti appartenenti alla moltitudine di società
considerate ricorrano a tale pratica illecita, al fine di procurarsi un privilegio
competitivo nei mercati, rappresenterebbe una circostanza fittizia.
Un secondo elemento che congiunga rendimenti e comportamento degli
investitori scaturisce dalla tassazione: l’imposizione fiscale è sicuramente una
componente che influisce sulle decisioni di consumo e quindi anche d’investimento. Per
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cercare di ridurre le spese imposte, gli operatori, vendono i titoli che possono portare a
rendimenti inferiori, o perdite, al fine di avere un vantaggio fiscale tramite la detrazione:
tale operazione è definita “tax loss selling”. Le disponibilità economiche, incrementate
dalle vendite dei tioli nell’anno antecedente, permettono agli investitori di avere a
disposizione maggior denaro da investire. La conservazione di quanto ricavato prende il
nome di “parking the proceeds” (parcheggio dei ricavi): questa teoria, rafforzata dalla
“tax loss selling”, rappresenta il prodromo del fenomeno dei rendimenti maggiori
all’inizio dell’anno.
1.2 L’ipotesi “Parking the proceeds” spiega i maggiori rendimenti?
Questa ipotesi, strettamente collegata con la tax loss selling, può essere definita
come una conseguenza a quest’ultima operazione. La successiva analisi, infatti,
dimostrerà che il fenomeno, nel suo complesso, si origina prima del termine dell’anno e
non solo con il suo inizio.
Dando una definizione semplice, il “parcheggio dei ricavi” consiste nella
conservazione dei ricavi, derivanti dalla vendita dei titoli per la tax loss selling, al fine
di acquistare i medesimi nel mese successivo. Per spiegare questa ipotesi bisogna
soffermarsi su tre elementi fondamentali connessi al comportamento degli investitori,
alle loro scelte e gli effetti legati alle loro azioni di compra-vendita:
- Il portafoglio degli investitori deve essere composto da titoli a basso prezzo di
società con basso livello di capitale.
- La pressione di acquisto e di vendita dei piccoli titoli influenza il loro prezzo
- I ricavi ottenuti nel mese di dicembre per motivi fiscali non sono rivenduti
immediatamente sia