Non dimentichiamo anche altre grandi innovazioni apportate da Giuseppe Chiovenda,
e sussistenti ancora oggi nell’ordinamento nonostante i tentativi “iconoclasti”, come
per esempio l'attribuzione al giudice di forti poteri di direzione del processo e di ricerca
della verità, la semplificazione di formalità procedurali, l'accorpamento nello stesso
giudice delle funzioni di raccolta delle prove e di emissione della sentenza.
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Si tratta di argomenti che però non sono rilevanti in questa sede, ma si sappia solo che tutto
ciò ha avuto un impatto duraturo e perdurante nella codificazione e nell'interpretazione di
norme che regolano l'odierno processo civile, lasciando tutt’ora la sua impronta in esso. Ad
esempio negli anni 70 fu introdotta una nuova legislazione in materia di diritto del lavoro,
data la sempre maggiore lentezza dei meccanismi della giustizia civile ordinaria, riprendendo
le proposte di Giuseppe Chiovenda.
La presenza dei tre principi cardine che regolano l’udienza, li dobbiamo principalmente
all’opera di analisi ed esegesi di quest’ultimo, e non si dimentichi di come nell’evoluzione
del codice civile odierno ai suoi albori, ma anche nel corso dei decenni a seguire, questi
principi (soprattutto quello di oralità), abbiano avuto fondamentale importanza nel momento
della sua redazione originaria.
Anticipando ciò che leggeremo più avanti in queste pagine, nei tempi odierni l'oralità si trova
messa gravemente in discussione da elementi di disequilibrio introdotti dalla riforma Cartabia
in un ordinamento già per elezione, improntato idealmente all’oralità, provocando di
conseguenza problemi di coerenza interna che vedremo nel corso dell’analisi.
Tornando invece al principio di oralità, esso ha portato inevitabilmente nel processi civile forti
caratteristiche di pubblicità, contribuendo a trasformare il nostro paese da uno Stato
puramente liberale ad uno Stato assistenziale, infatti è oramai un concetto acquisito al
moderno diritto pubblico che lo Stato è interessato nel processo civile affinché la giustizia in
ogni lite sia la più pronta e la migliore possibile.
Il Principio d’oralità, da come si può intuire dal nome, privilegia il mezzo di comunicazione
orale rispetto a quello scritto, come tramite tra il giudice l’(organo giudicante) e le parti,
ovvero i soggetti, di cui il primo deve raccogliere e valutare le dichiarazioni, favorendo il
dialogo diretto fra essi, legandosi intrinsecamente alla fase dibattimentale.
Partendo dal termine più semplice e generalista di “oralità”, essa può definirsi come forma
verbale di comunicazione del pensiero che si esterna attraverso la pronuncia di parole
destinate ad essere udite, ciò che viene espresso oralmente può essere trasposto su
documentazione (per esempio verbali, dichiarazioni scritte o registrazioni), la quale però se
semplicemente letta o ascoltata, non assicura l’oralità nel suo pieno significato.
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L’Oralità a sua volta si fonde con i principi di concentrazione e immediatezza, facendo in
modo che il procedimento si concluda in tempi brevi.
L’art. 180 c.p.c. che riguarda la forma della trattazione della causa stabilisce che
(normalmente) la discussione in udienza venga svolta in forma prevalentemente orale, perché
questa costituisce la normale modalità di trattazione della causa a cui segue la redazione del
processo verbale.
La norma intende rafforzare l’immediatezza della formazione del convincimento del giudice,
consentendogli di entrare in contatto diretto con le argomentazioni delle parti, le dichiarazioni
dei testimoni e con ogni altro mezzo di prova che si presta all’esposizione orale.
La presente norma si preoccupa soltanto di riaffermare il principio dell’oralità della
trattazione, ribadendo la necessità che dell’udienza venga redatto il processo verbale.
Abbiamo dinnanzi a noi un’applicazione del generale principio di oralità, in base al quale le
questioni prospettate dalle parti dovrebbero essere di preferenza discusse e risolte in udienza,
e al giudice è sempre concessa la possibilità di riservarsi per la decisione.
3. L’ oralità e la scrittura a confronto
Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, il principio dell’oralità non presuppone
un’esclusione della scrittura dal processo, anche perché essa è un elemento inevitabile e
perfezionativo dell’espressione del pensiero “a voce”, quindi la scrittura funge da
integrazione e non può non avere un ruolo fondamentale nel processo, come lo ha in tutti gli
altri ambiti della vita, quindi anche nel processo civile la scrittura viene ridimensionata a
seconda dell’utile effettivo che possa dare al giudizio.
Mi spiego meglio: l'oralità si applica a determinati tipi di attività che vi si prestino per loro
stessa natura, per esempio si pensi ai casi in cui bisogni valutare l’attendibilità delle
dichiarazioni (ad esempio rilasciate da periti, teste o parti), qui il contatto diretto e personale
di essi, con il giudice, pone quest’ultimo nella condizione di poter meglio apprezzare la
deposizione.
L’oralità ha anche altri vantaggi come per esempio la maggior rapidità, la maggior facilità di
intendersi reciprocamente, la selezione che la difesa parlata opera naturalmente nelle ragioni
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ed argomentazioni, favorisce la genuinità dell'impressione di chi ascolta, d’altronde il
dibattito orale ha grandissima importanza nei rapporti pubblici e privati della vita moderna.
Se invece volessimo andare più nello specifico, tra questi potremmo annoverare anche
l’eliminazione di atti e burocrazia eccessivi e a volte anche inutili, nonché il merito di
permettere al giudice il risparmio di attività semplicemente redazionali.
Infine, può essere la semplicità del giudizio di diritto a spingere il giudice a scegliere il
modello della trattazione orale (ad esempio, quando il giudizio può essere deciso risolvendo
le questioni di diritto secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione).
Cercando di capire la prospettiva del legislatore, tanto criticato, analizzeremo le presunte
problematiche del processo orale provando a metterci nella sua prospettiva.
Innanzitutto non possiamo non riconoscere che con l’introduzione del 127-ter egli avesse
preso in considerazione la doppia funzione strutturale apportata dalla scrittura nel processo
orale, solo che però non è riuscita a bilanciarla correttamente col principio di oralità, e di
conseguenza anche con il contraddittorio.
Innanzitutto la scrittura è fondamentale per la trattazione della causa, si pensi agli atti
processuali stessi, non a caso la prima scrittura preparatoria è quella che contiene la domanda
giudiziale, e questa deve indicare gli elementi della domanda e i mezzi di prova in modo tanto
preciso e determinato da permettere al convenuto di difendersi, diversamente, la domanda
sarà dichiarata improcedibile.
Al tema degli atti processuali si collega quasi automaticamente il secondo ruolo fondamentale
rivestito dalla scrittura nel processo orale, ed è quello di “documentazione" di ciò che ha
importanza per la causa, in particolare di quello che avviene durante l'udienza.
Di conseguenza il legislatore ha voluto invertire la rotta dell’oralità come “forma generale”
dell’udienza, per far posto alla scrittura in quanto comprovato cardine portante del processo.
Storicamente si è rilevato come in ogni paese la proposta d'introdurre l'oralità nel processo
civile abbia sollevato una serie d'obbiezioni, che l'esperienza ha poi dimostrato infondate.
Si è temuto anzitutto che la cognizione nel processo orale divenisse più superficiale vantando
l'abbondanza di garanzia che presentano le scritture dal punto di vista della maggior
ponderazione con cui possono esser esaminate.
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In realtà sotto questi timori si nasconde soprattutto l'avversione per il nuovo e l'attaccamento
alle abitudini inveterate.
L'oralità se temperata dalle scritture che preparano il dibattimento, garantisce una giustizia
intrinsecamente migliore, perché rende il giudice partecipe della causa e gli permette di
gestirla meglio, evitando gli equivoci così frequenti nel processo scritto, in cui il giudice
apprende di solito l’esistenza di un processo nel momento in cui è chiamato a deciderlo.
L’oralità assicura la sincerità e la veridicità dei risultati dell’istruttoria, meglio di quanto
potrebbe fare la scrittura, che ha un’attitudine inevitabilmente burocratica, quindi l’oralità,
quando ben applicata, non estende affatto, ma anzi restringe il campo della discussione orale
propriamente detta, rendendo il dibattito più familiare, più semplice.
Il processo orale riduce di 2/3 almeno il numero degli atti giudiziali necessari in un processo
scritto, sia per la semplificazione degli atti stessi, che per la contrazione dei mezzi
istruttori, evitando la presenza in udienza d'un numero enorme di questioni alimentate dal
formalismo del processo scritto, colla conseguente diminuzione d'incidenti, d' impugnative e
di sentenze.
D’altra parte non bisogna credere che il processo orale sia una struttura fissa e immobile, da
doversi applicare fino all’estreme conseguenze logiche in ogni caso e per ogni controversia,
se l’oralità in talune sue applicazioni, dovesse produrre danni maggiori dei vantaggi, il
principio teorico deve essere sacrificato all’utilità pratica.
Vi sono processi in cui l'oralità apparirà applicata nella sua pienezza (e tali saranno per
eccellenza le cause in cui debba aver luogo l'interrogatorio delle parti e l'esame dei testimoni),
mentre in altri (come quelli fondati esclusivamente su prove documentali) essendo in minor
numero le attività processuali da concentrare all'udienza, minore apparirà l'importanza del
dibattimento.
La manifesta differenza tra i due tipi di processi consiste nel fatto che l'orale tende
necessariamente a restringersi in una o poche udienze vicine in cui tutte le attività processuali
abbiano svolgimento, mentre il processo scritto si diffonde in una serie indefinita di fasi e
termini.
Nel processo orale campeggia dunque l'udienza o dibattimento; alla chiusura del quale deve
seguire immediatamente la sentenza, solo nei casi più gravi potendo concedersi che sia
deliberata e pubblicata in un brevissimo termine successivo.
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La scrittura però si presta ad essere amata dal legislatore p
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Principio di domanda
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L'immediatezza ed il principio di immutabilità fisica del giudice
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Principio d'ìnerzia
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Primo principio della dinamica