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4 Stabilità
Uno degli aspetti più critici che impedisce alle PSC di entrare in commercio è la loro forte instabilità
che coinvolge specialmente la PSK ma anche i materiali di trasporto, ed è dovuta a molteplici cause
quali: umidità, alte temperature, raggi UV, interazione con l’atmosfera e instabilità intrinseca che
possono innescare problemi come instabilità di cristallizzazione, fotodegradazione, ossidazione del
layer organico e instabilità dell’elettrodo superiore[7]. Per competere con le altre tecnologie
fotovoltaiche, le PSC sono sottoposte a test sotto differenti condizioni di stress per poterne valutare
e migliorare la loro stabilità e garantendo un buon invecchiamento. Alcuni dei test più diffusi
riguardano l’esposizione a una luce simile a quella solare a 60°C o 85°C, cicli termici e di umidità
(misurata come umidità relativa RH), esposizione ai raggi UV o installazioni vere e proprie in condizioni
atmosferiche. I test dovrebbero avere una durata in genere di 1000 ore e affinché una cella possa
essere ritenuta competitiva deve avere una perdita di efficienza paragonabile alle celle con film sottile
(circa 10%) se non a quelle con silicio cristallino (circa 5%) [8].
4.1 Effetto dell’umidità
Uno dei problemi più critici legati alla stabilità della cella è senza dubbio la sua degradazione in
presenza di acqua. Come riportato nel lavoro di Frost et al.[9] si è osservato che l’acqua entrando nella
cella e infiltrandosi tra i vari strati di materiale, come schematizzato in Figura 4 arriva fino alla
perovskite dove inizia a reagire con essa dando luogo alla degradazione del film assorbente secondo
la reazione riportata nell’equazione in figura 5a [7].
Figura 4: a) Stadio iniziale prima della degradazione. b) Stadio avanzato dopo
l’infiltrazione dell’umidità[8]
Figura 1: Reazioni di degradazione che avvengono nel layer perovskitico [7]
È da sottolineare il fatto che tale reazione risulta in realtà reversibile. Tuttavia, può essere spostata
verso destra in presenza di ossigeno o radiazioni UV[10]. 10
Una forte decomposizione del film può essere notata anche a occhio nudo in quanto il film di PSK,
degradandosi passa dal suo caratteristico colore marrone scuro al tipico colore giallo del PbI [7].
2
4.1.1 Incapsulamento
Un metodo di barriera fisica molto utilizzato è quello dell’incapsulamento, dove esistono
principalmente due metodi, uno parziale e uno totale. Nel caso di incapsulamento parziale, come si
vede in Figura 6(a, b), nelle prime due la cella viene rivestita con uno o più layer di materiali metallici
(processo di laminazione) o polimerici idrofobi[11] che mantengono l’umidità e l’ossigeno lontani dagli
strati più interni[12].
Con questa tecnologia si deve però stare molto attenti nel depositare il film in modo molto aderente
senza lasciare pori o vuoti, evitando grosse infiltrazioni negli strati interni che ne accelererebbero la
degradazione, le due possibilità sono schematizzate in Figura 7. 11
Nel secondo caso, quello di incapsulamento totale rappresentato in Figura 6c, l’intera cella viene
inserita in un box di vetro trasparente alla radiazione visibile, ma che blocca invece i raggi UV che
degradano la cella[8].
Quest’ultima tecnologia sembra essere la più efficace nel mantenere la stabilità per un tempo
duraturo proprio perché riesce ad isolare al massimo la cella dall’atmosfera esterna, tuttavia a causa
della scatola in vetro la cella perde completamente la sua flessibilità[13].
4.2 Effetto dell’ossigeno
L'ossigeno gioca un ruolo molto importante nel processo di degradazione della cella. Per l’attuale
livello di conoscenza del meccanismo di degradazione pare che esso non dia inizio e non inneschi in
alcun modo la reazione di degradazione, tuttavia reagisce coi sottoprodotti, come mostrato nella
reazione in Figura5c e accelera di conseguenza la reazione primaria di degradazione con l’umidità in
Figura 5a Da come si nota dalle reazioni di decomposizione, l’ossigeno reagisce in soluzione acquosa
.
con l’HI consumandolo. Pertanto le prime 2 reazioni in Figura 5(a,b) vengono spostate molto a destra,
accelerando il processo di decomposizione dello strato perovskitico[7]. Si deve sottolineare il fatto
che, essendo l’ossigeno un gas presente nell’atmosfera, tutti i metodi di incapsulamento adottati per
limitare l’umidità sono utilizzati anche per eliminare l’ingresso di ossigeno nella cella[10].
4.3 Effetto della temperatura
Un altro aspetto critico riguarda la stabilità termica in quanto le celle saranno sottoposte a
temperature oltre le quali vi è il rischio avvengano dei cambiamenti di fase nella struttura della PSK,
che ne inficerebbero la funzionalità. Prendendo come esempio il MAPbI , si sa che esso presenta una
3
transizione di fase intorno a 55°C da tetragonale a cubica, ovvero una T di esercizio comune se
pensiamo che una cella alla T ambiente di 40°C sotto la luce diretta del sole può raggiungere gli 85°C
[8,14]. Inoltre, è presente un forte fenomeno di dissociazione a formare PbI , dovuto all’instabilità
2
interna della perovskite, inficiando il corretto funzionamento della cella. È stato osservato inoltre
come la struttura MAPbX abbia una conducibilità termica assai bassa, il che impedisce una rapida
3
dissipazione del calore, favorendo invece l’insorgere di stress termici eccessivi all’interno della cella[8].
Una soluzione è quindi quella di modificare i componenti della PSK. Per esempio, si è visto che
sostituendo FA (formamidina) al posto della maggior parte di MA, si ottiene una struttura reticolare
stabile fino a 220 °C [15].
Una soluzione che viene valutata per ridurre i problemi di instabilità è quella di usare materiali
ETM/HTM a base di carbonio come grafene o nanotubi, in virtù della loro alta stabilità termica e del
loro elevato coefficiente di conduzione termica, che dissipando maggiormente il calore riducono lo
stress termico presente nella PSK[8].
4.4 Effetto dei raggi UV
Così come per l’ossigeno la radiazione UV sembra giocare un ruolo decisivo solo nelle fasi successive
all’innesco delle reazioni di degradazione avvenute a causa dell’umidità.
Sicuramente uno dei metodi migliori per ovviare a questo problema è quello di applicare sulla cella
dei filtri protettivi che schermano solamente la porzione dei raggi UV[16] o che sono in grado di
convertire la radiazione UV nello spettro del visibile[17], in modo tale da ottenere una buona stabilità
senza diminuire troppo l’efficienza complessiva della cella. 12
4.5 La presenza di isteresi
Un ulteriore problema è la presenza di isteresi nella curva J-V modificando il voltaggio in due direzioni
opposte (da cortocircuito a circuito aperto e viceversa) come è possibile vedere nella Figura 8.
Le cause principali inizialmente individuate sono i fenomeni di trapping/detrapping di cariche e la
migrazione di ioni all’interno della cella, entrambi legati strettamente alle caratteristiche della PSK e
dei materiali di trasporto [14].
Il trapping/detrapping è correlato alla presenza nel materiale, di difetti energeticamente collocati
all’interno del band gap che agendo come siti trappola causano la ricombinazione delle cariche,
riducendo l’efficienza della cella. La quantità di questi difetti è in funzione del tipo e della qualità del
processo adottato per la formazione del film perovskitico. Tuttavia, si è visto che i tempi caratteristici
per la ricombinazione sono di diversi ordini di grandezza inferiori a quelli del fenomeno di isteresi,
indicando quindi che la causa principale dell’isteresi sia un’altra [14,18]. [19]
Figura 8: Esempio di curva J-V con presenza di isteresi. Le frecce indicano la direzione di scanning e la
piccola ellisse blu evidenzia uno shift laterale della curva[20]
4.5.1 Migrazione di ioni
Di recente i ricercatori sembrano esser giunti alla conclusione che tra tutte le cause che determinano
la presenza di isteresi, la migrazione ionica abbia un ruolo determinante, non solo sulle isteresi delle
curve J-V ma anche sulle proprietà emissive della cella e di stabilità a lungo termine.
Il principio alla base è che, sotto l’influenza di un campo elettrico esterno, gli ioni si mettano in
movimento verso i due lati opposti della cella alterandone sia il campo interno che l’interfaccia tra PSK
+
e materiali di trasporto. Nel caso di una cella a base di MAPbI le specie in grado di migrare sono MA
3
- +
e gli ioduri (I ), generate da difetti formatisi durante la lavorazione a basse T. Si esclude Pb per
l’eccessiva energia di attivazione rispetto ai due componenti precedenti, rendendo il suo effetto
trascurabile.
Il meccanismo di migrazione ionica consiste in “salti” degli ioni lungo siti adiacenti in cui sono presenti
+ -
vacanze. Per quanto riguarda gli ioni MA essi migrano lungo vacanze ad essi adiacenti mentre gli I
seguono un percorso ottaedrico nel piano Pb-I. Oltre ai salti lungo i difetti di punto altri percorsi di
migrazione possono essere distorsioni del reticolo o i bordi grano, in particolare quelli ove vi sia una
densità di difetti particolarmente alta. La Figura 9 offre una panoramica dei vari percorsi disponibili
alla migrazione ionica. 13
Un articolo di Xing et al. [22] ha gettato luce su diversi fattori che influenzano la migrazione di ioni.
Prima di tutto ha mostrato come i dispositivi con dimensioni dei grani maggiori presentino un’energia
di attivazione (E ) per il moto di ioni più elevata, rendendolo quindi più difficile. Inoltre, ha confermato
a
che la “frequenza di salto” (hopping rate) degli ioni segue una legge di tipo Arrenhius, ribadendo quindi
l’importanza di avere materiali in grado di scaldarsi il meno possibile. La ricerca del team ha infine
evidenziato come E sia influenzata anche dall’illuminazione, in quanto illuminando una cella di
a
MAPbI hanno osservato un calo sensibile di E implicando un aumento di difetti che facilitano la
3 a
migrazione ionica e la degradazione della cella.
4.5.2 Come eliminare l’isteresi?
Sono stati delineati tre criteri per evitare isteresi: ridurre la concentrazione di difetti, impedire il moto
degli ioni, migliorare il trasporto di carica alle interfacce.
Creare celle con film il più uniformi e compatti possibile e con grani più grandi è un accorgimento che
permette di migliorare tutti e tre questi aspetti. Inoltre, l’utilizzo di PCBM ([6,6]-phenyl-C61-butyric
acid methyl ester) come ETL ha mostrato anch’esso di condurre a celle prive di isteresi. Tramite
mantenimento term