La guerra, il terrorismo. La vita, la morte, il caso
Ma Oriana è nota anche e soprattutto come reporter di guerra, come prima donna andata al fronte a raccontare le atrocità di una guerra inutile. Dai suoi lunghissimi e dettagliatissimi resoconti di cronaca, sono nati diversi libri.Il primo è stato Niente e così sia del 1969, tradotto in undici Paesi.
Oriana, nel 1967, fu inviata dall'Europeo in Vietnam. In quell'occasione condanna la guerra, alla ricerca disperata di capire il vero significato della vita e della morte. La giornalista atterra a Saigon con l'interrogativo della sorellina Elisabetta che le chiede “La vita, cos'è?”. Quella città sembra appena essere uscita da una guerra, piuttosto che esserne un teatro. In quell'occasione Oriana conoscerà quello che si rivelerà il suo primo amore: il collega francese Francoise Pelou.Per la giornalista e per il suo collega fotografo, Moroldo, la guerra inizia da Dak To. Lì incontrano di tutto: imboscate, bombardamenti, attacchi incrociati, ma soprattutto tanta paura di morire. Dirà più avanti in un'intervista rilasciata a Lucia Annunziata e a Carlo Rossella per Panorama:
“Chi dice di non aver paura alla guerra o è un cretino o un bugiardo”.
E sarà proprio in quel contesto che scoprirà ed apprezzerà sempre di più il “miracolo d'esser nata”. Proprio perché sarà testimone di scontri atroci e di una violenza che travalica il confine etico, la Fallaci darà vita ad un reportage unico,che diventerà una sorta di romanzo. Infatti, oltre al resoconto dettagliato degli avvenimenti, inserirà un'analisi dell'animo umano, unendo il suo punto di vista alle tante esperienze che i soldati degli schieramenti opposti le raccontano. Farà ricorso anche a documenti dal valore inestimabile, come il diario straziante di un vietcong. Dovrà lasciare il Paeseil 19 dicembre di quello stesso anno; ma, a seguito dell'offensiva del Tet, vi ritornerà, dopo neanche due mesi passati a New York.
La guerra l'aveva in qualche modo anche stregata, e urgeva in lei la necessità di capire il comportamento umano. Così ritornerà in prima linea, una sfida a cui non rinuncerà per l'intera vita. Il titolo è la risposta che Oriana darà alla sorellina al rientro al fronte. Elisabetta le chiese prima di partire cos'era la vita. E Oriana le dette una risposta vaga. Ora, invece, si sente di darle una risposta più nutrita e qui di seguito riporto il dialogo conclusivo tra le due donne, con il quale termina il suo libro.
“Vieni qua, Elisabetta, sorellina mia. Un giorno mi chiedesti cos'è la vita: vuoi saperlo ancora?”
“Sì, la vita, cos'è?”
“E' una cosa da riempire bene, senza perdere tempo. Anche se a riempirla bene si rompe”
“E quando è rotta?”
“Non serve più a niente. Niente e così sia”.
Verso gli anni '90, Oriana tornerà a parlare della guerra e lo farà con un altro suo capolavoro: Insciallah. Questo volume verrà tradotto in ventidue Paesi.
Nella trama di un reportage che racconta della guerra in Libano, si nasconde un dubbio inquietante: che le dinamiche della guerra, dell'odio, degli attacchi terroristici, siano dominate soprattutto dalle strane logiche del caso. Il racconto si apre in una Beirut devastata e assediata da decine di cani affamati in cui un gruppo di soldati italiani aspetta che la situazione si faccia più calma, con la paura che le loro vite possono venir stroncate da un improvviso attacco kamikaze. Questi soldati hanno così tanta paura perché hanno visto morire intono a sé colleghi francesi e americani. Manca all'appello solo il contingente italiano. Quindi, nella loro mente, nasconotanti interrogativi. È giunto anche per loro il momento dell'attacco? Se sì, quando saranno presi di mira? Se invece sono stati risparmiati, quali sono le motivazioni? E quali, invece, le conseguenze pratiche? In un clima di profonda incertezza, in cui ogni attimo di sopravvivenza equivale al paradiso, ognuno sta con la propria storia, il proprio dialetto, tra loro provano anche a scherzare, a ricordare le gioie del passato ma, soprattutto, cercano una soluzione per uscire da quella situazione totalmente fuori dal loro controllo.
Nel tema della guerra e del terrorismo rientra anche la trilogia: La rabbia e l'orgoglio; La forza della ragione; Oriana Fallaci intervista se stessa.
Partiamo dal primo libro della trilogia: La rabbia e l'orgoglio, pubblicato a fine del 2001 e tradotto in sedici paesi. In Italia ebbe sin da subito un successo clamoroso, mentre nelle altre nazioni scatenò tante polemiche su cui ancora oggi l'opinione pubblica si trova divisa. Oriana, in quel periodo, si era ritirata a vita privata a Manhattan, a lottare contro il cancro, “L'Alieno”, come usava definirlo, ma soprattutto a scrivere in totale solitudine, come aveva sempre sognato. Ma trovarsi a New York proprio il giorno dell'attacco alle Torri Gemelle non la lasciò indifferente.Ne uscirà un pamphlet feroce, un attacco senza sconti al terrorismo islamico. L'articolo che apparirà sul Corriere della Sera il 29 settembre 2001 si apre con queste parole:
“Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico a cui non ci si può sottrarre”.
Questo articolo sarà poi ampliato tanto che due mesi dopo diventerà un “piccolo libro”, come lei osava chiamarlo, che vendette più di un milione di copie e scatenò infinite polemiche.
Partendo dall'attacco terroristico, la Fallaci parlerà della delicatissima questione del fondamentalismo religioso, delle profonde diversità che rendono inconciliabile la cultura orientale con quella occidentale. Il libro, come già detto, divise profondamente l'opinione pubblica: c'era chi considerò la Fallaci una profetessa, c'era chi, invece, vide nelle sue parole un'istigazione all'odio e alla xenofobia. L'unica cosa che unì i due schieramenti fu il concetto di immigrazione, ancora oggi un tema fondamentale nel dibattito pubblico, politico e mediatico internazionale.
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