Cognizione sociale
Quando parliamo di cognizione sociale ci riferiamo allo studio scientifico dei processi con cui le persone si procurano dati dall’ambiente, li comprendono, li conservano in memoria e li riprendono per capire se stesse e il mondo sociale che le circonda, al fine di organizzare i propri comportamenti.
Principi della cognizione sociale
I due principi base della cognizione sociale sono:
- Approccio olistico → L’individuo acquisisce conoscenza del mondo reale non attraverso la mera registrazione dei dati per mezzo dei processi sensoriali, ma attraverso l’immediata percezione delle relazioni che intercorrono tra i vari elementi dell’oggetto di conoscenza;
- Approccio cognitivo → L’individuo viene considerato attivo, in grado di elaborare le informazioni derivanti dal mondo reale in modo da indirizzare il proprio comportamento.
La cognizione sociale studia le dimensioni interne alla persona ed i processi mentali ad esse connessi. È quindi spiegata attraverso il modello di essere umano. Ogni modello coglie un aspetto del pensiero e del comportamento umano.
Modelli di cognizione sociale
Ricercatore di coerenza
È con Fritz Heider che, intorno agli anni Sessanta, si afferma l’idea dell’individuo come ricercatore di coerenza. Nello specifico, lo stato di incoerenza tra conoscenze, credenze e comportamenti costituisce una motivazione per ripristinare la coerenza. In questo contesto, viene dato uguale peso ai fattori cognitivi e ai fattori motivazionali. Il modello rappresentante il ricercatore di coerenza è quello della coerenza cognitiva di Festinger e Heider.
Scienziato ingenuo
Un altro importante modello è quello dello scienziato ingenuo, secondo cui, come uno scienziato, l’individuo raccoglie tutti i dati necessari alla conoscenza di un certo oggetto e giunge a conclusioni logiche. Egli attribuisce maggiore importanza ai fattori cognitivi rispetto ai fattori motivazionali. Il modello rappresentante lo scienziato ingenuo è quello della covariazione di Kelley.
Economizzatore di risorse
Si afferma inoltre l’idea di un individuo che si comporta, sul piano cognitivo, come economizzatore di risorse cognitive e che, a causa di una disponibilità limitata di risorse nell’elaborare le informazioni sociali, adotta strategie capaci di semplificare i termini dei problemi da affrontare, anche a rischio di esiti controproducenti. Taylor attribuisce maggiore importanza ai fattori cognitivi rispetto ai fattori motivazionali. Da questo modello sono esclusi sentimenti e motivazioni.
Tattico motivato
Kruglanski ci fornisce l’immagine di un soggetto che è tattico motivato: gli individui, infatti, possiedono molte strategie cognitive che utilizzano sulla base dei propri scopi, motivi e bisogni. Qui le motivazioni assumono nuovamente una parte importante. Secondo questo modello, inoltre, l’individuo utilizza due tipi di processi di conoscenza, a seconda degli scopi che persegue:
- Top-down → Gli stimoli nuovi vengono trattati facendo riferimento a informazioni già possedute.
- Bottom-up → Si basano sull’analisi dei dati della situazione in atto, raccolti tramite la percezione e l’attenzione consapevolmente orientata.
Motivazione vs emozione
Importante nel contesto della cognizione sociale è la distinzione tra motivazione ed emozione: con la motivazione arriviamo a comprendere il perché si attiva un determinato comportamento, mentre con l’emozione comprendiamo il come.
La teoria del campo di Kurt Lewin
La teoria del campo di Kurt Lewin è una teoria psicologica di matrice gestaltica che vuole dimostrare come l’idea che il comportamento umano possa essere interpretato come risposta personale ad uno stimolo è estremamente semplicistica e scorretta, in quanto non tiene conto di una serie di “variabili” che intervengono a motivare e a dirigere ciascun comportamento. L’obiettivo della teoria di campo di Kurt Lewin è proprio quello di correggere questo schema palesemente riduttivo.
Partiamo da un esempio: dinanzi ad un campo fiorito in una calda giornata d’estate, la reazione di una persona può essere del tutto diversa: può risvegliare un sentimento nostalgico, generare serenità e allegria, noia ed indifferenza, e molte altre molteplicità di risposte possibili, la cui diversa configurazione è legata ai fiori, ma dipende da tanti altri fattori interagenti, a volte indescrivibili e impercettibili, ma sicuramente molto rilevanti.
Per Lewin, la persona è un universo complesso ed aperto al mondo; mentre la molteplicità di evocazioni, di stimoli, di reazioni e di compensazioni personali, è ciò che K. Lewin chiama campo. Il campo è costituito da un insieme di forze, tensioni, relazioni e processi. Al centro del campo c’è la persona. Lewin prova a dare una rappresentazione simbolica della sua teoria, con la formula, diventata ormai celebre: C = f (P,A) dove (C) sta ad indicare i comportamenti, che sono funzione (f) degli spazi di vita a loro volta costituiti dalle persone (P) e dagli ambienti (A).
Schemi cognitivi
I processi cognitivi sono processi di tipo attivo e costruttivo nell’ambito dei quali hanno un ruolo importante gli schemi. Gli schemi sono esperienze conservate in memoria che guidano il recupero selettivo dell’informazione memorizzata, influenzano l’interpretazione dell’informazione recuperata e producono falsi ricordi. Pertanto, salvaguardano la continuità, perché permettono di collegare esperienze nuove a schemi preesistenti e limitano l’ambiguità che incontriamo con informazioni suscettibili di più interpretazioni. Taylor e Crocker, nel 1981, hanno individuato 4 tipi di schemi:
- Schemi di persona → Contengono le informazioni di cui ci si avvale per descrivere le persone in base ai tratti di personalità (cortese, prepotente, antipatico) o ad altre caratteristiche che le distinguono (studente di medicina).
- Schemi di sé → Contengono le informazioni relative a noi stessi. La descrizione di sé è inoltre organizzata intorno ad alcuni tratti centrali.
- Schemi di ruolo → Organizzano le conoscenze relative ai comportamenti attesi da una persona che occupa una determinata posizione nella struttura sociale. Esistono ruoli acquisiti tramite l’impegno (medico, professore) e ruoli ascritti, come il genere sessuale o la razza.
- Schemi di eventi → Includono conoscenze relative alle sequenze di azioni appropriate in un determinato contesto, comprese le aspettative sul modo in cui si comporteranno gli altri (le persone conoscono il “copione” di comportamento da seguire al ristorante ed hanno aspettative precise rispetto al comportamento del cameriere e alle regole da seguire).
Le euristiche
Il termine “euristiche”, che deriva da eureka, esclamazione di gioia attribuita ad Archimede, è stato introdotto da Daniel Kahneman e Amos Tversky nel 1973. Le euristiche sono scorciatoie di pensiero che consentono alle persone di pervenire rapidamente a giudizi sociali: consentono quindi un importante risparmio di tempo ed energie ma possono portare a decisioni sbagliate, incorrendo in bias o errori di giudizio. Vengono dunque considerate delle strategie cognitive semplificate, una sorta di forma di pensiero automatico.
Ne è un esempio perfetto il fatto di saper individuare un numero pari o dispari guardando solo l’ultima cifra a destra. In letteratura, sono individuate le seguenti strategie euristiche:
- Euristiche della rappresentatività → Vengono utilizzate per stimare la probabilità che una certa condizione appartenga ad una determinata persona o tipologia, o che un avvenimento si verifichi in corrispondenza di un’ipotesi. Nel primo caso il concetto di rappresentatività si riduce al concetto di somiglianza, mentre nel secondo si traduce in termini di causalità. Per illustrare il funzionamento dell'euristica della rappresentatività, Kahneman e Tversky hanno descritto un esperimento da loro realizzato. Un individuo di nome Steve viene descritto da un vecchio vicino di casa come una persona molto timida che tende a stare in disparte, che è sempre pronto ad aiutare gli altri, ma mostra scarso interesse per il mondo e per le persone che lo circondano. È tranquillo, remissivo e sente il bisogno di ordine e ha inoltre la passione per i dettagli. La domanda che viene posta è: come valuterà la gente la possibilità che egli faccia il cittadino, venditore, pilota di aerei, bibliotecario, o fisico? In che modo la gente stabilirà la probabilità, maggiore o minore, del lavoro di Steve tra le possibilità elencate? Il risultato, utilizzando l’euristica della rappresentatività, fu che la possibilità che Steve fosse un bibliotecario venne valutata, dai partecipanti dell’esperimento, come quella più probabile a causa del fatto che la descrizione di Steve lo rendeva rappresentativo dello stereotipo del bibliotecario.
- Euristiche della disponibilità → Vengono usate in quelle circostanze in cui gli individui valutano la frequenza o la probabilità di un evento sulla base della facilità con cui tale evento può essere richiamato alla mente e si presenta alla memoria. Laddove non si disponga di dati precisi, esse faranno riferimento alle conoscenze passate, ricercando in memoria elementi che possano essere di aiuto;
- Euristiche dell’ancoraggio e dell’aggiustamento → Vengono usate quando, dovendo dare dei giudizi in condizioni di incertezza, gli individui riducono l’ambiguità ancorandosi ad un punto di riferimento stabile, per poi operare degli aggiustamenti ed infine raggiungere una decisione finale. Si verifica quando formuliamo giudizi sul mondo;
- Euristiche della simulazione → Vengono usate quando si costruiscono scenari ipotetici relativi a come potrebbero evolversi o avrebbero potuto evolversi certi eventi: in questo senso, si può parlare di pensiero controfattuale (“cosa sarebbe potuto succedere se avessi...”) che ha importanti implicazioni per il giudizio sociale e le reazioni emotive ad eventi drammatici.
Processi automatici e controllati
L’essere umano, in quanto essere razionale dotato di cervello, mette in atto sempre due tipi di comportamento: nel primo, prevale l’emozione, mentre, nel secondo, prevale la ragione. Possiamo dunque distinguere tra processi cognitivi automatici, in cui prevale l’emozione, e processi cognitivi controllati, in cui prevale la ragione. I primi sono processi inconsapevoli, che si attivano cioè senza l’intenzione della persona, sfuggendo al suo controllo. Si tratta, inoltre, di processi mentali particolarmente efficienti. Per contro, i processi cognitivi controllati sono meno efficaci.
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