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VEDI L’ESPERIMENTO COMPLETO A PAGINA 3

Questo esperimento mostra perfettamente cosa succede a mettere brava gente in un

brutto posto. Persone normali e sane cominciano a comportarsi secondo i ruoli sociali

loro assegnati: quelle in posizione di potere faranno normalmente uso (e abuso) della

loro autorità; quelle in posizione subordinata si sottometteranno all’autorità. È il potere

delle situazioni sociali piuttosto che l’inclinazione degli individui, a indurre a

comportamenti malvagi.

Nello specifico, in un gruppo, il leader è quella persona che ha maggiore responsabilità,

maggiore iniziativa e maggior potere di influenza sugli altri membri. Poiché i processi

d’influenza sociale sono reciproci (il leader influenza, ma è anche influenzato dagli altri

partecipanti), si può affermare che il leader è la persona che può influenzare gli altri

membri di un gruppo più di quanto sia essa stessa influenzata.

Il leader permette al gruppo di funzionare in modo produttivo e gioca il ruolo più

importante nel dirigere le attività di gruppo, nel mantenimento delle sue tradizioni e

costumi e nell’assicurare il raggiungimento dei suoi obiettivi. Quando si vuole indicare

il processo attraverso il quale i leader influenzano gli altri membri si parla di leadership:

è bene notare che, nelle definizioni di leadership, si parla di influenza e non di potere.

Le teorie più conosciute sulle caratteristiche della leadership sono:

La teoria dei tratti Leader come grande uomo;

→ →

La teoria degli stili di leadership Leader come comportamento;

→ →

La teoria transazionale Leader come processo;

→ →

L’approccio situazionista Leader come interazione con la situazione.

→ →

Esistono alcuni tratti di personalità che distinguono i leader dagli altri: un individuo con

tali caratteristiche è un leader naturale, indipendentemente dalla situazione. I tratti più

tipici di un leader sono la propensione alla responsabilità e all’esecuzione del compito,

la tenacia nel perseguire gli obiettivi, l’originalità nell’affrontare i problemi, la

tendenza a prendere l’iniziativa, la fiducia in sé, la capacità di tollerare le frustrazioni

e l’abilità nell’influenzare gli altri (Stogdill).

Tra gli studi di psicologia sociale più noti si può ricordare quello di K. Lewin, R. Lippitt e

R.K. White, che hanno individuato tre diversi stili di leadership:

Autoritario Organizza e dirige ogni attività, resta piuttosto distaccato, tende a

→ →

inibire le comunicazioni e non rende partecipi gli altri;

Democratico Discute con il gruppo ogni decisione e attività, è piuttosto

→ →

amichevole e disponibile, non inibisce i contatti e rende partecipativi i membri

del gruppo;

Permissivo Interviene pochissimo nel lavoro di gruppo, lasciando quest’ultimo

→ →

libero di agire.

Uno degli esperimenti più famosi per valutare l’impatto degli stili di leadership sulla

prestazione di un gruppo è stato l’esperimento soprannominato Leadership e vita di

gruppo, condotto nel 1930 da Lippit e White sotto la supervisione di Kurt Lewin. Lo

studio coinvolse quattro scuole di bambini impegnati nella produzione di alcuni

manufatti sotto la supervisione di un conduttore. Nelle diverse condizioni sperimentali,

il conduttore adottava uno stile di leadership diverso. Nello specifico, si alternavano stili

di leadership autoritaria, in cui il leader stava in disparte e dirigeva le attività senza

consultarsi con nessuno, democratica, in cui il leader si offriva come guida e

incoraggiava i bambini a partecipare alle attività, e permissiva, in cui il leader forniva

qualche informazione ai bambini ma poi non si interessava e non partecipava alla vita

del gruppo nello svolgimento delle attività. I gruppi di bambini erano composti in modo

tale da essere omogenei per quoziente intellettivo, numerosità, energia e altre variabili,

Inoltre, erano tutti impegnati nella stessa attività: costruire maschere. I risultati hanno

mostrato che uno stile di leadership democratica favoriva un clima relazionale

positivo sia tra i membri del gruppo sia tra gruppo e leader: anche quando il leader

lasciava la stanza, infatti, il gruppo mostrava buone capacità di lavoro. Il gruppo di

bambini si dimostrò molto creativo e produsse di più, qualitativamente parlando, del

gruppo diretto da un leader autoritario. Lo stile di leadership autoritaria, infatti, aveva

portato allo sviluppo nel gruppo di un comportamento aggressivo e di un

comportamento apatico: i bambini aggressivi si comportavano in modo ribelle e

ricercavano costante attenzione da parte del leader; inoltre, erano scontrosi con gli altri

membri del gruppo, anche se in apparenza niente stava andando male. Dall’altro lato, i

bambini apatici ricercavano meno attenzioni ed erano meno critici nei confronti del

leader: se gli veniva assegnato un leader non autoritario, però, bighellonavano in giro

per la stanza, giocando in modo confuso. La produttività di gruppo in questa

condizione sperimentale era più alta rispetto al gruppo con un leader democratico,

ma non lo era la qualità dei lavori. I gruppi che erano stati assegnati al leader

permissivo erano i peggiori di tutti: non produssero molte maschere e quelle prodotte

erano di bassa qualità, la loro soddisfazione era la più bassa di tutte, erano poco

cooperativi e richiedevano costante attenzione da parte del leader, dimostrando di

avere poca autonomia lavorativa. In conclusione, da questo studio è emerso che lo stile

di leadership democratica è quella che, tra i tre, ottiene i risultati migliori, anche se

alcuni bambini dichiararono che avrebbero preferito uno stile di leadership autoritaria

(in particolare, un bambino il cui padre era un ufficiale dell’esercito). Questo suggerisce

che i bambini rispondevano meglio a uno stile di leadership che percepivano essere

giusto o naturale, ed essendo cresciuti negli Stati Uniti, dove grande attenzione è posta

alle tradizioni democratiche, specialmente nelle scuole, si può pensare che i risultati

fossero una conseguenza anche dello stile democratico indicato come quello giusto per

la socializzazione dei bambini nelle scuole. Probabilmente, ipotizzarono gli autori, il

giusto stile di leadership dipende dalle situazioni e dalle circostanze che si verificano

quando si deve eseguire un compito.

Il modello di Fiedler e di Slater parte dalla distinzione tra leader centrati sul compito

e leader centrati sulle relazioni:

Orientato al compito o autoritario Questo stile è contraddistinto dal fatto che

→ →

il leader è poco interessato ai rapporti umani tra i membri del gruppo e tra questi

e lui stesso: tutta la sua attenzione è infatti rivolta all’esecuzione del compito che

il gruppo ha di fronte. Questo tipo di leader misura il suo successo sulla base dei

risultati del lavoro svolto e non sul clima sociale che esiste all’interno del gruppo.

Una buona indicazione empirica del tipo di stile che un certo leader tende a

utilizzare lo si ha chiedendo a questi di valutare i membri del gruppo: se il leader

tende a differenziare molto le valutazioni, dando di alcuni giudizi molto positivi e

di altri giudizi molto negativi, allora si è in presenza di uno stile orientato al

compito;

Orientato al gruppo o democratico Questo stile è contraddistinto dal fatto

→ →

che il leader manifesta un profondo interesse per i rapporti umani tra i membri

del gruppo e tra questi e lui stesso: il lavoro del gruppo passa quindi in secondo

piano rispetto all’esigenza di avere nel gruppo stesso un clima sociale improntato

all’armonia, alla comprensione e all’accettazione reciproca. Chiaramente, questo

stile è quello che meglio si presta a favorire lo sviluppo delle interazioni

all’interno del gruppo. Se il leader tende a valutare tutti più o meno allo stesso

modo, con un atteggiamento profondamente benevolo verso tutti i membri del

gruppo, allora si è in presenza di uno stile orientato al gruppo.

Il tipo di stile utilizzato (orientato al compito o alle relazioni) è misurato sulla scala

LPC (valutazione del collaboratore meno preferito). Tre le variabili considerate in questa

valutazione, ricordiamo: la relazione tra leader e membri (clima affettivo), il grado di

precisione e chiarezza con cui è definito il compito e il potere accordato al leader

dall’organizzazione. A soggetti che si autodefiniscono leader viene chiesto di

individuare nella propria storia personale l’individuo con cui hanno avuto maggiore

difficoltà a collaborare. In seguito, devono giudicarlo sulla base di una scala di coppie di

opposti: un alto punteggio LPC indica uno stile di leadership centrato sulle relazioni,

in quanto anche il collaboratore meno preferito viene giudicato alla fine di tutto in

modo favorevole; un basso punteggio LPC indica invece uno stile di leadership

centrato sul compito. L’efficacia dello stile di leadership è dunque data dall’interazione

di queste due variabili. In particolare, Fiedler ipotizza che un leader centrato sul

compito (basso LPC) sarà efficace in situazioni all’estremo del continuum, ovvero

molto favorevoli o molto sfavorevoli, mentre un leader centrato sulle relazioni (alto

LPC) otterrà i massimi risultati in situazioni intermedie.

La teoria transazionale di Hollander mette in evidenza la bidirezionalità dell’influenza

leader – membri del gruppo. Un leader viene legittimato nel suo potere se viene scelto

dai membri del gruppo e non viene imposto dall’esterno, se si conforma subito alle

norme del gruppo, se sa mostrare competenze e abilità per raggiungere gli obiettivi, e,

ovviamente, se sa identificarsi con il gruppo. Hollander rileva però la differenza tra

leadership, processo d'influenza tra leader e membri, che produce persuasione e che

interviene nel raggiungere gli scopi del gruppo, e potere, che implica aspetti d'obbligo e

controllo e produce soddisfazione. Per Hollander, la leadership è un processo che

implica non solo il leader, ma anche i seguaci (followers), anche definiti subordinati, che

hanno un ruolo attivo nelle attività di gruppo, comprese anche le azioni atte a

stimolare il leader. In ogni gruppo, devono essere portate a compimento varie funzioni

di leadership, che non possono essere assunte tutte dal leader e che includono i ruoli di

direttore dei lavori, di pianificatore, di comunicatore, di avvocato, di regolatore dei

conflitti... Insomma, la leadership è un processo, non una persona, e tale processo

implica l'interazione tra leader, seguaci e situazioni.

Il potere è invece l’abilit&ag

Dettagli
A.A. 2023-2024
106 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ginevraorlando03 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Guglielmo Marconi di Roma o del prof Ippoliti Oriana.