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ANGEL IN THE HOUSE FALLEN WOMAN
La figura del puro ‘angelo del focolare’ e quella dell’immorale ‘donna caduta’ sono
apparse in diverse opere letterarie del XIX secolo, tra le quali si ricordano i
componimenti poetici (1854-1862) di Coventry Patmore,
The Angel in The House
(1816) di S. T. Coleridge e (1862) di Christina Rossetti, di
Christabel Goblin Market
seguito brevemente analizzate al fine di introdurre il principale testo oggetto di studio
in questa tesi. 2.1 L’‘angelo domestico’ di Coventry Patmore
di Patmore è un lungo poema semi-autobiografico, dal
The Angel in The House
cui titolo deriva l’espressione utilizzata per rifersi alle donne vittoriane ‘rispettabili’.
Così come descritto nel poema, l’‘angelo del focolare’ divenne infatti il simbolo
dell’ideale di femminilità nell’età della regina Vittoria, e il termine fu usato per riferirsi
alle donne del periodo che lo incarnavano (Hoffman 2007: 264; Kühl 2016: 171).
Quando fu pubblicato per la prima volta, il componimento non fu acclamato
dalla critica, tanto è vero che, ancora oggi, “it is regarded more as a valuable piece of
evidence of social history than as a great piece of literature” (Kühl 2016: 172). Per un
lettore moderno, la poesia appare estremamente irrealistica e sembra idolatrare un tipo
di donna inverosimile. Tuttavia, nonostante l’insuccesso iniziale, la poesia ebbe
un’enorme risonanza tra il pubblico britannico (173). Ispirato dall’amore per la moglie
Emily Augusta Andrews, nella sua opera Patmore narra di come il protagonista abbia
incontrato, corteggiato e sposato l’amore della sua vita, e degli anni successivi al
matrimonio. La poesia descrive in maniera dettagliata le qualità che rendono Honoria,
la protagonista, una moglie ideale: è una donna modesta, casta, innocente, sottomessa,
devota e di supporto al marito, nonché una madre premurosa, estremamente gentile e
priva di egoismo e rabbia (Kühl 2016: 172-173), come si evince dal preludio “The
Wife’s Tragedy”, incluso nel Canto IX del Libro I:
9 And if he once, by shame
Man must be pleased; but him to oppress’d,
please A comfortable word confers,
Is woman’s pleasure; down the She leans and weeps against his
gulf breast,
Of his condoled necessities And seems to think the sin was
She casts her best, she flings hers;
herself. And whilst his love has any life,
How often flings for nought, and Or any eye to see her charms,
yokes At any time, she’s still his wife,
Her heart to an icicle or whim, Dearly devoted to his arms;
Whose each impatient word She loves with love that cannot
provokes tire;
Another, not from her, but him; And when, ah woe, she loves
While she, too gentle even to alone,
force Through passionate duty love
His penitence by kind replies, springs higher,
Waits by, expecting his remorse, As grass grows taller round a
With pardon in her pitying eyes; stone. (Patmore 1920: 53-54)
In questi versi, viene descritta una donna che si sente appagata nel compiacere
suo marito, al quale offre il meglio di se stessa, e che si dedica completamente a lui
ogni volta che lo richiede, al fine di soddisfare le sue innumerevoli necessità. Legando
il suo cuore a un uomo freddo e capriccioso, la donna si ‘sacrifica’ frequentemente
senza ottenere nulla in cambio. La centralità dell’uomo è sintomatica di come
quest’ultimo tratti la moglie, costretta a una vita limitante e soffocante. Lei, troppo
gentile anche solo per forzare il suo pentimento con risposte altrettanto gentili, aspetta
con speranza che il marito le dia le giuste attenzioni, comportandosi, come suggerisce
il titolo del poema, come un angelo. Se lui le rivolge anche solo una parola di conforto,
lei si appoggia al suo petto e piange, sentendosi colpevole di un peccato che non ha
commesso. Ciononostante, l’amore della donna è instancabile, e il suo senso del
dovere non fa altro che incrementarlo, facendolo crescere così come l’erba che cresce
intorno a una pietra (Unknown 2015). 10
2.2 di S. T. Coleridge: un’innocenza perduta
Christabel
Facendo un salto indietro nel tempo e giungendo ai primi anni del secolo,
segnati dalle opere dei poeti romantici di prima generazione, si può vedere come una
figura letteraria riconducibile all’angel questa volta messa a confronto
in the house,
con quella della appaia in un lungo componimento poetico di S. T.
fallen woman,
Coleridge: Pubblicata nel 1816, si tratta di una ballata rimasta incompiuta
Christabel.
ed esclusa dalla seconda edizione delle (1800) perché non convinse
Lyrical Ballads
William Wordsworth a causa della tematica ‘bizzarra’ (Sarnelli 2013: 23).
In quest’opera, Coleridge riprende il di Milton per offrire una
Paradise Lost
versione della caduta dell’umanità completamente al femminile. Il poeta rappresenta
Eva attraverso il personaggio di Christabel, una giovane facilmente corruttibile per la
sua ingenuità, mentre Geraldine, una seduttrice bella e manipolatrice, corrisponde al
serpente malvagio, Satana, e la sua sessualità è la fonte di corruzione che porta alla
perdita dell’innocenza di Christabel (Anonymous). In particolare, Geraldine non si
limita a personificare il serpente della Genesi, ma viene descritta come un serpente
8
dagli occhi raggrinziti a causa della sua natura vampiresca. Grazie alla sua ingenuità
e alla sua gentilezza, Christabel incarna le caratteristiche di quello che nei decenni
successivi verrà definito mentre Geraldine, con il suo fascino e la
angel in the house,
sua sessualità, incarna quelle della Tuttavia, le loro differenze si
fallen woman.
assottigliano lungo il poema.
Il primo incontro tra Christabel e Geraldine nel bosco rievoca l’incontro tra Eva
e il serpente nel libro della Genesi: così come il serpente appare a Eva dai rami
9 Geraldine appare improvvisamente uscendo da una
dell’albero della conoscenza,
grande e vecchia quercia (Rolufs 2010: 30). Coleridge introduce Geraldine
descrivendola come una “damsel bright, / Drest in silken robe of white” (Coleridge
1816: 7); un abbigliamento che, insieme alla sua carnagione pallida e al chiaro di luna
che la illumina, contribuisce a farla apparire come una figura spettrale ed eterea, resa
ancora più misteriosa dal racconto della sua storia. Con una voce tenue e dolce,
Geraldine si presenta come una damigella in pericolo, la quale sostiene di essere stata
8 Christabel osserva che gli occhi di Geraldine sono “shrunken serpent eyes” (Coleridge 1816: 43).
9 Gli scrittori romantici usavano spesso la figura biblica del serpente per simboleggiare il potere sessuale
demoniaco delle donne (Rolufs 2010: 30). 11
10
‘rapita’ da cinque uomini (Sarnelli 2013: 25). Con l’intento di soggiogare l’innocente
Christabel per ottenere il controllo su di lei, attraverso la storia del suo rapimento, la
donna apparsa dal nulla si descrive come una povera vittima, a cui Christabel manifesta
tutta la sua vicinanza e benevolenza: “Then Christabel stretch’d forth her hand, / And
comforted fair Geraldine” (Coleridge 1816: 9). Così come il serpente convinse Eva a
cogliere e mangiare la mela, per poi offrirla ad Adamo, Geraldine convince Christabel
a ospitarla presso il castello in cui vive col padre, poiché, in quanto vampira, ha
bisogno di un invito prima di poter entrare in un’abitazione (Rolufs 2010: 33). In
questo modo, Christabel si lascia ammaliare dall’ospite e la invita furtivamente a
giacere con lei, facendole varcare diverse soglie che è possibile definire ‘simboliche’:
il fossato, il cancello, il cortile, l’atrio, fino a raggiungere la sua camera (Sarnelli 2013:
26). Con il progredire della narrazione, le differenze tra questi due personaggi
diventano sempre più indistinte. A tal proposito, Charles Rzepka offre una lettura
psicologica del poema, che pone Geraldine come ‘alter ego’ di Christabel. Nello
specifico, lo studioso ipotizza che le due donne insieme rappresentino una personalità
scissa tra “asexual and sexual, conscious and unconscious, articulate and unspeakable
identities” (1986: 152). In altre parole, vede Geraldine come una figura attraverso la
quale si concretizzano quei desideri che la mente conscia di Christabel non può
11
accettare (156). Si tratta di una lettura supportata dall’interazione molto intima, e a
tratti erotica, tra Geraldine e Christabel, la quale ha luogo quando le due si trovano
nella camera da letto dove Christabel si lascia infine corrompere (Kawecki 2016: 5):
alla fine, sarà lei stessa ad ammettere di non essere completamente innocente quando
12
esclama: “‘Sure I have sinn’d!’” (Coleridge 1816: 30).
Raggiunto il suo scopo, Geraldine getta un incantesimo su Christabel, la quale
“rimarrà muta e inerme, incapace di raccontare a suo padre il segreto indicibile della
trasgressione sessuale” (Sarnelli 2013: 31). I pieni effetti di questa trasgressione si
manifestano la mattina seguente all’atto ‘trasgressivo’, quando Christabel presenta
10 Come sottolinea Laura Sarnelli, “[i]l termine inglese conserva la duplice connotazione di
rape
violenza carnale e rapimento” (2013: 26).
11 La stessa ipotesi è sostenuta da Heather Rolufs nel suo studio Unbalancing Binaries: Re-thinking
Lilith and Eve in Samuel Taylor Coleridge’s “Christabel”, Christina Rossetti’s “Goblin Market” and
(2010: 24-25).
George MacDonald’s Lilith
12 Come osserva Rolufs, “[u]ltimately, Christabel herself suggests that in submitting to Geraldine’s
commands, she is not completely innocent” (Ivi: 38).
12
Geraldine a suo padre, Sir Leoline (Kawecki 2016: 6). L’ingannevole ospite riesce a
sedurre e a manipolare anche quest’ultimo, facendogli vedere ciò che vuole, ossia una
giovane ragazza cortese, con occhi grandi e luminosi e guance rosse: “Geraldine in
maiden wise / Casting down her large bright eyes, / With blushing cheek and courtesy
fine” (Coleridge 1816: 41). Così come a Eva, che ebbe la possibilità di spiegare a Dio
di essere stata ingannata dal serpente, anche a Christabel viene data l’occasione di
parlare una sola volta in sua difesa, quando, risvegliata dall’incantesimo, chiede a suo
padre di mandare via Geraldine. Come Dio, Sir Leoline si sente disobbedito e
disonorato dalla sua unica figlia e la punisce per il suo ‘peccato’. Difatti, soggiogato
da Geraldine, Sir Leoline sceglierà quest’ultima al posto della figlia: quando scorta
Geraldine fuori dalla stanza, Christabel v