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S
a
versante inattiva.
del frana
l’andamento grande
visibile
è
dove
geomorfologica
carta
della
Stralcio
43:
Fig. 86
Fig. 44: Panoramica del corpo di frana inattiva a S di Bagnoregio.
Un altro importante elemento che caratterizza la zona oggetto di studio è il
corpo di frana distaccatosi dalla scarpata costituente il versante S dell’abitato di
Lubriano.
La frana di Lubriano (Fig. 45) è inquadrabile come una frana quiescente a
scorrimento rotazionale che ha interessato sia i litotipi argillosi che quelli tufacei
sovrastanti. Secondo alcuni autori (Bozzano et alii, 2010) l’attuale corpo di frana
sito a S di Lubriano, è il risultato di più movimenti rotazionali che hanno agito
nel tempo su diverse superfici di rottura con uno stile di riattivazione
multitemporale. L’ultima riattivazione significativa si è verificata nel 1114
(Margottini & Serafini, 1990). A conferma di ciò, è stato verificato che al piede
della frana sono presenti blocchi tufacei in contropendenza con un’immersione
degli strati conforme a quella presente sulla scarpata, ma aventi un’inclinazione
minore. Questo dato ha portato a rivalutare il modello evolutivo della frana (Fig.
46), che non prevede quindi un grande ed unico movimento rotazionale:
l'elemento principale di questa nuova interpretazione è la presenza di una paleo-
morfologia costituita dalla presenza di un caprock tufaceo fra gli abitati di
Lubriano e Civita, in corrispondenza del fosso odierno. I terrazzi in
87
contropendenza sopracitati non si sono quindi staccati dall’attuale scarpata, ma
provengono dal piastra tufacea ormai erosa. Il corpo di frana principale, sul
quale sono tutt’ora attivi fenomeni di soil creep, ha ostruito il Fosso di Lubriano
deviandolo e producendo scalzamento al piede della rupe di Civita,
incrementando l’attività della frana del “Cavon Grande” (Bozzano et alii, 2010).
Ad oggi, la nicchia del “Cavon Grande” risulta essere una delle zone che più
influiscono sull’arretramento della porzione settentrionale della rupe di Civita, la
quale è attualmente soggetta a processi gravitativi complessi che interagiscono
fra loro. Possibili colamenti nelle argille si alternano a crolli o ribaltamenti nei
tufi, che una volta avvenuti depositano i detriti nella zona del “Cavone”
sottostante, dalla quale, con l’ausilio delle acque dilavanti, vengono asportati
tramite fenomeni di debris flow e mud flow.
Fig. 45: Panoramica della frana di Lubriano. Notare all’interno del cerchio rosso la posizione dei
blocchi di tufo in contropendenza. 88
Fig. 46: Modello evolutivo della frana di Lubriano (Bozzano et alii, 2010);
1 – Argille 2 – Tufi stratificati inferiori 3 – Ignimbrite di Orvieto-Bagnoregio 4 – Tufi stratificati
superiori.
. 89
Infnine, osservando le forme attuali legate all’attività antropica presenti in carta,
si osserva come le superfici terrazzate delle vecchie aree in frana siano spesso
coltivate e rimodellate. Troviamo infatti terrazzi antropici nella zona occidentale
e centrale della Valle dei Calanchi, che diminuiscono andando verso E. Da
segnalare è la presenza di cave, la quali vengono utilizzate per sfruttare i litotipi
vulcanici presenti in zona al fine di estrarre materiali per scopi edilizi. Ne è un
esempio la cava a sud di Bagnoregio, dove vengono estratte lave leucititiche
(impropriamente chiamata “Basaltina”), la quale riversa i suoi detriti di scarto
direttamente all’interno della valle (Fig. 47).
Fig. 47: Detriti di lave leucititiche di scarto della cava “Basaltina” a S di Bagnoregio. 90
6.2 - Analisi morfoevolutiva
Grazie al metodo utilizzato nell’allestimento della banca dati, è stato possibile
utilizzare i dati pregressi e attuali al fine di osservare la morfoevoluzione del
rilievo, attraverso un’analisi morfometrica multitemporale. Questa analisi ha
permesso di ottenere delle stime quantitative dell’evoluzione delle forme nel
tempo ed è stata eseguita prendendo in considerazione alcune aree della valle
particolarmente significative che possono essere rappresentative dell’andamento
generale dei processi che avvengono all’interno della Valle dei Calanchi,
maanche mettere in evidenza dei casi particolari che non seguono un trend
specifico.
Una stima del tasso d’arretramento annuo medio, è stata effettuata per la
scarpata strutturale che delimita la sommità del versante vallivo a SO di
Bagnoregio in località “Rutica”, per la quale è stato eseguito un confronto tra la
posizione del fronte della scarpata nel 1989 e quello attuale (Fig. 48).
1989
2014
Fig. 48: Stralcio della carta geomorfologica in cui è visibile l’andamento della scarpata nel 1989
(blu) e nel 2014 (rosso) 91
Sono state effettuate circa 50 misurazioni lungo il fronte della scarpata, con
cadenza di 10 m l’una dall’altra. È stato calcolato che l’arretramento massimo è
di 8,2 m ed il minimo di 2,1 m. Mediamente, negli ultimi 25 anni, la scarpata ha
avuto quindi un arretramento di 5,4 m lungo tutto il fronte considerato, fornendo
quindi il dato dell’arretramento medio annuo che risulta essere pari a 0,21 m/a.
Da questi dati, si riscontra una disomogeneità rispetto ad altre zone della valle:
dai dati storici, si è visto che la rupe di Civita ha avuto finora un arretramento
medio annuo di 0,35 m/a circa (paragrafo 4.2), mentre la scarpata della mesa in
località “Guadaiona” non ha avuto negli ultimi 25 anni un arretramento
sensibile. Tale disomogeneità è spiegabile considerando l’evidenza che in alcuni
punti del fronte sia avvenuto un maggior numero di fenomeni di crollo che
hanno accelerato l’arretramento.
Per quanto riguarda invece l’evoluzione delle frane nel tempo, al fine di eseguire
l’analisi morfometrica multitemporale è stata calcolata l’area totale delle
porzioni di versante soggette a fenomeni gravitati relativa ad ogni anno preso in
considerazione (1945, 1989, 2005 e 2014), distinguendole per tipologia di frana
(Grafici 4, 5, 6, 7). 92
Area totale delle frane per colamento
2
m
250000 2
215848 m 2
199812 m
200000 2
134452 m
150000 2
88465 m
100000
50000
0 1954 1989 2005 2014
Grafico 4: Istogramma che mostra la variazione delle aree totali nel tempo riferite ai fenomeni
franosi tipo colamento.
Area totale soggetta a franosità diffusa
250000 2
236185 m
2
218218 m
200000
150000 2
112508 m
100000 2
68870 m
50000
0 1954 1989 2005 2014
Grafico 5: Istogramma che mostra la variazione delle aree totali nel tempo riferite alle porzioni
di versante interessate da franosità superficiale diffusa. 93
Area totale delle frane rotazionali, traslazionali
e complesse
1400000 2 2
1339942 m 1331305 m
1350000
1300000
1250000
1200000
1150000
1100000
1050000
1000000 1954 1989
Grafico 6: Istogramma che mostra il confronto fra l’area totale delle frane rotazionali,
traslazionali e complesse riferita al 1954 e quella riferita al 1989.
Area della franosità totale
2
m
4500000 2 2 2
4144324 m
3825431 m 3783039 m
4000000 2
3411633 m
3500000
3000000
2500000
2000000
1500000
1000000
500000
0 1954 1989 2005 2014
Grafico 7: Istogramma che mostra l’area totale di tutte le frane presenti nell’area, senza
distinzione per tipologia. 94
L’andamento della franosità nel tempo relativa ai colamenti mostra
un’importante variabilità, senza seguire uno specifico trend evolutivo. Al
contrario, il valore dell’area totale relativa alla franosità diffusa segue un trend a
calare dal 1954 al 1989 per poi crescere nel tempo. Per quanto riguarda le frane
traslazionali, rotazionali e complesse è stato eseguito un confronto fra il 1954 e
il 1989 (il numero e l’estensione areale di queste nel 2005 e nel 2014 non si
discosta da quello del 1989) nel quale è possibile notare come tali tipologie di
frana siano diminuite nel tempo, anche se non in maniera molto significativa. La
loro evoluzione non si manifesta quindi nella variabilità del numero degli eventi
e delle aree interessate, ma sul rimodellamento o la possibile riattivazione dei
corpi di frana preesistenti. In generale, la variazione temporale delle aree totali
relative a qualunque tipologia di fenomeno gravitativo presente, segue un trend a
crescere nel tempo in maniera regolare, con l’eccezione di una piccola flessione
nel 2005 nel quale è presente un valore leggermente più basso rispetto a quello
atteso dall’andamento generale. Si rimanda alla tabella 2 per i valori esatti delle
aree discusse in precedenza. 95
1954 1989 2005 2014
2 2 2 2
Km Km Km Km
0,134 0,09 0,216 0,199
Colamenti
Franosità 0,013 0,07 0,218 0,236
diffusa
Frane
traslazionali, 1,340 1,331 ---- ----
rotazionali e
complesse
Somma
delle aree 3,412 3,825 3,783 4,144
totali di tutte
le tipologie
di frana
Tab. 2: Tabella dei valori relativi alle aree totali delle tipologie di frana considerate. 96
Stime quantitative relative all’evoluzione nel tempo delle forme generate dai
processi legati all’azione delle acque dilavanti, sono state effettuate prendendo
in considerazione l’area ubicata poco a SE di Civita e denominata “Ponticelli”.
La distribuzione descritta in precedenza delle due tipologie di calanchi (A e B)
risulta conforme per tutti gli anni presi in considerazione, mantenendo quindi nel
tempo la tendenza che vede i calanchi di tipo A impostarsi sui versanti esposti a
S e quelli di tipo B lungo i versanti esposti a N. Tendenzialmente, i rapporti tra
l’azione delle acque dilavanti e la gravità agenti nelle aree calanchive sono
rimasti invariati nel tempo. Solo localmente alcuni calanchi hanno mostrato
negli anni alcune caratteristiche ascrivibili a diverse tipologie. Infatti, in alcuni
bacini, si riscontra un’evoluzione dei calanchi verso l’una o l’altra tipologia,
come nel caso di quelli presenti ad E a O della cresta dei “Ponticelli” (Fig. 49).
Tali calanchi sono stati rappresentati in carta sulla base delle ortofoto relative
agli anni corrispondenti. Il riconoscimento delle diverse tipologie dei calanchi è
stato fatto in base alla morfologia delle creste e delle vallecole, le quali possono
essere più o meno ricoperte dalla vegetazione, che potrebbe impedire la corretta
analisi del dato. La quantità di vegetazione presente su un versante cara