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La guerra del Vietnam e il genere poliziesco
McCarthy: vittima, traumatizzato, vinto, eppure animato da un’inesauribile energia. 35La guerra del Vietnam agisce, soprattutto per quanto riguarda la figura del reduce, in modo simile a quello che fu per Chandler e Hammett la prima guerra mondiale e per Spillane e Macdonald la seconda, ma vi aggiunge una novità: questa è una guerra televisiva, da salotto. Non era mai successo prima di poter guardare in faccia i militari e le vittime, gli scenari di guerra (esotici) e le azioni – anche se per la prima guerra in diretta bisogna aspettare quella del Golfo. Ciò sposta notevolmente le misure della distanza fra narratore e oggetto della narrazione, tra personaggio e spettatore ed è proprio per questo che il genere poliziesco, che fa della morte e dell’orrore il suo pane quotidiano, offre l’opportunità perfetta per una rielaborazione emotiva, visiva, sensoriale e cognitiva. Il reduce ha molto a che fare col detective.
private investigator)Sia il militare (soldato), che il detective o PI – hanno anche fare con lo stesso aggettivo: privato, che in realtà di provato non ha nulla: entrambi, infatti, sono costretti ad uscire allo scoperto, ad agire nel mondo pubblico, combattendo una guerra pubblica e “ideale” (contro il nemico antiamericano i primi, contro i criminali i secondi), ma anche provata e “triviale” (entrambi lo fanno per denaro). Sullo sfondo persistente di politiche interne ansiogene (il codice Hays, l’escalation nucleare (si continuano a fare esperimenti – anni 50-60 -> paura dell’atomica), il maccartismo, la guerra fredda) la letteratura del trauma trova nel genere poliziesco una grande affinità. Ora il detective reduce, vittima del trauma, da un lato è ancora più hard-boiled dei suoi predecessori: picchia e spara senza pensarci troppo, nello svolgimento delle indagine è spesso ossessionato a livelli quasipatologici e ha bisogno di compagni-complici che, come nell'esercito, rafforzino la sua virilità. Però, dall'altro lato, è fortemente e post-moderno, infatti è segnato dalla dipendenza da droga e alcol, da dolorosi flashback, da riflessioni teologiche e metafisiche, da disturbi psichici che sconfinano nello psichedelico. Egli vive generalmente in uno stato di hyper-alert (costantemente sotto pressione), a custodire una "frontiera" che non è più né quella dei cowboys, né quella dei tough guys, ma che lo attraversa e lo lacera come uomo e come americano. Si tratta di un volume che testimonia la persistenza del dibattito sulla violenza e sulla catarsi, che denota la vitalità della riflessione sulla follia della guerra e sulle sue ripercussioni e che rivela anche lo spessore straordinario del genere poliziesco offrendo stimoli e disseminando nuovi indizi per il lettore. Introduzione It was writtenshould be loyal to the nightmare of my choice (J. Conrad – Heart of Darkness). L'autore vuole indagare alcuni romanzi polizieschi angloamericani che hanno come protagonisti dei detective reduci del Vietnam, concentrandosi particolarmente sulla rappresentazione della violenza che questi mettono in scena. La violenza è sempre stato un tema della letteratura e del cinema americani, ma ciò è sempre stato fatto con un taglio soprattutto sociologico e storico-culturale e raramente in termini estetico-letterari. È stato notato che l'identificazione del pubblico con l'eroe di un romanzo di avventura o di un poliziesco passa necessariamente attraverso l'esperienza del rischio e della violenza, infatti la premessa basilare della fiction sembra essere il fatto che una storia avvincente abbia bisogno di duri conflitti e di situazioni di pericolo mortale. Il più noto schema teorico connesso alla violenza nella letteratura americana èlegato al concetto di catarsi o di rigenerazione. Come questa catarsi possa essere raggiunta è un problema che è stato variamente interpretato: è la spiegazione razionale apportata allo scioglimento finale, dove i fatti ricevono una loro giustificazione, a garantire la catarsi? O è lo stimolo di queste passioni in un ambito che ne consenta una sorta di giudizio morale? Oppure è uno sfogo emotivo "sublimato"? Ognuna di queste ipotesi probabilmente spiega un aspetto del fenomeno. È evidente che la letteratura poliziesca, soprattutto quella statunitense, ha sempre avuto un notevole potenziale di eccitazione e shock. La pietà e la paura si mescolano a eccitazione e piacere e ciò ci metterebbe in relazione con le nostre inclinazioni che razionalmente fatichiamo ad ammettere, quindi la catarsi sembra configurarsi come uno sfogo in certa misura pre-morale. La finzione narrativa del romanzo permette al lettore di godere di quella.
violenza che normalmente biasima, perciò lo spettacolo della violenza è una necessaria forma di ritualizzazione di un dato della realtà umana che altrimenti non ci è possibile comprendere, perché noi stessi, in effetti, ne siamo compresi. Tuttavia, secondo René Girard, la violenza che tendiamo ad occultare sarebbe in realtà all'origine della civiltà nella forma del sacrificio di un capro espiatorio. Infatti, se la violenza è abbandonata a se stessa, essa formula un circolo vizioso di vendette reciproche che impedisce la formazione della comunità ed è per questo che è necessario fornire alla violenza un capro espiatorio. Il linciaggio (elemento tipico della letteratura di genere, soprattutto quella western), in questa visione, diventa il grande gesto fondatore e i riti sacrificali vogliono esserne la riproduzione, andando così a trasformare la violenza reciproca in violenza unilaterale.
La funzione preventiva del sacrificio sarà quindi sostituita dall'azione curativa, molto più funzionale ed efficace, del sistema giudiziario, che interviene proprio per razionalizzare la vendetta che il sacrificio tentava di sviare.
Il fascino della violenza nella letteratura popolare potrebbe dunque essere individuato anche come residuo mnemonico del sacrificio. Nel caso della violenza giusta (che si abbatte sul villain) come memoria e rievocazione del linciaggio originario, nel caso della violenza subita dall'eroe come rievocazione del martirio. Quindi c'è una distinzione tra i diversi tipi di violenza ed essa assume agli occhi del lettore una valenza diversa in relazione a chi la subisce; perciò, la rappresentazione della violenza è socialmente ammissibile solo se è rinchiusa all'interno di un conflitto tra buoni e cattivi.
Eppure, la storia dell'arte è ricca di opere in cui la rappresentazione della violenza deborda
Einfrange ogni quadro morale. Anche l'artista americano contemporaneo è sconvolto e allo stesso tempo affascinato dalla violenza, in essa vede, secondo Norman Mailer, la dimostrazione che c'è qualcosa al cuore della natura stessa che resiste ad ogni direttiva sociale per cui la vita non dovrebbe essere complessa, perversa e piena di crudeltà e ricompense. Quindi, egli afferma che l'uomo, separato dalla natura, sembra recuperarla solo nella forma della violenza. In questa prospettiva, agli occhi dell'artista contemporaneo non c'è più alcun fine a cui piegare la violenza perché essa è riconosciuta come molto più grande della capacità individuale di dominarla. Secondo Mailer, questa violenza è "existential", cioè è un'esperienza di rivelazione istantanea che, però, non consente alcuna trascendenza. Spesso l'insensatezza della violenza ammutolisce i personaggi.
Lasciandoli in silenzio; tuttavia, quello che si nota in molti romanzi polizieschi post-Vietnam è che il silenzio non è tanto una scelta narrativa per definire l'eroe, ma, in realtà, rappresenta un consapevole rifiuto di spiegare la violenza. Gli eroi di questi romanzi sono spesso caratterizzati da una sorta di drastica rinuncia alla morale e ritornano alla fascinazione pre-morale per la violenza; questa tendenza si manifesta sia sul piano tematico che su quello narrativo. In questo loro comportamento, i nuovi eroi, si collocano dentro il sentiero violento dell'arte americana tracciato in precedenza da scrittori come Mark Twain (800), Ernest Hemingway, Norman Mailer e Cormac McCarthy.
La nascita degli Stati Uniti d'America si può dire contemporanea al capitalismo stesso, perciò sui di essi le eredità dei precedenti metodi produttivi non hanno pesato particolarmente. Sono, inoltre, un paese che ha offerto ai suoi coloni, e a molte
Generazioni successive di abitanti, la possibilità di avventurarsi e stabilirsi in spazi sempre nuovi e i presupposti di una configurazione subito evoluta della democrazia. Però, anche se storicamente è sempre sembrato un paese orientato al futuro, esso è nato vecchio, cioè europeo (è sempre stato chiamato il nuovo mondo, ma in realtà è stato modellato sul vecchio). In seguito, progressivamente, è diventato sempre più giovane, sbarazzandosi della vecchia identità per conquistarne una nuova. Questa trasformazione è stata inevitabilmente dolorosa e, soprattutto, violenta.
Questa necessità di separarsi fu espressa chiaramente dall'artista statunitense fin dall'inizio della letteratura americana: da trascendentalisti come Emerson, ma anche da Emily Dickinson e Walt Whitman. Ciò fu accompagnato dalla drammatica constatazione di come la natura arretri di fronte alla società organizzata.
e tecnologica e di come essa sia rigida e repressiva. Come conseguenza subentrerà il fascino del "selvaggio" (qualità dell'"essere selvaggio", dell'uomo wilderness). Come dell'ambiente, che la lingua inglese chiama wilderness. Così, lo scrittore americano viene ad assumere un atteggiamento nichilista e anarchico nei confronti della società. Infatti, questi autori arrivano a simpatizzare col criminale, col selvaggio e hanno riconosciuto che al cuore dell'esperienza americana c'è il semplice fatto che l'incontro con il selvaggio ha costretto in qualche modo ad assorbirlo. Lo sviluppo più vistoso di questa tendenza si può vedere nella letteratura popolare, in particolare in quella poliziesca. I maggiori autori americani nell'ambito di questo genere si sono distinti per la drastica ridefinizione a cui hanno sottoposto lo sfondo morale dell'eroe. Nelle narrazioni di questi nuovi autori, ildelitto diventa il senso profondo dell’immagine del mondo lacero e confuso nel quale l’eroe si trova immerso e la verità con cui termina la storia non coincide più