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Il linguaggio della morale

“Mdiciamo: è una buona automobile”, intendiamo semplicemente lodare M. Se poichi ci ascolta sapesse quali caratteristiche abbiamo abitualmente tenute presenti nelgiudicare dei meriti delle automobili, quel nostro rilievo gli fornirebbe, certo,un'informazione sulle caratteristiche dell'automobile di cui parliamo: ma non sarebbe172 R. M. Hare, Il linguaggio della morale, Ubaldini Editore, Roma, 1978, p. 64.173 Ibidem, p. 66.174 Ibidem, p. 67.175 D. Neri, Filosofia morale. Manuale introduttivo, Edizioni Angelo Guerini, Milano, 2020, p. 215. «Sistrettamente collegato alla concezione dell’etica secondodeve sottolineare che il significato di buono èHare: quest’ultima non è una conoscenza di ciò che è, ma una serie di prescrizioni su ciò che deveessere. Coerentemente con il non cognitivismo, Hare sostiene che questo significato prescrittivo non èanalizzabile in termini di verità/falsità, ma

è un atto valutativo che implica un confronto con altri oggetti simili. Quindi, quando diciamo che un oggetto è buono, stiamo implicitamente dicendo che è migliore rispetto ad altri oggetti simili. Questo significa che il significato di "buono" dipende dal contesto in cui viene utilizzato e dalle caratteristiche degli oggetti con cui viene confrontato. Secondo R. M. Hare, nel suo libro "Il linguaggio della morale", la parola "buono" ha la principale funzione di guidare la condotta attraverso una scelta. Essa ha un elemento valutativo che ci permette di esprimere un giudizio positivo su un oggetto o un'azione. Tuttavia, i criteri relativi all'uso della parola "buono" sono importanti, poiché il suo significato dipende anche dalle caratteristiche degli oggetti o delle azioni che stiamo valutando. In conclusione, quando utilizziamo la parola "buono" stiamo esprimendo un giudizio positivo e confrontando l'oggetto o l'azione in questione con altri oggetti o azioni simili. Il significato di "buono" dipende quindi dal contesto e dalle caratteristiche degli oggetti o delle azioni che stiamo valutando.è che il significato valutativo di "buono" è strettamente legato alle nostre esperienze personali e alle nostre valutazioni soggettive. Ciò significa che ciò che consideriamo "buono" può variare da persona a persona e da situazione a situazione. Ad esempio, ciò che potrebbe essere considerato "buono" da una persona potrebbe non esserlo per un'altra. In conclusione, il significato valutativo di "buono" è più importante e influente rispetto al suo significato descrittivo. È un termine che utilizziamo per esprimere un giudizio positivo su qualcosa, ma il suo significato può variare in base alle nostre esperienze e alle nostre valutazioni personali.ragione per cui diciamo che il significato valutativo è primario è che possiamo usare la carica valutativa della parola per cambiare il significato descrittivo che questa ha in riferimento a una qualunque classe di oggetti. "Può darsi che nel prossimo futuro il disegno delle automobili cambi in modo considerevole (ad esempio perché si ricerca l'economia a spese della grandezza)." [1] "Si deve inoltre evidenziare che come lodare sia un giudizio valutativo e come tutti i giudizi valutativi hanno implicitamente carattere universale, vale a dire si riferiscono ed esprimono l'adesione a un criterio che viene applicato ad altri casi simili. Se biasimiamo qualcuno per aver fatto qualcosa, prospettiamo la possibilità che egli, o qualcun altro, o noi stessi, dobbiamo compiere ancora una simile scelta; altrimenti non avrebbe senso biasimarlo. Così," [2] [1] R. M. Hare, Il linguaggio della morale, Ubaldini Editore, Roma, 1978, p. 71. [2] Ibidem, p. 72.

Se a un uomo cui insegnamo a guidare "Hai fatto male quella manovra", gli diamo un tipico insegnamento di guida; e l'insegnare diciamo: guidare consiste nel mettere la gente in grado di guidare non nel passato ma nel futuro; a tal fine noi biasimiamo o lodiamo i modi in cui l'allievo ha guidato nel passato, per insegnargli il criterio che egli deve seguire nel suo comportamento futuro".179 Ibidem, p. 73. 55 Può darsi che allora non chiameremo più 'buona' un'automobile che oggi tutti a buon diritto considererebbero tale. In che modo, linguisticamente parlando, questo avverrebbe? Ciò che accade è che ci si serve del significato valutativo della parola per modificarne il significato descrittivo; se 'buono' fosse un termine puramente descrittivo, si direbbe che lo stiamo ridefinendo. Ma in realtà non diamo una nuova definizione di 'buono', giacché il suo significato valutativo rimane costante;

si tratta piuttosto di una trasformazione dei suoi criteri". "buono" Il significato valutativo del termine è dunque il significato che caratterizza il linguaggio della morale ed esso può essere impiegato non solo in senso morale, come nell'espressione X "L'atto è buono", per indicare norme di comportamento da seguire, ma anche per lodare oggetti e per influenzare i giudizi altrui su di essi, come nell'espressione "X è una buona automobile". "buono" Certamente vi sono anche casi in cui è impiegato descrittivamente, come per esempio se viene posto tra virgolette, oppure quando è impiegato in riferimento a "buono" criteri di bontà ormai standardizzati per i quali la carica valutativa di ha perso rilievo, a favore di quella descrittiva: "La carica valutativa e quella descrittiva di buono variano indipendentemente l'una dall'altra: quando un criteriotesto è la sua valutazione positiva. La parola "buono" ha un significato intrinsecamente valutativo e non può essere utilizzata in modo neutro o strumentale. Non ha senso parlare di "buono" come un termine strumentale o intrinseco. Il significato di "buono" non può essere spiegato elencando una serie di cose considerate tali, a differenza di come avviene per il significato di un termine come "rosso", che viene utilizzato esclusivamente per fornire informazioni. Mentre la proprietà di essere "rosso" è un fatto verificabile, su cui di solito non c'è discussione tra persone che hanno una percezione normale dei colori, ciò che fa considerare un testo "buono" è la sua valutazione positiva.

quadro o un certo atto182non è un criterio oggettivo.180 R. M. Hare, Il linguaggio della morale, Ubaldini Editore, Roma, 1978, p. 76.181 Ibidem, p. 113.182 G. Bongiovanni, Oggettività e morale. La riflessione etica del Novecento, Mondadori, Milano, 2007, p. 234. "Si deve tuttavia evidenziare come in Hare non sia legata alla verità o falsità delle regole logiche: "L'esito finale di questo approccio è amorale, derivante dall'adesione all'universalismo kantiano, costruzione di un modello di oggettività 56 "buono"Per questo è possibile che due persone che usano il termine col medesimo significato, possano continuare a giudicare in maniere opposte uno stesso quadro."buono",Il discorso fatto in precedenza rispetto al significato valutativo di unitamente al rigetto di ogni forma di spiegazione naturalistica

dei termini etici, conduce Hare ad affermare che non vi sono differenze logiche tra l'uso di "buono" nei contesti non morali e in quelli morali. La funzione svolta da "buono" in ambito morale e in ambito non morale è la medesima, ossia quella di esprimere una valutazione e, anche nel caso di giudizi valutativi non morali, di orientare le scelte altrui. È questo, tra le altre cose, "dinamico" che garantisce il carattere dei giudizi valutativi: "Il rimedio contro il ristagno e il decadimento morale consiste solamente nell'imparare ad usare il linguaggio valutativo per i fini ai quali è destinato: il che equivale a imparare non solo a parlare, ma anche a mettere in pratica le cose che lodiamo; giacché, se non siamo disposti a metterle in pratica, non facciamo altro che manifestare un rispetto non sentito per un criterio meramente convenzionale". È evidente che le ragioni per cui lodiamo un'automobile sono

profondamente diverse è (e molto meno importanti) rispetto a quelle per cui lodiamo gli atti e i comportamenti delle persone e, per questo, la riflessione sui termini valutativi si appunta maggiormente sul ruolo che giocano in ambito etico e non per esempio in quello estetico. Pertanto, i giudizi che esprimiamo nei confronti di certi comportamenti morali, hanno suscitato una maggiore attenzione da parte dei filosofi morali, in quanto: ha l'impressione 'bontà morale' sia "Si che in un certo modo la più angusta, più importante, e meriti quindi di avere una logica tutta propria", poiché, se durante la nostra vita possiamo astenerci dal pronunciare giudizi sulla qualità di automobili, non possiamo invece esimerci dall'esprimere giudizi morali e, cronometri, quadri, soprattutto, dall'agire in base ad essi. inteso quale nucleo concettuale esprimente le condizioni di razionalità del linguaggio morale".

Allostesso modo in cui Kant si propone di evitare qualsiasi richiamo alle caratteristiche del linguaggio chesiano vincolate a una particolare cultura, così Hare richiama la necessità di individuare delle regole di“Possiamoverità invarianti a prescindere dai contesti sociali: ottenere oggettività nelle nostreprescrizioni morali se il linguaggio cui esse appartengono e la sua logica obbligano tutti i pensatorirazionali as arrivare alle medesime opinioni morali, pur partendo da punti di vista opposti”».183 R. M. Hare, Il linguaggio della morale, Ubaldini Editore, Roma, 1978, p. 135.

Ibidem, p. 127. 57Ciò accade perché viviamo in una società nella quale le nostre scelte e le nostre azionihanno delle conseguenze delle quali è impossibile non tenere conto, giacché esse siriflettono non solo sulla nostra vita, ma anche sull’esistenza delle alt

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Publisher
A.A. 2021-2022
162 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GBeltritti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Balistreri Maurizio.