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CAPITOLO 2: LA NATURA DELL’INTELLIGENZA EMOTIVA

2.1 Alfabetizzazione Emozionale “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce: lo si

osserva in mille cose. Io sostengo che il cuore ama

naturalmente l'Essere universale, e naturalmente sé

medesimo, secondo che si volge verso di lui o verso di sé; e

che s'indurisce contro l'uno o contro l'altro per propria

elezione. Voi avete respinto l'uno e conservato l'altro: amate

forse voi stessi per ragione?”

Blaise Pascal,1967.

La visione scientifica si è distinta nel corso dei secoli per i numerosi studi sulla mente razionale,

trascurando del tutto l’impatto delle emozioni nella vita quotidiana degli esseri umani. Con

l’accezione “Homo Sapiens” si intende per l’appunto un individuo in grado di pensare ed è palese

il ruolo delle emozioni nelle decisioni e nelle azioni, dove i sentimenti contano almeno quanto il

pensiero razionale, se non di più.

La teoria dell’intelligenza emotiva rappresenta un’innovazione viste le precedenti proposte

teoriche nell’ambito degli studi sull’intelligenza; la ricca letteratura scientifica nell’ambito

dell’intelligenza, contrappone teorie dove si è posta l’attenzione sulle abilità cognitive di base,

come nel caso di Binet & Simon (1905), Spearman (1923), Wechsler (1955), ma anche sui fattori

concorrenti alla definizione di intelligenza, mettendo così in evidenza il contesto che circonda

l’individuo (Thurstone, 1938; Cattell, 1971).

L’intelligenza cognitiva misurata con i test del QI (Quoziente Intellettivo) non è in grado di

esprimere l’intelligenza nella sua interezza, trascurando del tutto diversi fattori di fondamentale

rilevanza per l’individuo, come il ruolo del contesto socioculturale. I risultati derivanti dai test del

QI rappresentano un singolo aspetto delle molteplici capacità che permettono all’individuo di

affrontare le numerose situazioni che caratterizzano la vita quotidiana e di risolvere i problemi che

da essa scaturiscono.

Thorndike (1920) fu uno dei primi ad ipotizzare una forma di intelligenza di tipo “sociale”,

intendendo la capacità di comprendere gli altri e di agire in modo adeguato nelle relazioni umane;

in breve, egli considerava l’intelligenza sociale come l’abilità di percepire gli stati d’animo, le

motivazioni, i comportamenti propri e degli altri, agendo in maniera opportuna seguendo queste

informazioni.

Di fondamentale importanza sono gli studi sull’intelligenza condotti da Jean Piaget (1954); egli

considera l’intelligenza come un mezzo che consente all’individuo di interagire con la realtà

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circostante. Nell’ottica di Piaget, il concetto di intelligenza è strettamente legato a quello di

adattamento all’ambiente; essa viene considerata come una sorta di prolungamento. Inoltre, il

concetto di adattamento rimanda a due variabili fondamentali per l’autore, ossia il processo di

assimilazione e di accomodamento: il primo è un processo mediante cui acquisiamo costantemente

conoscenze, esperienze ed informazioni, mentre il processo di accomodamento consiste nella

modificazione di un concetto o di uno schema cognitivo al fine di accogliere nuovi oggetti o eventi

che fino a quel momento erano ignoti all’individuo.

Negli ultimi decenni le ricerche hanno spostato l’attenzione sull’impatto della vita mentale,

considerandola necessaria per il pensiero e per l’azione, eliminando così l’antica concezione nella

quale essa veniva considerata come emotivamente piatta.

“La dicotomia emozionale/razionale è simile alla popolare distinzione fra “cuore” e “mente”;

quando sappiamo che qualcosa è giusto “con il cuore” la nostra convinzione è di un ordine diverso,

in qualche modo è una certezza più profonda, di quando pensiamo la stessa cosa con la mente

razionale. Il rapporto fra razionale ed emozionale nel controllo della mente varia lungo un

gradiente continuo; quanto più intenso è il sentimento, tanto più dominante è la mente emozionale

- e più inefficace quella razionale” (Goleman, 1995, p.28).

Proprio Goleman, fautore dell’intelligenza emotiva, considera il repertorio comportamentale

dell’uomo determinato principalmente dalle emozioni; utilizzando il termine “intelligenza

emotiva” fa riferimento alla “capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, di

motivare noi stessi, e di gestire positivamente le emozioni, tanto interiormente, quanto nelle nostre

relazioni” (Goleman,2000, p.375). Egli sostiene un superamento del Quoziente Intellettivo (Q.I.),

considerato fino ad allora come unico sistema di riconoscimento delle capacità dell’individuo, ma

limitato alla rilevazione delle capacità cognitive; a tal proposito, introduce il Q.E. (Quoziente

Emotivo o Emozionale), in grado di identificare le abilità emotive, che si distinguono

dall’intelligenza e ad essa complementari. Queste due intelligenze sono da considerare come un

insieme, in quanto si completano reciprocamente.

Goleman approda a tali concetti grazie agli studi di Howard Gardner (1983) sulle Intelligenze

Multiple (Theory of multiple intelligences), di Sternberg (1988) e della sua Teoria Triarchica

(Triarchic theory of intelligence) e soprattutto grazie all’operato di Salovey e Meyer (1990;1997),

che per primi hanno proposto il costrutto di Intelligenza Emotiva (Model of Emotional

Intelligence).

Sternberg (1988) è noto per la teoria Triarchica, nella quale l’intelligenza viene suddivisa in tre

sottotipi: analitica, creativa, e pratica. Nella sua teoria assumono un ruolo fondamentale il

contesto e le situazioni concrete che caratterizzano la nostra vita quotidiana; a tal proposito,

possiamo considerare l’intelligenza come un insieme di fattori che si influenzano a vicenda, e non

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come un concetto assoluto, richiedendo pertanto un approccio legato al contesto di appartenenza

dell’individuo.

In particolare, l’intelligenza analitica è legata al pensiero astratto e comprende la capacità di

analizzare, scomporre, confrontare elementi diversi fra di loro. L’intelligenza creativa fa

riferimento alla capacità di produrre qualcosa di nuovo, permettendo di affrontare con successo

situazioni completamente nuove per l’individuo, per le quali sia le conoscenze che le abilità

esistenti si dimostrano inadeguate; è legata all’intuizione.

L’intelligenza pratica comprende l’abilità di utilizzare gli strumenti. Questa teoria tripolare

considera le tre dimensioni del funzionamento intellettivo, ossia la componente contestuale (legata

all’ambiente esterno), esperienziale (rivolta sia verso l’ambiente interno che esterno, oltre a

valutare il rapporto con l’esperienza) e componenziale (riguarda il rapporto con l’ambiente interno

dell’individuo).

Howard Gardner (1983) è lo studioso che ha rivoluzionato maggiormente il panorama scientifico,

abbattendo le antiche concezioni sull’intelligenza, basato sul predominio durato interi decenni

della “mentalità da Q.I.”: “la convinzione, che le persone possano essere classificate in due

categorie, intelligenti e non intelligenti, e che a tal proposito non ci sia molto da fare; infine, che i

test possano dirci a quale categoria, intelligenti o non intelligenti, appartenga ciascuno” (Goleman,

1995, pp.70-71). Seguendo questa prospettiva, l’intelligenza è da considerarsi come “multipla”.

Pertanto, secondo Gardner, gli esseri umani non sono dotati di un determinato grado di intelligenza

generale e monolitico; nella sua opera (1983) ipotizza l’esistenza di svariate forme di intelligenza,

relativamente indipendenti fra loro:

1) Logico-Matematica: riguarda il ragionamento deduttivo, la capacità di pensare, risolvere

problemi in termini numerici e di relazioni astratte, schematizzare. Secondo Gardner

questo tipo di intelligenza coinvolge in particolar modo entrambi gli emisferi cerebrali

(quello destro, che elabora i concetti, quello sinistro deputato al ricordo dei simboli

matematici). Storicamente la si ritrova sviluppata in particolar modo in matematici, logici,

scienziati, ingegneri;

2) Linguistica: si intende la capacità di utilizzare un vocabolario chiaro ed efficace. Indica

l’abilità di variare il registro linguistico, in base alla situazione e alla necessità in cui ci

troviamo e quindi alla capacità di argomentare, dibattere e raccontare storie. Essa è

riconoscibile nelle persone con notevoli capacità di eloquio, quindi poeti, scrittori,

comunicatori, ma anche filologi e linguisti. Le attività in cui è riscontrabile sono la lettura,

la comunicazione, la scrittura, la recitazione, l’esposizione;

3) Spaziale: indica la capacità di percepire forme ed oggetti nello spazio. Solitamente, chi la

possiede, ha una spiccata propensione a memorizzare i dettagli ambientali e le

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caratteristiche esteriori delle figure, oltre ad essere in grado di orientarsi in luoghi intricati

e riconoscere oggetti tridimensionali in base a schemi mentali piuttosto complessi; essa si

definisce attraverso il disegno, la progettazione, colorare, raffigurare, creare e immaginare,

sono tutte attività che fanno riferimento a tale intelligenza;

4) Corporeo-cinestesica: concerne un’abilità e padronanza del proprio corpo, che permette di

coordinare movimenti precisi e ponderati oltre a gestire lo sforzo muscolare; coinvolge

cervelletto, gangli, talamo, e altri punti del cervello. Facciamo riferimento ad essa

attraverso il gioco, la corsa, la danza, ecc.

5) Musicale: localizzata nell’emisfero destro del cervello, denota la capacità di pensare e

riconoscere ogni genere di struttura facendo riferimento agli elementi che costituiscono la

musica, e quindi il tono, la melodia, il ritmo. Si definisce attraverso il canto, il suono, la

composizione musicale.

6) Personale, suddivisa in interpersonale e intrapersonale:

- Interpersonale: coinvolge tutto il cervello, ma principalmente i lobi pre-frontali.

Riguarda la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, paure, desideri nascosti,

di creare situazioni sociali favorevoli e promuovere modelli sociali e personali

vantaggiosi; comunicazione e successo sembrano essere alla base di questo tipo di

intelligenza sociale, tipica nei leader come politici, imprenditori, ma anche esperti di

marketing sociale, psicologi. Gardner stesso la definisce come “la capacità di

comprendere gli altri, le loro motivazioni e il loro modo di lavorare, scoprendo nel

contempo in che modo sia possibile interagire con essi in maniera cooperativa. I

venditori di successo

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Publisher
A.A. 2019-2020
120 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/06 Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca96f di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodi di intervento nei gruppi e nelle organizzazioni e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica internazionale UNINETTUNO di Roma o del prof Dazzi Nino.