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CAPITOLO II: CARISMA E FASCISMO
Il legame carismatico dei leader fascisti
Il nesso tra carisma e fascismo è innegabile, infatti, ciò che lega i leader dei partiti fascisti
ai loro seguaci è un tipo di legame definito carismatico, costruito sulla base di una matrice
ideologica che si focalizza sulla creazione di un “uomo nuovo”, di una Nazione e di uno Stato.
un’analisi dell’opera “Fascisti” di Mann, un libro che studia
11
Eatwell propone in un suo testo
non tanto i movimenti fascisti in sé, ma coloro che, nell’Europa tra le due Guerre, li sostennero.
In questo periodo, infatti, in molti stati europei si diffusero partiti di stampo fascista: in Austria,
Germania, Ungheria, Italia, Romania e Spagna.
Molti accademici sostengono che il pensiero fascista sia stato poco più che propaganda
attivista; tuttavia, non sarebbe corretto banalizzare in questo modo l’emergere di un sistema
ideologico che fu in grado di smuovere gli animi di milioni di individui e che influenzò
radicalmente gli avvenimenti storici di quel periodo.
Il fascismo viene descritto come "il perseguimento di uno stato-nazione trascendente e
purificatore attraverso il paramilitarismo”: esso fu un movimento capace di unire diverse parti
sociali e questo avvenne grazie al suo sincretismo, ossia grazie alla capacità del movimento
fascista di promuovere ideali e interventi che trascendevano dai concetti classici di destra e
sinistra; era sì un movimento trasformista, ma capace di assimilare elementi di convenzionalità
molto vari che permisero ai partiti fascisti di spiccare sugli altri e di acquisire forte consenso.
Ad esempio, i nazisti, prima del 1933, cercarono di presentarsi in maniera più convenzionale
che trasformista, descrivendo il loro nazionalismo basato sui leader come parte integrante di
una più profonda tradizione tedesca.
In primo luogo, il fascismo fu in grado di attrarre coloro che erano affascinati dalle pretese
di superare le classiche divisioni sociali che avevano caratterizzato la modernità; vi fu, in
secondo luogo, una forte adesione da parte dei veterani della Prima Guerra Mondiale, da parte
delle aree periferiche contese, dal settore pubblico e anche dai frequentatori di chiese,
soprattutto dove la chiesa aveva un carattere fortemente nazionalista. Inoltre, i giovani erano
fortemente attratti dal carattere paramilitare dei movimenti fascisti e sia le nuove sia le vecchie
generazioni di intellettuali erano affascinate dalla ricerca idealistica del fascismo di forgiare
una nazione olistica in un contesto di crisi seriale, l’idea una nazione che si ergesse come
11 Roger Eatwell, Explaining Fascism and Ethnic Cleansing: The Three Dimensions of Charisma and the
Four Dark Sides of Nationalism, Political Studies Review, v. 4, n. 3, pp. 263–278, 2006. 14
“totale” e “assoluta” e che prescindesse dalle sue diverse componenti. Questo elemento, insieme
all’idea di creare un “uomo nuovo” e di fondare un nuovo Stato erano punti focali dell’idea
fascista ed erano visti come delle vere e proprie missioni, degli obbiettivi da perseguire.
Furono anche fattori geopolitici ad influenzare l’avanzata dei partiti fascisti, come per
esempio l’ascesa dell’Unione Sovietica, che rappresentava un’importante minaccia in alcuni
paesi a causa dei suoi legami con importanti partiti comunisti internazionali. Anche in Italia la
minaccia comunista indirizzò numerosi cattolici verso il fascismo.
Il legame creatosi tra partito e seguaci e l’ampia diffusione dell’ideologia fascista in
Europa è connessa ad un metodo molto efficace di fare propaganda.
Un esempio è dato dal partito nazista in Germania che dal 1928 al 1932 riuscì ad
aumentare i suoi voti del 35%, questo attraverso una propaganda mirata a diverse fasce della
popolazione tramite l’utilizzo di nuovi strumenti come il grammofono, usato per diffondere i
discorsi di Hitler e attraverso la riproduzione di filmati dei suoi comizi. Inoltre, molte campagne
rimasero localizzate, in modo che i nazisti potessero diffondere messaggi diversi e mirati in
ogni area della Germania.
In ogni caso si può affermare che i partiti fascisti ottennero largo consenso nel periodo
tra le due guerre poiché, attraverso propagande mirate, i loro leader si posero come “eroi” che,
perseguendo la loro “missione” avrebbero risolto la situazione di crisi, ponendosi vicini al
popolo, in grado di comprenderlo e capaci di aiutarlo a ritrovare un benessere ormai perduto. È
per questo motivo che si associano ai fascismi quei caratteri tipici del populismo, basti pensare
al primo discorso di Hitler alla nazione tedesca come cancelliere: egli diede al discorso un
sentore di grandiosità e di religiosità della sua missione, ma allo stesso tempo si pose con un
senso di umiltà, simboleggiato dalla sua semplice uniforme militare e dal saluto populista di
sinistra ai suoi “compagni razziali”.
Un motivo che spieghi l’attrattività del fascismo è la sua propensione alla produzione di
leader carismatici, anche se in realtà è difficile comprendere se sia stata l’ideologia a produrre
l’ideologia. Questo perché per
leader carismatici o se siano stati i leader carismatici a produrre
esempio, analizzando in particolare i casi di Mussolini e Hitler, emerge che il loro carisma è
stato antecedente alla loro ascesa, ed è stato forse a causa della preesistenza di questo carattere
nella loro personalità che sono riusciti a dare vita a strutture ideologiche di tale portata.
Diversamente accadde per Milosevic che rappresentava in un certo senso l’antitesi della
concezione popolare del leader carismatico, in quanto poco attraente e un po’ “strampalato” di
15
fronte alle folle. Egli, infatti, aiutato dai media controllati dallo stato, in un contesto di crescenti
problemi economici e di divisioni politiche interne, si è carismatizzato come uomo di destino,
inviato per porre fine ai lunghi anni di sofferenza della Serbia. Sembra contraddittorio ma forse
è stata proprio la sua mancanza di tratti carismatici stereotipici e il suo stile di vita relativamente
semplice ad aver contribuito all’aumentare del fascino provato dal popolo nei suoi confronti.
fascino di un populista che abbandonava l’alto rango dei colleghi politici a
Egli incarnava il
favore di un linguaggio di strada. Egli non fu mai un grande oratore ma, nel tempo, diventò
sempre più abile nel comunicare con le folle, cosa molto importante in un’epoca in cui la
comunicazione mediatica era centrale a livello strategico.
Non c’è dunque un modo per etichettare il carisma, il quale, visti gli esempi, si comprende
possa manifestarsi in svariati modi e in differenti contesti. Nonostante sia un concetto ricco di
sfaccettature, è possibile individuare dei tratti che accomunano tutti i leader di tipo carismatico.
I leader carismatici sono dei missionari, hanno una visione ben precisa, una missione da
perseguire che giustifica la loro ascesa e il loro ruolo nella politica; hanno a che fare con una
gerarchia simbiotica, in quanto si pongono sia al di sopra sia alla pari del popolo: è come se
loro stessi incarnassero la voce del popolo, come se leader e popolo diventassero una cosa sola;
infine, l’ultimo tratto che accomuna tutti i leader carismatici è quello della demonizzazione
dei nemici, i quali vengono sempre più percepiti come minaccia: ciò fomenta l’odio,
manichea
la percezione della diversità e la diffidenza.
Quando si parla di carisma è dunque giusto avere una visione globale di esso, che
consideri sia il discorso del leader ma anche altri elementi come le tradizioni nazionali e
l’esigenza del pubblico.
Origine e declinazioni del fascismo
Il primo ad introdurre la nozione di “fascismo” fu Mussolini quando, nel 1919, fondò il
primo movimento fascista. Il termine deriva dalla parola “fascio” che, in un contesto politico,
indica una lega o una fazione.
Le dittature fasciste che emersero in Europa nel periodo tra la Prima e la Seconda Guerra
Mondiale si differenziano molto le une dalle altre.
12
Studiosi come Juan Linz hanno sottolineato una prima e generale distinzione tra regimi
autoritari e regimi totalitari.
12 J. Linz, Totalitarian and Authoritarian Regimes ,New York, Reinner, 2000. 16
I regimi autoritari si distinguono in quanto somiglianti a forme di governo antecedenti
alla Prima Guerra Mondiale, ad esempio monarchie e governi militari, che presentano un potere
centralizzato ma tollerante nei confronti di altri nuclei di potere come, per esempio, quello
ecclesiastico; inoltre, nei regimi autoritari manca un fondamento ideologico sistematico e
strutturato, non c’è grande mobilitazione politica e, soprattutto, non persiste un sistema politico
caratterizzato dall’imposizione di un unico partito. I regimi autoritari, secondo Linz, sono
regimi che cercano di ridurre la mobilitazione politica per garantirsi il controllo di un paese,
sono reazionari, ossia decisamente ostili a qualsiasi spinta o tendenza innovatrice e progressista
sul piano politico e sociale. Secondo Linz i regimi autoritari che emersero nel primo dopoguerra
hanno quella che egli definisce “mentalità” fascista, poiché presentano degli elementi comuni
al fascismo, ma non possono essere definiti come regimi fascisti. Alcuni regimi autoritari che
si sviluppano nel periodo tra le due Guerre sono il regime di Alessandro I in Jugoslavia, quello
di Carol II in Romania e i regimi di Primo Rivera e Francisco Franco in Spagna.
Il termine totalitarismo fu per la prima volta introdotto in Italia dagli antifascisti, ma fu
successivamente adottato da Mussolini stesso, il quale affermava che il suo sistema di governo
totalitario si sarebbe impegnato nello sfruttamento della totalità delle sue risorse al fine di
provvedere ad un rapido sviluppo economico e di garantire il benessere della popolazione. In
questo senso si può dire che il carismatico Mussolini fu in grado di utilizzare un termine in
origine negativo, introdotto dalla sua opposizione, a suo favore. Diversamente da Mussolini, il
leader tedesco Hitler non definì mai il suo regime come totalitario, sebbene lo fosse.
I caratteri fondamentali di un regime totalitario sono la presenza di un’articolata e
strutturata ideologia monista con pretese di verità scientifica, un’intensificazione del controllo
poliziesco sulla società, una forte mobilitazione politica, il controllo dei media e dei mezzi
d’informazione e la presenza di un unico partito comandato da un leader carismatico.
Diversamente dai regimi autoritari, quelli totalitari sono regimi trasformisti che si possono
anche definire rivoluzionari: l’obbiettivo di leader come Mu