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Granulati di travertino 371.000 m 3

Sterili di coltivazione 371.000 m 3

Sterili di scoperta 120.000 m

Materiale necessario 3

1.200.000 m

per il ricolamento 17

Le piccole quantità di ferro presenti potrebbero spiegare la variazione notevole che si ha

nella colorazione; si passa dal bianco latte al nocciola, al rosso-bruno, colorazione questa

che deriva dall’ossidazione del ferro inizialmente presente come solfuro nella fase di

deposizione. Le diverse colorazioni possono essere esaltate ed accentuate dai vari tipi di

lavorazione e di trattamento delle facce esterne. Il carbonato di calcio se avesse la

possibilità di sedimentare senza essere disturbato da agenti esterni, assumerebbe una

colorazione bianchissima, ma raramente questa particolare condizione accade; molto

spesso il processo di sedimentazione è disturbato da agenti esterni, che ne alterano le

caratteristiche provocando le variazioni di colore. La differenza principale tra il travertino

di Tivoli e quello di Cisterna sta proprio nella colorazione; mentre il travertino di Tivoli è

di colore più uniforme e tendente al bianco, il travertino di Cisterna presenta delle

venature di colore più scuro in senso orizzontale. Inoltre il travertino di Cisterna è

caratterizzato dalla presenza di onice calcarea, detta anche onice alabastrite, onice etoca o

onice egiziana che è composta di CaCO . L'onice calcareo è il marmor alabastrum dei

3

Latini ove alabastrum deriva, come dice Plinio, da una fortezza detta "Alabastra",

costruita a Tebe in Egitto e dove vi erano numerosissime cave usate per l'edificazione dei

templi. Ma prima di chiamarsi alabastro, la pietra era detta onice, da cui il nome marmo-

onice, come documentato anche nella Genesi in cui si parla di pietra onichina. L'onice,

dal greco onyks, fu così detto per il suo aspetto somigliante all'unghia, alle sue macchie e

alla sua lunetta. Sostanzialmente le parole alabastro ed onice erano usate promiscuamente

come confusa era anche la classificazione dei marmi basata sul colore predominante e

solo in tempi recenti è avvenuta la classificazione in base alla composizione chimica. Per

la presenza di concrezioni di frammenti di roccia, assume un aspetto particolare con una

struttura variabile fibroso-compatta, fibroso-raggiata, fibroso-parallela e zonato-

concentrica. Ha la caratteristica di essere traslucido e con zonature variegate, da

millimetriche a centimetriche, più sovente nella tonalità del marrone che donano a questo

marmo un aspetto variopinto e diafano. Di questa ormai rarissima pietra troviamo, in

Italia, il famoso "onice del Circeo" nel Lazio, l"Onice di Gesualdo" in Campania e quello

di Alberobello in Puglia, la cui costosa estrazione è da molti decenni sospesa.

Confrontando il travertino di Cisterna con il più conosciuto travertino di Tivoli si nota

subito che quest’ultimo ha un aspetto ed una colorazione uniformi, mentre il travertino di

Cisterna presenta delle striature e bande irregolari di colore più scuro dovute alla

precipitazione di materiali come il ferro durante il processo di sedimentazione. 18

3.4 Metodi di coltivazione

Oggi i metodi di estrazione sono ben più moderni poiché si utilizzano filo diamantato e

seghe circolari motorizzate, al fine di garantire una regolarità dei blocchi estratti.

L’attività estrattiva si svolge a partire dalla cosiddetta “bancata”, fase primaria e specifica

di tutto il procedimento. Durante quest’operazione, attraverso la perforazione,

l’inserimento del filo diamantato ed il taglio, si portano alla luce e si abbattono imponenti

banchi di travertino, dai quali si selezionano attentamente i materiali migliori, soprattutto

in base a colori e struttura. Il metodo di coltivazione utilizzato nella cava in esame è

denominato “gradino basso”. Il giacimento è suddiviso in platee sub-orizzontali della

potenza media di circa 1,5 metri. Nel caso di coltivazione per “gradino basso” le platee

hanno un’altezza pari allo spessore utile dei blocchi. La coltivazione a regime di una

platea ne richiede la preliminare “apertura” ovvero l’asportazione di un certo volume che

permetta in seguito di avere lo spazio necessario all’esecuzione di tutte le fasi del ciclo di

produzione. Il metodo di escavazione più comune avviene per livelli orizzontali

discendenti suddivisi in bancate, attraverso il taglio del materiale per mezzo di “linee” di

filo elicoidale. Altre tecniche di taglio sono rappresentate dal filo diamantato, dalla

tagliatrice a catena dentata, dall’esplosivo in cariche lineari. In Figura 12 una bancata di

travertino mentre viene tagliata tramite una sega a filo elicoidale

Figura 12 Distacco di una bancata di travertino della cava di Cisterna di Latina tramite filo elicoidale

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In passato il metodo più usato era costituito dalla detonazione di cariche controllate.

Dopo lo sterro della superficie del banco, si eliminava il cappellaccio, che veniva pulito

con la “ramazza”, e vi si tracciava una linea con il carboncino parallela al bordo della

cava, alla distanza di 1,20-1,50 metri, lungo la quale si praticavano tre o quattro fori con

un pistolotto, a uguale distanza l’uno dall’altro e alla profondità di 80 centimetri; essi

venivano poi ulteriormente approfonditi per mezzo di una barramina di media lunghezza,

per continuare poi con una più lunga fino ad arrivare alla profondità voluta. Le mine

venivano caricate con polvere nera, per non danneggiare con incrinature la struttura del

blocco. L’innesco veniva fatto con detonatori ad accensione elettrica, che faceva brillare

le mine contemporaneamente producendo una fenditura lungo l’allineamento dei fori, e

staccando il blocco dal resto del banco. Un altro metodo molto popolare sfruttava

l’utilizzo di cunei metallici. L’estrazione dei blocchi in cava avveniva utilizzando cunei

metallici aventi dimensioni di circa 3 cm di larghezza, lunghezza 9 cm inferiormente ed

11 cm superiormente e profondi circa 6 cm. Era prima intagliata sulla superficie del

blocco con un piccone pesante una trincea a “V” (larghezza in testa circa 60 cm e alla

base circa 30 cm). Alla base erano predisposti gli alloggiamenti per il posizionamento dei

cunei distanziati circa 7/8 cm l’uno dall’altro (in media circa 50 cunei). La

predisposizione degli alloggiamenti in modo diritto e regolare consentiva di controllare

l’andamento della fessurazione della roccia. Il cuneo metallico, inserito

nell’alloggiamento predisposto, veniva posto tra due placche metalliche e veniva

regolarmente percosso con un grande martello che lo faceva penetrare ed esercitare una

forza separatrice sulle pareti dell’alloggiamento stesso fino a causare la divisione della

roccia. Nella Figura 13 è rappresentata una estrazione e successivo trasporto di un blocco

di travertino, l’immagine è tratta dal testo di L. Marino, “ Cave storiche e risorse lapidee.

Documentazione e restauro”.

Figura 13 Raffigurazione storica dell’estrazione di un blocco di travertino 20

3.5 Metodi di lavorazione

I processi cui viene sottoposto un blocco di pietra estratto da una cava si possono

suddividere in due categorie generali: il taglio e rifinitura delle lastre al fine di ottenere i

prodotti che sono stati richiesti dal compratore.

3.5.1 Il taglio

La prima lavorazione cui è sottoposto un blocco di materiale lapideo è la suddivisione in

lastre grezze o in blocchi di conformazione parallelepipeda chiamati masselli. Si tratta

della fase più importante dell’intero ciclo produttivo perché fornisce i semilavorati dai

quali, attraverso successive lavorazioni, derivano tutti i prodotti lapidei. La suddivisione

può essere eseguita per mezzo di tagliablocchi a disco diamantato, telai a lame

diamantate e filo elicoidale che sono utilizzate sia per i marmi che per le pietre. In Figura

14 un blocco appena estratto sottoposto a taglio preliminare in direttamente presso la cava

di Cisterna.

Figura 14 Blocco di travertino suddiviso in lastre presso la cava di Cisterna di Latina

La seconda lavorazione consiste nella fresatura o refilata delle lastre grezze, attraverso la

quale il materiale viene ridotto, per mezzo di macchine automatiche a disco diamantato,

in lastre con spessori minori e dimensioni predeterminate dalle richieste della posa in

21

opera. In Figura 15 una sega a disco diamantato automatica, programmabile da un

operatore per mezzo di una console.

Figura 15 Sega a disco diamantato utilizzata presso il laboratorio della L.E.M. di Latina Scalo

Il materiale può poi essere sotto posto a nuove lavorazioni di finitura superficiale che

influiscono sull’estetica, sulla sicurezza, sull’isolamento acustico, sulle resistenze

meccaniche e, secondo risultati emergenti da studi in corso, sulla radioattività emanata da

alcuni materiali, che pare raggiunga livelli di diversa intensità in base al tipo di

lavorazione cui sono stati sottoposti. I vari tipi di lavorazione, che sono eseguiti con

utensili a mano oppure (è ormai la regola) attraverso l’impiego di macchine automatiche

a istallazione fissa, sono la sagomatura, la levigatura, la lucidatura. Inoltre, possono

essere eseguite lavorazioni a superficie grezza o scolpita, quali la bocciardatura, la

fiammatura e la sabbiatura che danno effetti di rilievo, ottenibili attraverso la

disintegrazione con conseguente distacco di piccole scaglie. Si compiono per ottenere

materiali antisdrucciolevoli o di effetto rustico.

Riquadratrice a filo diamantato

Sono macchine che trovano impiego negli impianti per la segagione di graniti. Il taglio

della pietra avviene per opera delle perline di diamante sintetico inserite in un filo di

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acciaio; il filo diamantato avvolto ad anello chiuso tra due pulegge le quali sono montate

su due colonne di acciaio alla distanza di 5-7 metri l’una dall’altra; la rotazione e la

traslazione verso il basso delle pulegge consente il taglio del blocco da parte del filo

diamantato. L’efficienza dell’operazione sostanzialmente condizionata da parametri quali

la velocità e la tensione del filo; giacché la scelta appropriata di tali parametri,

particolarmente critica nel caso di operazioni su roccia dura, assume importanza

fondamentale la scelta della macchina adatta. In pratica tutte le macchine in commercio

sono dotate di possibilità di rotazione della testa motrice e molte sfruttano un modesto

disassamento delle pulegge ausiliarie per imprimere una rotazione assiale del filo. In

molte macchine moderne inoltre affrontato l’aspetto, critico sia nei confronti della qualità

del taglio sia per quanto concerne la sicurezza, della sollecitazione del filo nei transitori e

sono installati dispositivi di comando od autoregolazione final

Dettagli
A.A. 2013-2014
65 pagine
SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/29 Ingegneria delle materie prime

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessandrotrap di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ingegneria delle materie prime e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Bonifazi Giuseppe.