Anteprima
Vedrai una selezione di 1 pagina su 81
Isolamento e caratterizzazione di batteriofagi, Tesi Pag. 1
1 su 81
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

DNA

cambia la sua conformazione e permette al DNA di uscire dal capside e dirigersi verso la cellula

batterica.

La coda fa aderire il fago all’ospite serve come condotto per l’iniezione del genoma e la sua

lunghezza può variare da 3 a circa 800 nm di lunghezza. Di solito è dotata di una piastra basale o

all’estremità distale (fig. 7).

di fibre

Ultimamente questo metodo di classificazione è in stato di rivalutazione poiché ignora la grande

quantità di genomi sequenziati. Una classificazione su base molecolare sarebbe sicuramente più

precisa, anche se al momento è alquanto difficile perché non esiste un gene universale analogo

all’rRNA 16S usato per i batteri (Paul et al., 2002). 23

Figura 7. Morfologia di tre virus della famiglia dei Caudovirales. Da sinistra a destra, disegni

schematici di un Siphovirus (coda lunga e non contrattile), un Myovirus (coda lunga e contrattile)

e un Podovirus (coda corta).

1.5.2 Ciclo vitale dei batteriofagi

Lo studio dei fagi è stato possibile con la messa a punto da parte di Delbruck e Ellis di un

metodo per sincronizzare l’infezione di un fago virulento con un ospite suscettibile (one step

growth experiment). La curva di crescita di un batteriofago è contraddistinta da due fasi distinte:

il periodo di latenza e il periodo di crescita. Durante il periodo di latenza non vi è alcuna

liberazione di virioni e successivamente, durante il periodo di crescita, le cellule ospiti vanno

rapidamente incontro a lisi liberando i fagi infettanti. Viene raggiunto, infine, un plateau senza

che vi sia un’ulteriore liberazione di virioni (fig. 8). Il numero totale dei fagi liberati può essere

utilizzato per calcolare il volume di scoppio, cioè il numero di virioni prodotti per cellula

infettata.

Il periodo di latenza rappresenta il tempo necessario per la riproduzione e la liberazione del

virus. Nella prima parte di questa fase, all’interno delle cellule batteriche ospiti non sono presenti

virioni completi infettanti, come si può facilmente dimostrare lisando le cellule con cloroformio.

A questa prima parte del periodo di latenza è stato dato il nome di periodo di eclisse, dal

momento che i virioni presenti prima dell’infezione sono ora scomparsi. Terminato il periodo di

eclisse, il numero dei virioni maturi infettanti aumenta all’interno della cellula ospite fino alla lisi

di quest’ultima. 24

“one-step”, determinata dal rilascio di particelle fagiche in funzione del tempo,

Figura 8. Curva

presenta tre fasi distinte: un periodo di latenza, un periodo di crescita o di scoppio e infine il

plateau. In blu sono rappresentati i virioni maturi e la linea rossa rappresenta i virus liberi

Fasi dell’infezione la prima fase di un’infezione fagica inizia con il riconoscimento da parte

- Adsorbimento:

del virus di recettori specifici sulla superficie dei batteri, che possono essere di natura

diversa: proteine, LPS, acidi teicoici, pili e flagelli. Il fago riconosce i recettori grazie alle

fibre della coda; questa interazione è controllata dal pH e dalla concentrazione di ioni

2+ 2+

come Mg o Ca ed è stabilizzata da interazioni elettrostatiche.

il DNA del fago transita dalla testa all’interno della

- Penetrazione: dopo la stabilizzazione,

cellula batterica. Nel caso in cui il fago sia dotato di coda contrattile, questa si contrae e

viene spinta all’interno della parete cellulare, perforandola. In questa fase giocano un

ruolo importante gli enzimi litici, simili al lisozima, che perforano la parete del batterio.

Quando un fago infetta un batterio, sfrutta l’apparato trascrizionale e

- Replicazione: l’infezione,

replicativo della cellula per creare nuove particelle virali con cui perpetuare

che in genere termina con la lisi del batterio e il rilascio della progenie virale. 25

1.5.3 La natura dei batteriofagi

La natura dei batteriofagi è però di due tipi: virulenta o temperata. Molti fagi, come T2, T4 e T7,

subito dopo l’ingresso

sono virulenti obbligati e iniziano la loro fase replicativa nel batterio

ospite, causandone la lisi. Altri fagi, ad esempio λ, sono definiti temperati in quanto dopo che

infettano un batterio possono instaurare un altro tipo di relazione con l’ospite. In tal caso il

genoma virale non prende controllo della cellula ospite al fine di distruggerla per liberare nuovi

fagi ma per rimanere al suo interno e replicarsi insieme al genoma batterico. Il clone di cellule

infette generatosi potrà crescere e dividersi per lunghi periodi mantenendo un aspetto

perfettamente normale. Successivamente ogni cellula infettata può produrre fagi e andare

incontro a lisi quando si trova nelle appropriate condizioni ambientali. Tali batteri non possono

essere nuovamente infettati dallo stesso virus perché acquisiscono immunità nei confronti di una

superinfezione. Questo tipo di relazione che si stabilisce tra fago e cellula ospite è detta lisogenia

e sono detti lisogeni in batteri infettati che, in particolari condizioni, possono produrre particelle

fagiche. Sono invece detti temperati, i fagi in grado di stabilire una relazione di lisogenia con la

cellula ospite. La forma latente del genoma virale che rimane all’interno dell’ospite senza

distruggerlo è chiamata profago. Il profago si trova generalmente integrato nel genoma batterico,

ma può esistere anche in forma indipendente. L’induzione è quel processo che porta alla

formazione massiva di particelle virali da una coltura lisogena e poi alla distruzione della cellula

ospite e alla liberazione di nuovi fagi, inducendo quindi il ciclo litico.

L’impatto dei batteriofagi sulla biosfera

1.5.4

I batteriofagi si trovano in molti ambienti terrestri e infatti possono essere isolati sia dagli oceani

dalle fonti termali, dal suolo e dall’acqua, dal corpo umano e degli animali.

sia (Dabrowska et

al., 2005). La massiccia presenza dei batteriofagi nella biosfera rende fondamentale il loro ruolo

nell’evoluzione biologica e la loro importanza nei cicli biochimici globali. È ormai noto che sono

i vettori per il trasferimento orizzontale tra i batteri e effettuano un enorme pressione selettiva

sulle loro popolazioni ospiti, regolando la diversità microbica. Questo fatto è la base della teoria

“kill the winner”, secondo la quale i fagi esercitano un controllo delle popolazioni batteriche,

non permettendo a nessuna specie di raggiungere densità molto maggiore rispetto alle altre. È

stato dimostrato che i batteriofagi sono presenti ad alte concentrazioni negli oceani (Bergh et al.,

1989), nei sedimenti marini (Paul et al., 2002) e anche nel suolo (Ashelford et al., 2003). Negli

ambienti marini, i fagi possono limitare il numero di batteri di diversi ordini di grandezza e la lisi

dei nutrienti inorganici come di quelli organici e

di questi batteri ha come risultato l’aumento 26

Questo fenomeno prende il nome di “viral shunt”

può alterare gli equilibri ecologici dei batteri.

(Wommack e Colwell, 2000). 31

Il numero di fagi presenti nella biosfera è stato stimato essere circa >10 , superando di almeno

10 volte il numero dei batteri (Rohwer, 2003). Il grado della trasduzione di geni mediante i

batteriofagi è stato determinato misurando il trasferimento orizzontale di un gene che codifica

per la resistenza alla kanamicina tra i batteri marini isolati e comunità di batteri naturali

-9 -7

concentrate. È stato trovato che le frequenze di trasduzione variano tra 5,13x10 e 1,33x10

14

l’avvenimento di circa

trasduttanti/PFU (Unità Formanti Placche), da cui si può estrapolare 10

ogni anno solo nell’estuario della Baia di Tampa (Jiang, 1998).

eventi trasduttivi

In molti casi è stato dimostrato che i fagi possono portare dei geni che danno ai batteri dei

vantaggi di sopravvivenza migliorando la resistenza agli antibiotici (Pruzzo et al., 1980) o

aumentando la virulenza (Boyd e Brussow, 2002). In determinate situazioni infatti i batteri

possono esprimere tossine codificate nel DNA virale integratosi precedentemente nel

cromosoma batterico. Questo meccanismo è chiamato conversione lisogenica. Esempi sono

costituiti dalla tossina botulinica, codificata dal fago c-st del Clostridium botulinum (Sakaguchi,

2005), dalla tossina del colera, codificata dal fago CTX di Vibrio cholerae (Waldor, 1996), dalla

tossina shiga, codificata da numerosi fagi di diversi ceppi di Escherichia coli e dalla tossina

fago β

difterica codificata dal del Corynebcterium diphteriae (Freeman, 1951). La difterite è

fattore diretto di virulenza osservato è l’esotossina

appunto causata da C. diphteriae e l’unico

a livello del sito d'infezione e liberata dai ceppi lisogeni per il batteriofago β, il quale

prodotta

introduce nelle cellule batteriche il gene tox.

1.5.5 Utilizzi dei batteriofagi

Ad oggi sono numerose le applicazioni che i batteriofagi trovano in diversi campi della ricerca e

dello sviluppo. I batteriofagi possono essere utilizzati per esempio per diagnosticare la presenza

d’interesse

di batteri patogeni, in diversi modi. Il fago capace di infettare il batterio viene

introdotto nell’organismo e la presenza del patogeno viene confermata dall’amplificazione del

fago, che può essere osservata in due possibili sistemi. Il primo è quello classico, mediante la

formazione di placche su uno strato uniforme di batteri. Il secondo, invece, richiede un

d’ingegneria

intervento genetica, per esempio inserendo nel fago il gene per la luciferasi.

Nella biologia molecolare, come accennato prima, sono stati molto utilizzati per lo studio della

usati anche nella tecnica definita “phage

genetica e della biologia molecolare dei batteri; sono 27

display”: sono usati per la produzione di proteine utili per la composizione di anticorpi

(Hoogenboom et al., 1991), fattori di crescita (Dubaquie e Lowman, 1999) e proteine con motivi

a dita di zinco (Rebar e Pabo, 1994). Un ultimo tipo di utilizzo che sta sempre più prendendo

piede negli ultimi anni è la terapia fagica.

C’è da dire che in generale le caratteristiche dei batteriofagi non sempre portano dei vantaggi:

nell’industria casearia i fagi rappresentano un serio problema in quanto possono naturalmente

entrare in contatto con i batteri acido lattici necessari per la fermentazione e riescono a

sopravvivere ai processi di pastorizzazione (Madera et al., 2004). La lisi di queste colture starter

può danneggiare seriamente i processi di produzione, poiché interferiscono con la produzione di

yogurt, formaggi e crauti. 28

1.6 Terapia fagica per più di sessant’anni la maggiore

Lo sviluppo e la grande produzione di antibiotici è stato

difesa della medicina occidentale contro l

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
81 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/19 Microbiologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mancusiello di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Microbiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Thaller Maria Cristina.