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ONCO
responsabilità per gli incidenti sul lavoro, in www.archiviopenale.it , 2011, p. 1.
101 Così, R M., cit., p.3.
ONCO
102 Così, M., cit., p.3.
RONCO
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che di fronte alla certezza di verificazione dell’evento, l’imputato non
103
avrebbe agito .
A venire in rilievo dalla decisione della Corte è una scelta che, se da un
lato, altera la complessiva logica preventiva che caratterizza quell’intervento
dell’ordinamento volto a favorire la sicurezza dei lavoratori, dall’altro sembra
influenzato da uno scopo general-preventivo. Infatti, il riferimento a decisioni
precedenti e ai suoi processi è un dato che immette nella ricerca del dolo un
elemento soggetto a manipolazioni valutative, strumentale all’affermazione di
istanze di deterrenza. Nello specifico, viste le censure più che giuste mosse
sul piano della colpa nei confronti degli altri garanti della sicurezza,
l’interprete avrebbe dovuto tener debito conto dei seguenti elementi: la
sfocata conoscenza fattuale acquisita dall’organo apicale attraverso il
contributo di dirigenti preposti al quotidiano controllo della fonte di rischio;
la non chiara valutazione degli stessi operata in ordine alla probabilità del
verificarsi dell’evento e, in specie, in ordine al grado di funzionalità
preventiva dei presidi cautelari in essere; l’esistenza di alcuni vincoli, dovuti
anche ad accordi intrapresi sotto il pubblico controllo, che limitavano
l’insieme delle opzioni di scelta a disposizione del soggetto apicale. Inoltre
nella sentenza si nota la svalutazione di due fattori di impedimento
dell’evento sui quali fortemente confidava anche l’imputato: il primo è dato
dal fatto che vi era nello stabilimento la presenza di un impianto antincendio
nel locale sotterraneo; però la Corte ritiene assolutamente irragionevole che
una persona come l’amministratore delegato della società, potesse confidare
103 In questo senso, D G. P., cit., p. 150.
EMURO
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solo su di un impianto neppure collocato a bordo linea; quanto al secondo,
viene ritenuta inidonea, a giustificare razionalmente la speranza di evitare
l’evento, la capacità dei suoi collaboratori che erano presenti in sede i quali
nutrivano particolari competenze e cognizioni tecniche tali da poter
collaborare con il reo al fine di evitare l’evento.
Tali sono tutti elementi che sembrano mettere in forte discussione la
correttezza della soluzione alla quale giunge la Corte nel giudizio di primo
grado. Difatti alla luce anche di queste considerazioni, riesce difficile
escludere la ragionevolezza della fiducia riposta dal decisore nella sufficienza
dei presidi cautelari comunque presenti sulla linea produttiva a rischio.
Da ciò come già anticipato, risulta davvero difficile, pensare che la
decisione sia stata presa anche a costo di produrre il disastro evento ed inoltre
che l’amministratore delegato abbia subordinato la vita dei lavoratori a
personali interessi economici. Non essendovi alcun dubbio sulla sussistenza
di una responsabilità colposa, data anche dal fatto che l’amministratore
delegato non abbia aggiornato le misure di minimizzazione del rischio di
incendi, sembrerebbe più corretto inquadrare il comportamento del reo
nell’alveo della responsabilità colposa mossa dalla previsione dell’evento.
6. La sentenza di secondo grado - Il revirement dell’impostazione
tradizionale
La Corte d’Asside d’Appello, in data 28 febbraio 2013, ha confermato nel
complesso la pronuncia di primo grado, pur tuttavia riducendo
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significativamente le pene a carico di tutti gli imputati e, soprattutto,
rovesciando il verdetto dei Giudici di primo grado, circa la sussistenza del
dolo eventuale in capo all’amministratore delegato. La questione
dell’elemento psicologico degli imputati rappresenta di certo l’aspetto di
maggior interesse della sentenza dal punto di vista della letteratura
penalistica. La sentenza in commento, nella parte in cui si occupa della
104
distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente si articola in diversi
passaggi che in parte modificano ed in parte confermano le risultanze del
giudizio di primo grado.
In un primo passaggio, la Corte ritiene di adottare un concetto di dolo
eventuale che si basa sull’accettazione della verificazione dell’evento
ritenendo che: «la nozione di dolo eventuale, inesistente nel nostro codice, è
frutto di una lunga elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria (….) Si è in
definitiva ritenuto responsabile del delitto doloso non solo chi dirige
intenzionalmente la propria condotta alla produzione dell’evento, ma anche
chi accetta consapevolmente il rischio che esso si verifichi come conseguenza
105
del proprio comportamento» .
In un secondo passaggio la sentenza individua il cuore della distinzione
tra dolo eventuale e colpa cosciente negli indici fattuali della componente
volitiva, ritenendo che, deve ricostruirsi l’atteggiamento intellettivo interiore
dell’agente sia attraverso le prove dirette sia, necessariamente, attraverso
quelle indirette, utilizzando indici e regole di esperienza e valorizzando tutti
gli elementi probatori raccolti, fra i quali particolare attenzione deve essere
104 Così, Ass. App. Torino, dep. 23 maggio 2013, cit., pp. 297-308.
105Così, Ass. App. Torino, ult. cit., p. 298.
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rivolta al comportamento tenuto dall’agente, calato nel patrimonio
complessivo delle proprie conoscenze.
In un successivo passaggio Corte esprime un esplicito rifiuto all’utilizzo
del solo criterio della rappresentazione concreta dell’evento quale strumento
volto a ricavare la componente volitiva del soggetto agente. Difatti, se è pur
vero che fra gli elementi sintomatici della accettazione del verificarsi
dell’evento il Giudice deve valutare il grado di probabilità di previsione del
verificarsi dell’evento quale conseguenza dell’azione, «ciò non permette di
affermare in via generale che, per ritenere sussistente il dolo eventuale, sia
necessaria e sufficiente la dimostrazione della previsione da parte
dell’agente della concretezza e della probabilità del verificarsi dell’evento.
In altre parole, tale tipo di previsione rimane solo uno degli strumenti offerti
al Giudice per accertare la sussistenza della volizione dell’agente e non una
106
sua caratteristica essenziale» .
Di poi la Corte ritiene che ai fini della verifica del dolo eventuale debba
svolgersi una verifica interamente ipotetica nella quale spetta al Giudice tener
conto di tutti quegli specifici elementi volti a verificare ciò che avrebbe
deciso l’agente ove si fosse prefigurata come certa la verifica dell’agente.
Quindi occorre verificare se «egli avrebbe comunque perseverato nella
sua condotta. Questa Corte condivide tale impostazione e osserva che
soltanto questa ipotetica verifica permette di dimostrare un’aliquota volitiva
107
effettiva in capo all’agente» .
106 Così, Ass. App. Torino, ult. cit., p. 299.
107 Così, Ass. App. Torino, ult. cit., p. 300.
84
Successivamente a questa ricostruzione dogmatica del concetto del dolo
eventuale, la sentenza entra nel merito della vicenda, assumendo una
posizione contraria rispetto alla soluzione prospettata dall’accusa.
Quest’ultima infatti si basava su una verifica induttiva che portava ad una
conclusione differenziata sotto due profili.
Sotto il primo, ricavava il dolo eventuale da due indici fattuali
sintomatici della componente volitiva, e cioè dalle decisioni di posticipare gli
investimenti anti-incendio e da quella di posticipare l’adeguamento della linea
5 ad epoca successiva rispetto al trasferimento dello stabilimento.
Sotto il secondo profilo, l’accusa riteneva differenziata la posizione
dell’amministratore delegato rispetto agli altri imputati.
Di contro la sentenza, rispetto al primo punto, compie una critica di
merito verso quello che è stato il criterio adottato: «è vero (…) che numerose
sentenze di legittimità mettono l’accento, per verificare il dolo, sulle
caratteristiche del comportamento tenuto dall’imputato. Ma bisogna
convenire in questo caso che la differenza tra condotte omissive e commissive
appare evanescente, perché la decisione di slittamento dell’utilizzo del fondi
appare solo la formalizzazione di una lunga serie di omissioni che avevano
da tempo tagliato gli investimenti destinati alla prevenzione. Inoltre (…) non
è la natura commissiva od omissiva della condotta che costituisce indice di
108
volizione» .
Rispetto al secondo profilo, la sentenza contesta sia la differenziazione
del contributo psicologico degli imputati sia il criterio utilizzato per
108 Così, Ass. App. Torino, ult. cit., p. 302.
85
differenziare le condotte commissive ed omissive tenute dagli imputati. «E’
risultato smentito che ESPENHAHNN abbia tenuto le due condotte
109
commissive in solitudine» .
A tal punto la Corte assume una posizione contraria rispetto a quella
adottata nel giudizio di primo grado sia rispetto al profilo del dolo eventuale
sia rispetto a quello della differente posizione dell’amministratore delegato
rispetto agli altri imputati.
Ebbene sotto il primo profilo, la Corte di Appello non entra nel merito
dell’indice della speranza, così come configurato dalla sentenza di primo
grado, bensì esprime perplessità in ordine alla comparazione/contraddizione
tra interessi: «nel comparare l’obiettivo di risparmio perseguito con i danni
previsti in caso di verificazione dei due eventi (…) noi possiamo
tranquillamente concludere che accettando il verificarsi degli eventi
ESPENHAHNN non solo non avrebbe fatto prevalere l’obiettivo perseguito
ma avrebbe provocato un danno di tali dimensioni da annullarlo e
soverchiarlo totalmente. Qui non si tratta dunque di un caso in cui l’evento
previsto è raffigurato come un prezzo da pagare per il raggiungimento
dell’obiettivo, bensì di una vicenda in cui la verificazione dell’evento diventa
110
la negazione dell’obiettivo perseguito» .
Rispetto al secondo, come già anticipato, la Corte torna a contestare la
differenziazione di pene e di imputazione tra l’amministratore delegato e gli
altri imputati ritenendo che in base agli elementi acquisiti, quest’ultimi
109 Così, Ass. App. Torino, ult. cit., p. 303.
110 Così, Ass. App. Torino, ult. cit., p. 305.
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avevano gli stessi elementi di conoscenza e avevano anche loro deciso di non
intervenire per nulla sulla sicurezza.<