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SCELTA DEL TIPO DI ACCESSO VENOSO

La scelta del dispositivo più appropriato per l'accesso vascolare è fondamentale per accrescere

la compliance terapeutica e ridurre al minimo il disagio del paziente, nonché la morbilità

correlata.

L'obiettivo è quello di selezionare il dispositivo meno invasivo con il minimo rischio di

complicanze per tutta la durata del trattamento.

L'infermiere, per selezionare il tipo di presidio vascolare più appropriato, deve considerare

diversi fattori:

2. terapia prescritta

3. durata del trattamento

4. valutazione fisica del paziente

5. anamnesi medico-infermieristica

6. disponibilità del presidio

7. preferenze del paziente.

La terapia può includere infusioni di soluzioni vescicanti o irritanti, e la frequenza di prelievo

di sangue; inoltre è necessario identificare l'osmolarità e il ph delle soluzioni da infondere in

quanto è dimostrato che l'incidenza delle flebiti è correlato al ph e all'osmolarità delle

soluzioni infuse.

La durata dell'incannulamento è un fattore importante da considerare, in quanto influenza

l'insorgenza di complicanze come le flebiti.

La valutazione fisica del paziente deve assolutamente includere la considerazione della

gravità delle condizioni cliniche del paziente, in quanto l'esistenza di malattie croniche incide

direttamente sulla scelta del dispositivo; inoltre l'integrità del patrimonio venoso è obiettivo

fondamentale per i pazienti con malattie croniche che necessitano di accessi vascolari a lungo

termine.

Un'anamnesi completa del paziente include ancora:

età

– diagnosi medica

– condizioni cliniche generali

– precedenti accessi venosi e il tipo di trattamento infuso

– anamnesi medica-chirurgica

– eventuali allergie

– prognosi.

È importante che sia presente il coinvolgimento del paziente e dei care givers nella decisione

della scelta del dispositivo vascolare, soprattutto se si tratta di accessi venosi a lungo termine.

Storicamente gli accessi venosi centrali non vengono presi in considerazione fino a quando gli

accessi periferici sono stati esauriti, nonostante la letteratura suggerisca una valutazione

precoce del paziente per la selezione del dispositivo più idoneo.

Per la scelta dell'accesso venoso bisogna tener conto della loro classificazione:

accessi venosi a breve termine

1. periferici: ago cannula, Midline

2. accessi centrali non tunnellizzati

accessi venosi a medio- lungo termine

1. sistemi venosi centrali non tunnellizzati (Honh)

2. sistemi venosi centrali tunnellizzati (Groshong)

3. sistemi venosi centrali totalmente impiantabili (Port)

4. sistemi venosi centrali a inserzione periferica (Picc)

Gli accessi venosi a breve termine sono progettati per un utilizzo continuo intra-ospedaliero,

mentre gli accessi venosi a medio-lungo termine sono progettati per un utilizzo discontinuo

anche extra-ospedaliero (day-hospital, domicilio, hospice...).

In particolare i PICC vengono utilizzati in situazioni cliniche che richiedono un accesso

venoso stabile e affidabile per periodi di tempo prolungati, e per uso discontinuo. I materiali

sono di massima biocompatibilità e biostabilità (attualmente: cateteri in silicone o poliuretano

di nuova generazione) che assicurano una performance clinica di lunga durata.

Le principali indicazioni ai PICC:

– pazienti con alto rischio di complicanze meccaniche qualora si procedesse alla

inserzione di un CVC in vena giugulare interna o succlavia (pazienti obesi; pazienti

con alterazioni anatomiche e/o patologiche del collo; pazienti con grave coagulopatia);

– pazienti con alto rischio di complicanze infettive qualora si posizionasse un CVC

tradizionale (pazienti con tracheotomia; pazienti immunodepressi o soggetti ad alto

rischio di batteriemie);

– situazioni logistiche in cui è logisticamente difficoltoso o costoso procedere al

posizionamento di un CVC tradizionale (domicilio; mancanza di un team dedicato;

etc.);

pazienti sottoposti a trattamento chemioterapico, intra ed extra ospedaliero;

– pazienti terminali, con necessità di un accesso venoso per fluidoterapia di supporto,

– nutrizione parenterale o terapia antalgica o palliativa;

pazienti chirurgici, geriatrici, con infezioni croniche o dove occorre un accesso venoso

– per più di una settimana fino a sei mesi o un anno e oltre, in assenza di complicanze.

Ambiti in cui possiamo ritrovare il PICC:

oncologia

– cure palliative

– lungodegenza

– nutrizione parenterale

– terapie endovenose non nutrizionali

– terapia intensiva

– pazienti sottoposti a frequenti TAC con MdC

– 2.3. L'IMPIANTO

L'infermiere insieme al medico e al paziente stesso, decide il tipo di presidio da impiantare, e

successivamente si attiva la procedura formalizzata dai seguenti documenti:

1. richiesta di posizionamento del dispositivo: la procedura di inserimento del dispositivo

viene attivata in seguito alla richiesta effettuata da un medico proponente corredata da

una dettagliata selezione dei criteri che pongono l'indicazione al posizionamento e

l'assenza di controindicazioni allo stesso;

2. richiesta di indagine radiologica: se la verifica del corretto posizionamento del catetere

viene eseguita con un'indagine radiologica, lo stesso medico proponente la procedura

può compilare la relativa richiesta. Se a impiantare il dispositivo è un infermiere, egli

stesso può effettuare la richiesta se è previsto un protocollo autorizzato dalla direzione

sanitaira dell'azienda;

3. richiesta di medicazioni: la gestione del dispositivo prevede l'effettuazione di un ciclo

di medicazioni per tutto il periodo del suo utilizzo, presso l'ambulatorio specifico, per

le quali è necessaria una richiesta;

4. consenso del paziente; il consenso deve essere richiesto dal medico al paziente prima

dell'atto tecnico di impianto del dispositivo previa adeguata informazione su

indicazioni, vantaggi, svantaggi, metodica di posizionamento.

Una volta eseguite tali richieste, si procede all'atto tecnico dell'impianto, solitamente “bed-

side”, ovvero al letto del paziente, ma questo non esclude che possa avvenire anche in una

sala angiografica come succede per i tradizionali CVC.

È compito dell'infermiere controllare che nella cartella clinica del paziente siano presenti tutti

gli esami ematochimici necessari al posizionamento (emocromo e coagulazione) e il consenso

informato.

A livello nazionale e internazionale è noto il protocollo SIP (Safe Insertion of PICCs)

sviluppato dal gruppo GAVeCeLT, che consiste in 8 strategie che consentono di ridurre o

escludere le potenziali complicanze associate al posizionamento di un PICC.

Tali complicanze sono:

insucesso della manovra

– puntura arteriosa accidentale

– danno nervoso

– aritmie

– malposizionamenti

– trombosi venosa

– dislocazione

– infezione

Gli 8 punti del protocollo SIP sono i seguenti:

1. Lavaggio delle mani, tecnica asettica e massime protezioni di barriera: il lavaggio

adeguato delle mani prima della manovra è una delle strategie più efficaci nel ridurre

il rischio infettivo, così come l'adozione di massime protezioni di barriera (guanti

sterili, camice sterile, mascherina non sterile, berretto non sterile, nonché ampio

campo sterile in grado di coprire tutto il paziente). Il campo sterile è un elemento

importante nell'ambito del PICC poiché il rischio di contaminazione durante la

manipolazione di cateteri, mandrini e guide metalliche di particolare lunghezza è assai

elevato. La preparazione della cute va attuata utilizzando la clorexidina 2% in

soluzione alcolica.

2. Esplorazione ecografica di tutte le vene del braccio e del collo: prima di scegliere la

vena da incannulare bisogna esaminare con l'ecografo tutte le vene profonde di

entrambe le braccia (basilica, brachiali) e del collo (ascellare, succlavia, giugulare

interna, anonima) così da escludere eventuali anomalie anatomiche o pregresse

trombosi venose, e poter scegliere la vena più probabilmente associata ad un successo

della manovra. Le vene profonde del braccio dovrebbero essere valutate sia con che

senza laccio emostatico.

3. Scelta della vena più appropriata, al terzo medio del braccio, di calibro adeguato al

catetere da inserire: la vena dovrà essere incannulata ad appropriata distanza sia dal

gomito che dall'ascella in modo da ottimizzare il nursing del sito di emergenza del

PICC. Inoltre è bene scegliere vene il cui diametro sia almeno il triplo del diametro del

catetere per minimizzare il rischio di trombosi venosa periferica PICC correlata.

4. Chiara identificazione ecografica di nervo mediano e dell'arteria brachiale: il metodo

più efficace per evitare un danno accidentale del nervo mediano è la diretta

identificazione ecografica del nervo prima e durante la venipuntura. Ugualmente il

metodo più efficace per evitare una puntura arteriosa accidentale è identificare e

visualizzare l'arteria brachiale prima e durante la venipuntura. La puntura accidentale

dell'arteria brachiale potrebbe comportare ematomi locali di varia entità ma comunque

reversibili, mentre la puntura accidentale al nervo mediano potrebbe associarsi a gravi

sequele permanenti, perciò è molto importante l'identificazione ecografica di queste

strutture prima e durante la venipuntura.

5. Venipuntura ecoguidata: la tecnica standard per l'incannulazione venosa per il

posizionamento di un PICC prevede la venipuntura ecoguidata di una vena profonda

del braccio, situata idealmente non più di 2 cm dal pianto cutaneo. Il posizionamento

di PICC a livello del gomito o del terzo distale del braccio previo incannulamento non

ecoguidato di una vena visibile o palpabile è una manovra ormai da sconsigliare,

poiché associata ad un elevato rischio di insuccessi, malposizioni, complicanze

trombotiche e infettive. Si raccomanda l'utilizzo di un kit di microintroduzione con

aghi ecogenici di piccolo calibro (21G) e guide metalliche sottili (0,018”) con punta

dritta e morbida in nitinol.

6. Controllo ecografico della vena giugulare interna durante la progressione del catetere:

durante l'inserzione è bene visualizzare ecograficamente la vena giugulare interna

omolaterale e comprimerla con la sonda ecografica, così da facilitare il passaggio del

catetere dalla vena succlavia alla vena anonima. Dopo la manovra di raccomanda di

verificare con la sonda ecografica l'assenza del catetere da entrambe le vene giugulari

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
41 pagine
9 download
SSD Scienze mediche MED/45 Scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher silviatoma di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Infermieristica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Piemonte Orientale Amedeo Avogadro - Unipmn o del prof Perino Maria.