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NELL’ORDINAMENTO

IL DANNO AMBIENTALE

ITALIANO (ALLA LUCE DEL D.LGS.152/2006).

Il concetto di “ambiente” nel nostro ordinamento

1.1. giuridico.

In Italia la materia riguardante la tutela ambientale ha avuto uno sviluppo molto

inteso come “sistema

recente. Di fatti una vera e propria definizione di ambiente, di

relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici,

architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul

territorio di piani o programmi, o di progetti nelle diverse fasi della loro

è stata

realizzazione, gestione e dimissione, nonché di eventuali malfunzionamenti”,

inserita solo con il D. Lgs. n. 152/2006, all’articolo 5, comma 1, lettera e).

un’esplicita tutela dell’ambiente,

Nella nostra Carta Costituzionale non è presente

anche se sono presenti due norme che a una superficiale lettura riguarderebbero la

tutela ambientale: si tratta dell’articolo 9 riguardante la tutela del paesaggio e del

e dell’articolo

patrimonio storico e artistico della Nazione 32 sulla tutela della salute

diritto dell’individuo e interesse della collettività.

come fondamentale Come si

evince da una lettura più profonda, queste norme non tutelano l’ambiente in modo

diretto e nella sua accezione più ampia e corretta. Per questo motivo è intervenuta la

Corte Costituzionale con la sentenza 641/1987, che ha cercato di colmare la lacuna

normativa, giungendo ad affermare che nel nostro ordinamento giuridico la

protezione dell’ambiente è imposta dai precetti contenuti nella Costituzione agli

articoli 9 e 32, e assurge a valore primario e assoluto. Da questa sentenza si evince

che l’ambiente deve essere considerato come bene immateriale unitario, sebbene

3

composto di vari elementi, ciascuno dei quali può anche costituire separatamente

1

oggetto di tutela . l’articolo

Ai già citati articoli 9 e 32 della Costituzione, bisogna aggiungere 117,

modificato nel suo testo attuale con la riforma Costituzionale del 2001. Tale norma

contiene al suo interno un richiamo alle competenze statali in tema di tutela

ambientale, senza però fornirne una definizione, né tantomeno inserirla tra i principi

Carta. La riforma modifica l’articolo

fondamentali garantiti dalla 117 alla lettera s,

prevedendo che la competenza per “la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei

beni culturali” spetti in maniera esclusiva allo Stato, attribuendo alla competenza

concorrente delle Regioni la “valorizzazione dei beni culturali e ambientali.”

L’inserimento della tutela ambientale all’interno della Costituzione ha però

provocato una serie di problemi interpretativi e quindi un elevato contenzioso

davanti alla Corte costituzionale. Di notevole importanza è la sentenza n. 407/2002,

la quale sostiene che la materia ambientale non può essere di competenza esclusiva

dello Stato, di fatti le Regioni possono dettare una disciplina ambientale più

garantista in connessione ai profili rientranti nella loro competenza.

A seguito di queste considerazioni si evince che la disciplina ambientale è sia una

materia giuridica limitata alla competenza dello Stato, sia una materia giuridica di

competenza delle Regioni e degli Enti locali, e quindi trasversale poiché passa

attraverso tanti soggetti, settori e discipline giuridiche.

L’ambiente diventa “bene giuridico”. Prime nozioni di

1.2. danno ambientale.

Prima della Riforma del Titolo V, un passo molto importante sulla materia

ambientale era già stato fatto con la promulgazione della legge 8 luglio 1986, n.349.

Diritto dell’Ambiente,

1 G. ROSSI, Seconda edizione, Torino, Giappichelli Editore, 2011.

4

il Ministero dell’Ambiente, dotato all’epoca di funzioni

Tale norma istituiva

limitate rispetto alla configurazione attuale, e considerava a livello normativo per la

prima volta l’ambiente come bene giuridico autonomo. L’ambiente diveniva quindi

oggetto di tutela in sé e per sé, attraverso gli istituti della responsabilità civile per

ambientale e dell’azione giurisdizionale amministrativa per l’annullamento

danno

dei provvedimenti lesivi dell’ambiente. L’articolo 18 è considerato l’istituto cardine

di tale legge, in quanto, fino all’entrata in vigore della parte VI del D.lgs. 152/2006,

ha costituito la norma fondamentale in materia di danno ambientale.

Tale articolo, nell’affermare che “qualunque fatto doloso o colposo in violazione di

disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta

l’ambiente, a esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo

in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello

ha trovato serie difficoltà di applicazione, soprattutto perché non

Stato”, era data

una definizione vera e propria di ambiente, inteso come bene giuridico, collegabile

all’azione di risarcimento. Per questo motivo nel corso degli anni si sono susseguite

diverse sentenze della Corte Costituzionale, con lo scopo di dare una definizione di

ambiente inteso come bene giuridico. Tra le pronunce più significative si segnalano

le sentenze n. 210 del 28 maggio 1987 e la n. 641 del 30 dicembre 1987. La prima

una preliminare elaborazione di una concezione unitaria dell’ambiente, che

giunge a

incide sia sotto il profilo delle posizioni giuridiche, sia sotto quello del bene

giuridico; tale sentenza collegandosi ai precetti degli artt. 9 e 32 della Costituzione,

osserva che “va riconosciuto lo sforzo in atto di dare un riconoscimento specifico

alla salvaguardia dell’ambiente come diritto della persona e interesse

fondamentale della collettività e di creare istituti tecnici per la loro protezione. Si

tende, cioè, a una concezione unitaria del bene ambientale, comprensiva di tutte le

La seconda pronuncia si concentra su un’articolata

risorse naturali e culturali”.

riflessione sulle caratteristiche del bene ambiente, affermando che “l’ambiente è un

bene immateriale unitario, anche se formato da varie componenti ciascuna delle

oggetto di cura e tutela”.

quali può costituire isolatamente e separatamente Grazie a

tali sentenze è possibile leggere l’articolo 18 della l. 349/1986 come prima norma

“chiave” sul danno ambientale. Tale precetto è dotato di una particolare struttura

che consente di individuare gli elementi che lo caratterizzano. Innanzitutto è

5

previsto per questo istituto un sistema di responsabilità per colpa, vale a dire che la

responsabilità civile per danno ambientale è subordinata alla prova della colpa o del

dolo da parte dell’autore e alla condizione che la condotta lesiva sia attuata contra

legem. Va inoltre dimostrata la presenza del nesso causale, ossia della relazione tra

l’azione del responsabile e l’evento di danno, spetta all’attore (quindi allo Stato e

della colpa o del dolo. L’articolo.

agli enti territoriali) fornire una prova piena 18

poi, introduce una serie di criteri di riferimento per la quantificazione del danno che

devono permettere di raggiungere la formulazione di un incentivo adeguato per il

danneggiante a non tenere più in futuro una determinata condotta lesiva. La norma,

infine definisce i soggetti legittimati ad agire in giudizio per l’azione di risarcimento

danno; si tratta dello Stato, degli enti territoriali e delle associazioni ambientaliste

2

riconosciute .

Dalla Direttiva comunitaria 2004/35/CE al D.lgs.152/2006.

1.3. Lo sviluppo del danno ambientale .

Il dibattito sull’ambiente inteso come bene giuridico e sulla responsabilità da danno

ambientale ha coinvolto anche la disciplina comunitaria, la quale ha attuato una

profonda riforma, culminata con la Direttiva 2004/35/CE, il cui scopo è di costruire

un minimo comune denominatore delle discipline dei singoli stati membri, i quali

dovevano uniformarsi entro il 30/04/2007. La Direttiva prevede una disciplina più

circoscritta, ma comunque severa rispetto a quella della legge 349/1986; per prima

cosa, infatti, introduce un sistema di selezione delle attività per cui applicare un

regime speciale di responsabilità per danno ambientale. Di fatti la disciplina

comunitaria intende selezionare le attività professionali il cui svolgimento comporta

un rischio potenziale o reale per la salute umana e dell’ambiente. Per tali attività

sono identificate all’interno dell’ Allegato III della Direttiva le norme da prendere

in considerazione. Ciò significa che la norma comunitaria è più delimitata rispetto

2 S. MAGLIA, Diritto Ambientale alla luce del D.lgs. 152/2006 e successive modificazioni, terza

edizione, Ipsoa Indicitalia, 2009. 6

all’articolo 18 della l. 349/1986 che sanzionava ogni e qualunque attività posta in

essere contra legem; la Direttiva invece seleziona i soggetti e le attività cui bisogna

collegare un rimedio risarcitorio, prevedendo una nozione di danno all’ambiente

solo per ipotesi specifiche.

Secondo l’articolo questa disciplina “si

4 comma 5 di tale Direttiva, applica al

danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento

dove per minaccia imminente

di carattere diffuso”; è inteso un rischio probabile in

modo sufficiente che si verifichi un danno ambientale in un futuro prossimo. Già da

questa lettura si può notare che la Direttiva amplia notevolmente la tutela rispetto

all’articolo 18 della legge 349/1986, contemplando la prevenzione e la riparazione,

nella misura del possibile, del danno ambientale.

data all’articolo

La nozione di danno ambientale è 2, che distingue tra danno alle

specie e agli habitat naturali protetti, danno alle acque e danno al terreno. Secondo

la Direttiva il danno consiste in un mutamento negativo, misurabile di una risorsa

naturale che può prodursi in maniera diretta o indiretta. È previsto un doppio regime

di responsabilità: il primo di responsabilità oggettiva in caso di attività selezionate

nei confronti dei beni considerati dalla Direttiva e il secondo di responsabilità per

Un’ulteriore limitazione

colpa, per tutte le altre attività. della responsabilità consiste

nella previsione del fatto che gli Stati membri possano consentire che l’operatore

non sia tenuto a sostenere i costi delle azioni di riparazione, nel caso in cui il danno

sia stato causato da attività che l’operatore dimostri non essere state considerate

probabile causa di danno sec

Dettagli
A.A. 2016-2017
56 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eleonoramurianni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'ambiente e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Bortolotti Dario.