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TITOLO II – IL PROCESSO
Capo I – Il procedimento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale
Sezione I – Introduzione del giudizio
Art. 18 – Il ricorso
Il ricorso è l’atto introduttivo del processo ed ha una duplice funzione:
Chiamata in giudizio dell’Ufficio che ha emesso l’atto impugnato;
Domanda di tutela giurisdizionale rivolta al giudice.
Il ricorso va redatto in lingua italiana, fatte salve le eccezioni territoriali sul bilinguismo e in due
esemplari: 1° esemplare per l’Ufficio e 2° esemplare per la Commissione.
La prima parte che si costituisce è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato, che è
dovuto per ciascun grado di giudizio del processo tributario e funziona secondo una progressività
per scaglioni collegata al valore della controversia. Quest’ultimo viene determinato in base all’art.
12.
L’art. 18 detta i requisiti essenziali del ricorso, che sono:
La Commissione Tributaria a cui è diretto;
Il ricorrente, o il suo legale rappresentante, con l’indicazione della residenza/sede/domicilio,
nonché del codice fiscale e, se in possesso, della PEC. Inoltre, il difensore abilitato deve
indicare la propria categoria di appartenenza, l’indirizzo PEC, il numero fax e il codice
fiscale;
Il resistente, cioè l’Ufficio che ha emesso l’atto che si intende contestare o che non ha
emesso l’atto richiesto;
L’atto impugnato, del quale va indicata la tipologia. Nell’ipotesi di rifiuto tacito alla
restituzione dei tributi, mancando l’atto, devono essere indicati gli estremi dell’istanza di
rimborso;
L’oggetto della domanda, cioè quanto il ricorrente chiede al giudice tributario a tutela delle
proprie ragioni. Va ricordato che il giudice è vincolato dal generale principio processuale
della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Se l’atto viene impugnato parzialmente,
la parte restante diventa definitiva;
I motivi, cioè le ragioni in fatto e in diritto su cui si fonda la domanda del ricorrente. Va
ricordato vale il principio della non contestazione, secondo il quale diventano prove nel
processo sia quelle proposte dalle parti, sia i fatti non specificamente contestati. Inoltre,
non è possibile integrare i motivi indicati nel ricorso introduttivo. Tuttavia, è concesso al
contribuente di notificare, entro il termine di impugnazione previsto per la proposizione del
ricorso, un nuovo ricorso contenente i motivi di difesa diversi ed ulteriori rispetto a quelli
proposti nel ricorso precedente. Questo perché nel processo tributario non è applicabile il
principio di consumazione dell’impugnazione;
La sottoscrizione del difensore. Questo requisito presenta due deroghe: una per le
controversie minori e un’altra per il soggetto abilitato a difendere altri.
Il ricorso è inammissibile nel caso di mancanza o assoluta incertezza di uno dei requisiti essenziali,
ad eccezione del codice fiscale e dell’indirizzo PEC.
Art. 19 – Atti impugnabili e oggetto del ricorso
Al primo comma dell’art. 19 vengono elencati gli atti che il contribuente può impugnare con ricorso
dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. Mentre inizialmente era considerato un elenco
tassativo, ora non lo è più.
In virtù di questo cambiamento, il contribuente può impugnare dinanzi al giudice tributario anche
atti diversi da quelli contenuti in detto elenco, a condizione però che l’atto contenga la
manifestazione di una compiuta e definita pretesa tributaria. Peraltro, la mancata impugnazione di
un atto non espressamente indicato in tale elenco non determina la non impugnabilità di quella
pretesa, con conseguente cristallizzazione della pretesa, in quanto sarà successivamente reiterata
in uno degli atti previsti dall’art. 19.
L’elenco contiene dunque gli atti tipici, me non esaurisce il novero di quelli impugnabili.
L’elenco dell’art. 19 contiene i seguenti atti:
Avviso di accertamento del tributo;
Avviso di liquidazione del tributo: è l’atto che si pone nella fase intermedia tra il
procedimento di accertamento e quello di riscossione, ed ha la funzione di quantificare la
pretesa fiscale accertata;
Provvedimento di irrogazione di sanzioni tributarie;
Ruolo e cartella di pagamento: sia il ruolo che la cartella di pagamento sono atti
autonomamente impugnabili, ma siccome il ruolo viene portato a conoscenza del
contribuente attraverso la cartella di pagamento, la sua impugnazione non può che
avvenire insieme con la cartella di pagamento;
Avviso di mora;
Iscrizione ipotecaria e fermo di beni registrati: questi solo quando il credito posto a
fondamento del provvedimento cautelare ha natura tributaria;
Atti relativi alle operazioni catastali;
Rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri
accessori non dovuti: nel caso di silenzio-rifiuto, il ricorso può essere proposto soltanto
dopo 90 giorni dall’istanza presentata, e fino a quando il diritto alla restituzione di quanto
preteso non sia prescritto;
Diniego o revoca di agevolazioni e di condoni;
Altri atti impugnabili in base alla legge.
La tassatività dell’elenco deve intendersi riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente
individuati, ma alla individuazione di categorie di atti considerate in relazione agli effetti giuridici da
quelli prodotti, con la conseguenza che non è impedito all’interprete di ricondurre ad una delle
predette categorie anche atti atipici.
Gli atti impugnabili devono indicare:
Il termine entro il quale il ricorso deve essere proposto;
La Commissione Tributaria competente;
Le modalità da seguire per la proposizione di un ricorso.
L’omessa o incompleta indicazione di questi elementi non comporta la nullità dell’atto. La
Cassazione, in merito, ha ritenuto ammissibile un ricorso proposto fuori termine che tuttavia
rispettava il termine, errato, presente sull’atto impugnato.
Una regola fondamentale dettata dall’art. 19 è quella dei vizi propri. In base a questa, gli atti
autonomamente impugnabili possono essere impugnati esclusivamente per vizi ad essi inerenti.
Nel caso in cui l’atto non sia stato notificato, o sia stato notificato in modo irregolare, il contribuente
può impugnare tale atto unitamente a quello successivo, la cui notificazione ha portato il
contribuente stesso a conoscenza dell’atto precedente non notificato.
L’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che
comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Il contribuente può far valere tale nullità:
Impugnando l’atto notificato per tale vizio, rimanendo esposto all’eventuale successiva
azione dell’amministrazione, salvo che non sia prescritta la possibilità;
Impugnando cumulativamente tutti e due gli atti, per contestare anche la pretesa.
Art. 20 – Proposizione del ricorso
Il ricorso deve essere proposto nei confronti della controparte che ha emanato l’atto impugnato o
non ha emanato il provvedimento richiesto. Ne deriva che i ricorsi:
Nei quali il contribuente faccia valere vizi inerenti alla pretesa tributaria, vanno proposti
direttamente nei confronti del soggetto titolare della pretesa;
Nei quali sia incerto ricondurre i vizi all’Ufficio o al Agente della riscossione, vanno proposti
nei confronti dell’Agente della riscossione, il quale ha l’onere di chiamare in causa l’Ufficio
al fine di evitare gli effetti pregiudizievoli di una condanna;
Nei quali siano eccepiti solo vizi inerenti alla regolarità o alla validità degli atti della
riscossione, vanno proposti nei confronti dell’Agente della riscossione.
La notifica da parte del contribuente dell’impugnazione presso un Ufficio periferico dell’AdE non
territorialmente competente, perché diverso da quello che ha emesso l’atto, non comporta né la
nullità né la decadenza dell’impugnazione. Infatti, l’Ufficio è tenuto a trasmettere il ricorso all’Ufficio
competente.
Il ricorso può essere proposto attraverso una delle seguenti modalità alternative:
Spedizione postale dell’originale, in plico senza busta raccomandato con avviso di
ricevimento. In questo caso, il ricorso si intende proposto alla data di spedizione che risulta
dal timbro. La copia del ricorso viene trattenuta dal difensore del ricorrente per poi essere
depositata in Segreteria ai fini della costituzione in giudizio;
Consegna diretta dell’originale all’impiegato addetto all’Ufficio finanziario o dell’Ente locale,
che ne rilascia ricevuta. In questo caso, il ricorso si intende proposto alla data che risulta
dalla ricevuta che viene rilasciata o dal timbro apposto sulla copia dell’atto. La copia del
ricorso sarà depositata, a cura del difensore nella Segreteria, ai fini della costituzione in
giudizio. Sotto il profilo letterale, non sembra essere consentita la consegna diretta
all’Agente;
Notifica tramite ufficiale giudiziario. Il ricorrente consegna il ricorso in originale e copia
conforme all’ufficiale giudiziario, il quale provvede a consegnare o spedire all’Ufficio
destinatario il ricorso, e restituire l’originale con l’attestazione dell’avvenuta notifica al
ricorrente. In questo caso, il ricorso si intende proposto per il notificante, al momento della
consegna dell’atto nelle mani dell’Ufficiale giudiziario, mentre per il destinatario, al
momento in cui si perfeziona la notifica.
Art. 21 – Termine per la proposizione del ricorso
Il ricorso deve essere proposto entro 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato, a
pena di inammissibilità, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
La parte che dimostra di essere incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile può
chiedere al giudice di essere rimessa in termini. In questo caso, il giudice provvede a norma
dell’art. 294 c.p.c., in base a quanto disposto dall’art. 153 c.p.c..
Per il computo dei termini si osservano le norme dettate dall’art. 2963 c.c. e dall’art. 155 c.p.c.. In
linea generale, pertanto, il termine viene individuato nei seguenti modi:
Quando si parla di giorni, il termine va individuato considerando che il giorno iniziale va
escluso e, se il termine cade in un giorno festivo, slitta al giorno successivo;
Quando si parla di giorni liberi, il termine va individuato considerando che il giorno iniziale e
quello finale si escludono e, se il termine cade in un giorno festivo, slitta al giorno
successivo;
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