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LA TESTIMONIANZA OCULARE
3. “Giuri di dire la verità, tutta la verità, o qualunque cosa tu pensi di
ricordare?”
3.1 La testimonianza
E’ possibile applicare queste riflessioni sulla memoria al campo della
testimonianza, che continua ancora oggi ad avere un ruolo decisivo in
campo giuridico ed investigativo.
Stern (1939) definisce la testimonianza come la riproduzione verbale
o scritta di contenuti mnemonici, che fanno riferimento ad una
particolare esperienza o ad un certo evento esperito.
La testimonianza può essere distinta in testimonianza diretta, nel caso
l’individuo ha assistito al fatto in prima persona e
in cui testimonianza
quando,invece, l’individuo è venuto a conoscenza del fatto
indiretta,
in un secondo momento tramite il racconto di altri.
Nel secondo caso è possibile che avvenga una re-interpretazione da
parte del soggetto riguardo ai fatti di cui è venuto a conoscenza.
In entrambi i casi comunque la testimonianza riporta sia una parte di
verità oggettiva sia una costruzione soggettiva dei fatti, legata a
componenti emozionali e situazionali che influenzano il ricordo ma
anche ai sopraccitati errori di memoria.
Operazioni di questo tipo possono portare il testimone oculare a
fornire involontariamente una deposizione diversa dal reale
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svolgimento dei fatti, in quanto possono avere alterato la percezione
dell’evento e dei fatti accaduti da renderli diversi da ciò che accadde
effettivamente (Loftus, 1999; Gulotta 1987; De Cataldo,1988;
Cavedon, 1992; Mazzoni, 1997; Mazzoni, 2000).
Un’analogia interessante per comprendere meglio quanto l’attività
ricostruttiva di un individuo possa influire sulla memoria di un evento
è stata proposta dal cognitivista Urlic Neisser (1967), il quale ha
paragonato il soggetto che ricorda ad un paleontologo che tenta di
ricostruire un dinosauro partendo dai pochi frammenti ossei di cui
dispone. Le ricostruzioni possibili sono molteplici ma il risultato,
poiché basato su diverse congetture, non potrà essere certamente
simile all’originale.
Essendo, quindi, il ricordo di un evento una ricostruzione, andrebbero
esaminati i fattori che intercorrono prima dell’evento, durante le fasi
del processo mnestico ed, infine, le azioni ed i processi che accadono
dopo l’evento e che potrebbero alterarne la ritenzione ed il recupero
(Petruccelli e Petruccelli, 2004).
Secondo Schacter (1996) il processo di codifica e il ricordo sono
praticamente inseparabili, dal momento che si ricorda solo ciò che si è
codificato e ciò che viene codificato dipende da chi siamo, dalle nostre
esperienze passate, dalle nostre conoscenze, dai nostri bisogni, con
una grande influenza su ciò che viene immagazzinato in memoria.
La visione di Schacter spiega perché talvolta persone diverse
ricordano lo stesso episodio in modo radicalmente opposto. Un
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l’informazione che proviene
testimone generalmente codifica
dall’ambiente (ad esempio, vede l’incidente tra due macchine). Questa
informazione però entra nel sistema cognitivo del soggetto in modo
diverso rispetto alla forma ed ai dettagli con cui è presente
nell’ambiente.
Quando il testimone viene invitato a ricordare e riconoscere
informazioni,queste riguardano in primo luogo la memoria episodica,
tuttavia non va sottovalutatala possibile influenza della memoria
semantica sul ricordo episodico.
Si deve, inoltre, tener presente che, ad esempio, la modalità di
acquisizione del materiale può influenzare la rappresentazione delle
conoscenze nella memoria episodica: vi è differenza, infatti, quando
un ricordo è intenzionale (tendenzialmente il soggetto sarà facilitato
l’evento) e quando invece è accidentale(probabilmente il
nel ricordare
ricordo sarà scarso e lacunoso in termini di quantità, anche se talvolta
può essere ugualmente accurato) (Mazzoni, 2003).
Ed è proprio il ricordo accidentale che spesso caratterizza le
testimonianze: la maggior parte delle volte, infatti, accade che
l’individuo è chiamato a testimoniare su eventi inattesi, che non ha la
consapevolezza di dover ricordare. In questi casi, il ricordo è
solitamente scarso e frammentario.
Spesso i testimoni di un processo possono essere convinti di ricordare
eventi che non si sono verificati, per cui possono incorrere in quella
40
definisce “falsa testimonianza inconsapevole”
che Gianrico Carofiglio
(Cubelli e Della Sala, 2007).
L’attendibilità del testimone
3.2
testimoni, come disse Bentham,”sono
I gli occhi e gli orecchi della
giustizia” ed è quindi giustificato l'interesse della psicologia
giudiziaria per il processo testimoniale(Ferracuti, 1959). Le diverse
teorie sulla memoria ed il suo funzionamento insieme ai numerosi
studi condotti su questo argomento aprono la controversa questione
dell’attendibilità dei testimoni. Si può credere in assoluto ad un
ricordare esattamente un evento che “ha visto
individuo che dice di
con i suoi occhi”?
Da quanto esposto finora è possibile comprendere che la memoria è
un meccanismo imperfetto, dal momento che è influenzato da
molteplici fattori che possono intervenire nelle tre diverse fasi
sopraelencate ed ostacolare così la modalità corretta di codifica,
mantenimento o recupero di un ricordo.
Molti studi ed esperimenti hanno dimostrato che nell’osservazione e
racconto di un evento, è fondamentale l’influenza delle
nel
caratteristiche proprie di un individuo, dei suoi schemi mentali e delle
sue conoscenze pregresse, nonché dalle caratteristiche della
situazione.
In un esperimento, Loftus (1979) ha presentato a due gruppi di
volontari due scene ambientate in un fast-food: nella prima il cliente si
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una pistola, nell’altra, invece, aveva in
avvicinava al cassiere con
mano un assegno.
Dalle registrazioni dei movimenti oculari è stato possibile osservare
persone fissavano la pistola più a lungo dell’assegno ed erano
che le
talmente attirati dalla pistola da non ricordare gli altri particolari della
“effetto
scena. Questo fenomeno è stato definito arma”.
In questo caso, la difficoltà a ricordare gli elementi della scena può
dipendere da un difetto di codifica: il testimone opera una selezione
delle informazioni da incamerare dovuta ad un elemento particolare
che lo porta a distogliere l’attenzione dal contesto globale.
Un'altra caratteristica della memoria che può influire nel racconto di
una testimonianza è la tendenza a compensare lacune mnestiche. A
questo proposito Brewer e Treyens (1981) hanno condotto un
esperimento: hanno lasciato dei soggetti per alcuni minuti in una
come l’ufficio di un professore universitario
stanza presentata e hanno
chiesto loro di descrivere l’arredamento e gli oggetti presenti nella
poi
stanza. Molti affermarono di aver visto una scrivania e dei libri, che in
realtà non c’erano;pochissimi, invece, notarono oggetti insoliti come
un teschio o un cesto da pic-nic.
Questo esperimento permette dunque di spiegare che, di fronte ad
un’inattesa richiesta di recupero di memoria, quale è la maggior parte
delle volte una richiesta di testimonianza, gli individui sono portati ad
usare gli schemi di conoscenza per completare i ricordi mancanti o per
evitare resoconti poveri di particolari (Cubelli e Della Sala, 2007). 42
Da questi esempi emerge, quindi, che un testimone è, per
definizione,inattendibile dal momento che è chiamato a riportare
quello che essendo un ricordo,cioè una ricostruzione, è
necessariamente diverso dall’evento originale, una deformazione della
realtà. “come
II contenuto della deposizione deve essere, quindi, considerato
qualcosa che non può mai essere pura riproduzione fotografica di un
fatto obiettivo, ma è sempre il prodotto di una molteplicità di
coefficienti: in parte soltanto dati dagli elementi di quel fatto
obiettivo, ma in parte costituiti dalla natura stessa della personalità
psichica del testimonio, e da tutti gli elementi esteriori che hanno
passato e che attualmente agiscono sul testimonio stesso”
agito nel
(Musatti, 1931).
In questo ambito, un ruolo molto importante nella fase di raccolta
delle testimonianze può essere svolto dallo psicologo non in quanto
dell’investigatore, ma in quanto possessore di competenze e
sostituto
strumenti conoscitivi atti a comprendere i meccanismi che operano nel
processo di rievocazione dei ricordi e ad individuare eventuali
elementi che possono aver influenzato il racconto. 43
Il recupero dell’informazione
3.3
Nel capitolo precedente sono state sinteticamente richiamate le
numerose teorie esistenti sul funzionamento della memoria
sottolineando l’importanza che rivestono gli studi e gli esperimenti su
questo argomento nel campo della psicologia investigativa.
La Psicologia Investigativa come applicazione della psicologia al
processo investigativo e più in generale all'attività di Polizia
Giudiziaria, trova modalità applicative:
– nella preparazione e nell'analisi dell'intervista investigativa e
dell'interrogatorio
– nella definizione del profilo criminale (offender profiling)
–
problem solving nella stesura dell'autopsia psicologica
– nello studio della psicologia della negoziazione
– nell'analisi psicologica di testi scritti
– nella preparazione dell'operatore di Polizia e del team investigativo
nel dei processi investigativi
– nello studio della psicologia della testimonianza oculare.
Lo scopo principale della psicologia della testimonianza è quello di
“stabilire criteri esatti e certi così da rendere possibile sulla base
delle testimonianze la ricostruzione obiettiva dei fatti o degli
accadimenti reali” (Musatti, 1991).
In particolare, vi sono diverse forme di collaborazione ed integrazione
che lo psicologo può offrire alla squadra investigativa: 44
♦attraverso lo sviluppo di diverse tecniche di intervista, durante la fase
della testimonianza vera e propria;
♦assicurandosi, all’americana
ad esempio, che il line-up, o confronto
come metodo di riconoscimento del “colpevole” si svolga in
maniera corretta;
♦ attraverso il riconoscimento delle false confessioni (in USA, il 20-
25%
dei detenuti scagionati dalla prova del DNA era in carcere per aver
confessato la propria colpevolezz