LE FIABE RUSSE
Oralità e scrittura - Vladimir Propp e la vita difficile della fiaba russa
Nell'ambito dello studio della letteratura russa, una delle problematiche più discusse è
sempre stata la ricerca dei motivi che hanno portato il linguaggio parlato e la tradizione
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orale a rimanere privi di una corrispondente versione scritta.
Il famoso linguista Roman Jakobson commentò proprio il rapporto tra oralità e
scrittura, spiegando l’influenza che ebbe la Chiesa Ortodossa sulla letteratura russa:
Per molti secoli la letteratura scritta russa è stata quasi totalmente subordinata alla
chiesa: con tutta la sua ricchezza e l'alto livello artistico, il patrimonio letterario
antico-russo è quasi interamente assorbito da vite di santi e di uomini pii, da
leggende devote, preghiere, sermoni, discorsi ecclesiastici e cronache di tono
monastico. Il mondo laico antico-russo possedeva bensì una narrativa copiosa,
originale, varia e altamente artistica, ma il suo solo mezzo di diffusione era la
trasmissione orale. L'idea di usare la parola scritta per la poesia profana era
totalmente aliena alla tradizione russa, e i mezzi espressivi di questa poesia erano
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inscindibili dalla sua esecuzione trasmissione orale.
Tuttavia, nonostante questi divieti, la tradizione orale delle fiabe russe prosperò.
Le fiabe, infatti, vennero trasmesse oralmente da una generazione all’altra e i cantori
ebbero un ruolo significativo per la società russa, perché avevano il compito di
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intrattenere i lavoratori durante i momenti di ozio.
Con il trascorrere del tempo gli uomini, specialmente i letterati, sentirono la necessità
di trascrivere i racconti tanto amati della tradizione russa, dando vita a una letteratura
ricca di storie e leggende.
Per questa ragione Vladimir Propp, uno dei più famosi formalisti russi, sostenne che
fu Aleksandr Puškin il primo a trascrivere le fiabe popolari e che fece nascere
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l’interesse in campo scientifico-letterario.
29 M. Lovisolo, Oralità e letteratura – Il folclore russo nelle fiabe in versi di Puškin, in Ricognizioni.
Rivista di lingue, letterature e culture moderne 2, 2014, qui p. 139.
30 R. Jakobson, Sulle fiabe russe, in Premesse di storia letteraria slava, Il Saggiatore, Milano, 1975, p.
336-337.
31 M. Lovisolo, Oralità e letteratura – Il folclore russo nelle fiabe in versi di Puškin, in Ricognizioni.
Rivista di lingue, letterature e culture moderne 2, 2014, qui p. 139.
32 V. Propp; La fiaba russa, Monfalcone, Mimesis edizioni, 2020, qui p. 60.
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La fiaba fu il fulcro centrale dello studio di Propp, il quale dopo essersi laureato in
filologia russa e tedesca, cambiò campo di interesse dedicandosi all’analisi del folklore
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russo.
Egli pubblicò, nel 1928, la sua opera più importante Morfologia della fiaba,
analizzando le caratteristiche delle fiabe tradizionali russe e identificando 31 funzioni
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narrative, che costituiscono le componenti fondamentali di una fiaba. Quest’opera,
dunque, “si dedica a identificare gli elementi costanti e le regole uniformi con cui
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risultano costruite certe fiabe […]”.
Propp scrisse anche La fiaba russa, in cui delineò uno studio accurato della fiaba,
riferendosi soprattutto a quella russa.
Già nell’introduzione Propp tracciò una specie di definizione di fiaba:
[…] la poeticità, la spontaneità, la bellezza e il senso di verità profonda della
fiaba, l’allegria, la vivacità, la brillante acutezza; essa è un misto di ingenuità
infantile e di profonda saggezza congiunta ad una concezione della vita semplice
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e sobria.
Lo studioso spiegò, inoltre, che in tutte le letterature del mondo la fiaba ebbe un ruolo
importante, ma fu specialmente in Europa che ebbe uno sviluppo maggiore. I fratelli
Grimm, ad esempio, nel loro terzo volume delle Fiabe del focolare, riuscirono a
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riportare un’enorme quantità di fiabe popolari di tutta Europa.
Come scritto precedentemente, in Russia la fiaba non ebbe vita facile per tutto il
periodo del medioevo. Nonostante i divieti imposti da autorità politiche e religiose, la
fiaba si diffuse tra il popolo ed entrò nella letteratura russa mantenendo intatto il suo
fascino. Le fiabe, quindi, vennero raccontate in segreto come spiega la testimonianza
dei fratelli Boris e Jurij Sokolov nell’opera di Propp: “Non credevano al signore di
città, ritenevano che appartenesse alla “polizia segreta” ed erano convinti che
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sarebbero andati in prigione per aver raccontato le fiabe”. La paura di raccontare le
fiabe durò fino ai primi anni del Novecento, sebbene l’opinione di questi piccoli
33 V. Propp, Morfologia della fiaba, a cura di Gian Luigi Bravo, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1966
(San Pietroburgo, 1928), nota dell’editore, p. IX.
34 Ivi, p. 27.
35 V. Propp, Le radici storiche dei racconti di fate, Universale Scientifica Boringhieri, Introduzione di
A. M. Ciresi, p. 6.
36 V. Propp, La fiaba russa: lezioni inedite, a cura di F. Crestani, 1990, p. 7.
37 Ivi, p. 5
38 Ivi, p. 77. 13
racconti fosse cambiata in maniera positiva nel corso degli anni, grazie soprattutto alle
riforme di Pietro il Grande e all’apertura verso l’Occidente avvenuti nel Settecento.
Lo zar Pietro portò un grande rinnovamento nell’antica Rus’, specialmente sotto i punti
di vista politico, economico, culturale e artistico.
Iniziò in quel periodo a formarsi la letteratura russa laica basata sull’arte narrativa
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popolare, caratterizzata quindi da un aspetto anti-ecclesiastico.
Anche lo zar Ivan il Terribile ebbe un interesse verso la cultura popolare, comprese le
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fiabe e i racconti tradizionali. Fu un fatto insolito e curioso, considerando le
circostanze storiche e politiche del suo regno, caratterizzate da conflitti e brutalità.
Nonostante queste innovazioni in ambito culturale, la censura rimase per anni attiva e
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molte fiabe popolari continuarono a subire divieti fino alla fine dell’epoca imperiale.
Aleksandr Puškin e la trascrizione delle fiabe
Aleksandr Puškin è considerato ancora oggi un pilastro della letteratura russa, il primo
che riconobbe la ricchezza della tradizione popolare russa, dalla quale prese
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ispirazione per le sue opere.
Come scritto anticipatamente le fiabe vennero trasmesse oralmente di generazione in
generazione, dunque non esisteva nessuna fiaba scritta. Ma fu solo all’inizio
dell’Ottocento, come affermò Propp, che si ebbe uno svolta significativa: “Nella storia
della cultura artistica russa Puškin fu il primo ad annotare dalla voce di una semplice
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contadina le fiabe popolari comprendendone appieno tutta la bellezza”.
La “semplice contadina” della quale si parla era la sua governante, Arina Rodionovna,
e Puškin trascrisse le fiabe raccontate proprio da lei nei suoi appunti.
Nell’introduzione del romanzo Eugenio Onegin viene spiegata la vita del poeta,
precisando proprio il momento in cui egli apprese le nozioni basilari delle fiabe
tradizionali russe:
La governante intratteneva Puškin con meravigliose storie dei tempi andati, della
mitologia minore e di creature di cui era ricca la fantasia popolare. Puškin,
dunque, ebbe un’infanzia immersa nella letteratura, dato che anche i suoi
39 Ivi, p. 56.
40 A. N. Afana’sev, Fiabe russe, introduzione e note di E. Bazzarelli, traduzione di E. Bazzarelli, E.
Guercetti, E. Klein – 3° ed. Milano: Biblioteca universale Rizzoli, 2011, qui p. 6.
41 V. Propp, La fiaba russa: lezioni inedite, a cura di F. Crestani, 1990, pp. 70-73.
42 M. Lovisolo, Oralità e letteratura – Il folclore russo nelle fiabe in versi di Puškin, in Ricognizioni.
Rivista di lingue, letterature e culture moderne 2, 2014, qui p. 140.
43 V. Propp, La fiaba russa: lezioni inedite, a cura di F. Crestani, 1990, p. 60.
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famigliari erano interessati a questo campo e invitavano scrittori emergenti nella
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loro casa.
Negli anni successivi “l’interesse di Puškin per le fiabe fu determinato dallo sviluppo
della coscienza generale dell’intelligencija illuminata di quell’epoca e dell’evoluzione
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dell’arte di Puškin stesso.”
Si intuisce, dunque, che ciò che fece da sfondo alla vita del poeta fu proprio il contesto
culturale in cui visse, dato che nel XIX secolo la Russia stava riscoprendo le radici
culturali e affermando la propria identità. Puškin si avvicinò al folklore, analizzando
le fiabe tradizionali e mescolando fantasia e realtà nei suoi racconti. Secondo il poeta
“era quindi necessario immergersi nel folklore e nelle fiabe, poiché esse riflettevano
pienamente l'uomo russo, il suo modo di pensare e di rapportarsi alla vita, i suoi ideali
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e le sue aspirazioni.”
Nonostante tutti gli studi e la pubblicazione dell’opera di Puškin, la fiaba venne
considerata una forma minore di poesia popolare e solo nella seconda metà
dell’Ottocento comparvero le prime raccolte di fiabe.
Aleksandr Afanas’ev e la sua raccolta
Gli uomini iniziarono ad avere la necessità di pubblicare le fiabe tradizionali, poiché
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temevano di perdere questi preziosi racconti ricchi di cultura e storia popolare.
Sebbene la pubblicazione delle fiabe sia avvenuta lentamente, molti letterati iniziarono
a trascrivere le fiabe nelle opere, aggiungendo particolari di loro invenzione.
Esistevano “due linee di sviluppo nell’ambito della raccolta e della pubblicazione di
fiabe: da una parte la tendenza alla pubblicazione di fiabe elaborate in senso letterario,
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dall’altra il tentativo di pubblicare testi autenticamente popolari”. A rispondere
all’esigenza dell’autenticità delle fiabe russe arrivò Aleksandr Afanas’ev con la sua
raccolta.
Adriana Querzè e Arturo Ghinelli, nel libro Kan Ma Kan. C’era e non c’era,
affermarono che “il lavoro di Afanasjev fu molto importante e rigoroso; costituì il
44 V. Puškin, Eugenio Onegin, a cura di E. Bazzarelli, Grandi classici BUR, 2015, qui p. 5.
45 V. Propp, La fiaba russa: lezioni inedite, a cura di F. Crestani, 1990, p. 62.
46 M. Lovisolo, Oralità e letteratura – Il folclore russo nelle fiabe in versi di Puškin, in Ricognizioni.
Rivista di lingue, letterature e culture moderne 2, 2014, qui p. 140.
47 V. Propp, La fiaba russa: lezioni inedite, a cura di F. Crestani, 1990, p. 65.
48 Ivi, p. 65. 15
punto di avvio per la Morfologia della fiaba di Propp che utilizzando le fiabe raccolte,
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costruì uno stru
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