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2. IL MONDO CLASSE NELL'UNIVERSO DELLE RELAZIONI

2.1. I COLORI DELL'ALTRO COME RICCHEZZA

2.1.1 Il fenomeno migratorio e le differenze religiose

Nel precedente capitolo, abbiamo accennato alle migrazioni internazionali e ai

motivi-cause che portano l’uomo a imbarcarsi con una sola valigia di cartone,

colma di sogni e di speranze. Speranza di giungere in una terra più fiorente, di

approdare tra gente comune, aperta allo scambio, al dialogo, all’incontro. Ma

non sempre ciò accade, soprattutto se si tratta di clandestini, di stranieri venuti

nei nostri paesi per rubarci il lavoro, per disseminare violenza, furti e negatività,

nel senso più ampio del termine. Cerchiamo di fare un passo indietro e

ripercorre le tappe fondamentali di popoli che spostandosi hanno creato nuove

civiltà, nuove mentalità e modi di agire. Così facendo capiremo i loro perché e i

loro ma. Fin dalla sua comparsa nell’Africa orientale (150 milioni di anni fa),

l’uomo sapiens sapiens si è spostato gradualmente verso le aree limitrofe fino a

popolare l’intero pianeta. La migrazione e gli esodi, quindi, sono tra i fenomeni

più frequenti e caratteristici dell’umanità. Infatti, la storia del popolamento dei

continenti è la storia degli spostamenti di massa dei gruppi sociali alla ricerca di

condizioni di vita idonee alla sopravvivenza. Si può certamente affermare che

42 PICCONE S., 2003, Carocci, Roma.

Esperienze multiculturali. Origini e problemi,

35

la causa di fondo delle migrazioni, comprese quelle contemporanee, è quella

determinata dalla pressione demografica differenziale tra il luogo di origine e il

luogo di destinazione, intendendo come pressione demografica il rapporto tra

l’incremento della popolazione e il tasso di sviluppo economico e sociale.

Le migrazioni odierne, infatti, sono in stretto rapporto con il problema del

sottosviluppo che affligge i due terzi della popolazione mondiale. Infatti, la

causa principale delle migrazioni che interessano i cosiddetti Paesi in via di

sviluppo va rintracciata nell’enorme divario delle condizioni economiche e

sociali con i Paesi sviluppati. A partire dal XVI secolo le migrazioni di massa

intercontinentali caratterizzano la storia dell’uomo. Con la scoperta

dell’America si aprono nuovi scenari e si materializzano nuove possibilità per

una parte delle popolazioni europee che intravedono, nelle nuove terre, la

possibilità di un riscatto economico e in alcuni casi un rifugio per sfuggire a

persecuzioni di natura politica o religiosa. A partire dall’inizio del XX secolo

l’Europa da continente di emigrazione diventa continente di immigrazione a

causa essenzialmente di tre fattori: il crollo delle nascite, l’allungamento della

vita media e la restrizione dei flussi migratori da parte degli Stati Uniti e del

Canada. Anche l’Europa meridionale, tradizionalmente esportatrice di mano

d’opera, conosce l’immigrazione. L’Italia, la Spagna, il Portogallo e la Grecia

per la prima volta diventano importatori di mano d’opera anche per ragioni di

vicinanza geografica con l’Africa del Nord. Il passaggio dalla società industriale

alla società postindustriale ha modificato il panorama del sistema produttivo. Si

assiste ad un nuovo fenomeno: la competizione mondiale dei lavoratori nelle

diverse parti del mondo. Tuttavia, la globalizzazione dei mercati invece di

limitare il fenomeno migratorio rischia di alimentarlo in quanto il lavoratore

non è alla ricerca del solo lavoro ma, anche, di migliori condizioni di vita e, per

ottenere ciò, è disposto a spostarsi in tutte quelle parti del mondo che i media

gli mostrano come migliori.

Oggi è molto più facile e veloce spostarsi, il progresso dei sistemi di trasporti

ha rivoluzionato il rapporto tra individuo e spazio fisico. La facilità dei contatti

sta modificando il legame con la terra d’origine, conseguentemente il concetto

di patria è diventato meno statico agevolando, in questo modo, il nomadismo

fisico e culturale. L’emigrazione assume carattere definitivo (processo di

36

stabilizzazione) nel senso che l’emigrante tende a non ritornare più nel Paese di

origine ma, viceversa, si rafforza il fenomeno del ricongiungimento familiare.

L’Italia, nel panorama internazionale dei flussi emigratori dalla seconda metà

dell’Ottocento e fino alla seconda metà del Novecento, è stata uno dei Paesi

con il maggiore numero di emigrati. Gli emigrati italiani dalla seconda metà

dell’Ottocento fino agli anni Settanta del Novecento sono stati oltre

ventiseimilioni. Questo esodo si è diretto in direzione dei Paesi con più alta

possibilità di lavoro ma, soprattutto, con più alta possibilità di inserimento

sociale e si è attuato nei Paesi che hanno facilitato l’ingresso agli italiani

(Francia, Germania, Inghilterra, Svizzera, Belgio, Stati Uniti, Canada,

Venezuela, Australia, Argentina e Brasile). Il fenomeno dell’immigrazione in

Italia è un fenomeno molto recente e risale agli inizi degli anni Settanta del

Novecento. Questo nuovo processo rientra nel progressivo mutamento dei

flussi migratori internazionali caratterizzato dal cambio di direzione e dalla

composizione etnica che, nel caso dell’Italia, è determinata dalla presenza di

popolazione proveniente dai cosiddetti Paesi sottosviluppati. Il primo

significativo flusso di immigrati è stato quello avvenuto in Sicilia negli anni

Settanta per opera di immigrati tunisini che hanno trovato lavoro nel settore

della pesca e in quello agricolo. Successivamente si è sviluppato il fenomeno

delle immigrazioni di donne provenienti dall’America Latina, dalle isole di

Capo Verde e dalle Filippine che hanno trovato occupazione prevalentemente

come domestiche o come assistenza agli anziani. Dagli anni Ottanta il

fenomeno non riguarda solo l’immigrazione di badanti e si incrementa

notevolmente con immigrati provenienti dalle aree geografiche limitrofe

all’Italia (Africa del nord) compreso l’Europa dell’est. Da qui ne discendono

termini quali migrazioni, ossia spostamento di un intero popolo o di un gruppo

più o meno numero di persone: le cosiddette migrazioni interne, che

rappresentano i movimenti interni ad un Paese. D’altro canto, invece, il

termine emigrazione è da considerarsi quale fenomeno sociale che porta una

parte di una popolazione a spostarsi dalla terra natia verso un luogo

presumibilmente migliore.

Infine, l’immigrazione, che riflette il punto di vista del luogo che accoglie il

trasferimento di gruppi di persone proveniente da un Paese diverso. Verso

37

quest’ultimo fenomeno sociale tanti sono gli atteggiamenti sin ora mostrati,

tuttavia è e sarà sempre più presente, soprattutto nella nostra Italia, vista come

Paese aperto, in cui ognuno può definire la sua libertà esistenziale. Dunque che

fare? Sicuramente è necessario riflettere sul principio che la persona umana va

rispettata in quanto persona, a prescindere dal luogo di provenienza; adottare

poi un approccio interculturale nei confronti dello “straniero”, riconoscendone

gli aspetti positivi per dar vita ad un luogo ideale d’incontro, in cui vigile e

primario è il pensiero della ricchezza: io sento, io vivo l’altro come ricchezza,

come un qualcosa di più di cui fare tesoro. Andando avanti su questa linea,

acquistano senso valori quali la differenza, l’interscambio e il rispetto altrui.

La scuola, come vedremo, quale prima agenzia formativa, ha un ruolo

importantissimo nel creare tali condizioni. Indubbiamente il medesimo

discorso deve essere fatto anche in riferimento alle dissonanze o differenze

religiose che ogni popolazione si porta con sé.

La religione è una delle componenti fondamentali, a volte la principale, del

bagaglio culturale di ogni soggetto. All’interno di tale componente sono

presenti valori, credenze, atteggiamenti e modelli di vita che, in quanto

determinati o appartenenti alla sfera religiosa (fede), non sono ritenuti

negoziabili e, conseguentemente, non si accettano oltraggi o diminuzione di

valore della fede religiosa. E’ evidente, quindi, che la religione nelle situazioni di

incontro di culture diverse costituisce, nella maggioranza dei casi, un fattore

decisivo di dissonanza. E’ necessario e urgente ripensare il concetto di religione

e le modalità di appartenenza ad essa che hanno contrassegnato e definito

anche il concetto di identità.

Il ripensamento del concetto di religione è una scelta irrinunciabile nella società

della globalizzazione poiché, in quanto globalizzata, include l’inevitabile

compresenza di diverse fedi e religioni che, in presenza di una diversa

valorizzazione della religiosità, espone la società al rischio dell’intolleranza e del

fanatismo. E’ necessario, dunque, ripensare un concetto di fede che non

implichi la negazione dei valori delle altre fedi a favore della propria.

Il dialogo è l’unica strategia per garantire i popoli dall’intolleranza; è necessario

promuove il dialogo attraverso la conoscenza e la comparazione. Il mezzo è

l’insegnamento (laico) pluralista della religione che nega la trasmissione di valori

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specifici in quanto tali ma, al contrario, promuove e sviluppa tutte le

dimensioni del pensiero religioso e offre strumenti di comprensione storico-

culturale per operare confronti ed evitare gerarchie di valore. Nel dibattito

culturale e politico avviato in Italia sull’opportunità di un insegnamento

religioso a dimensione interculturale si è raggiunto, pur con evidenti sfumature,

un ampio consenso. Le divisioni, viceversa, rimangono concrete, a causa delle

intese che regolano i rapporti tra Stato e Vaticano, sulle modalità per realizzare

tale insegnamento nella scuola.

Di seguito sono indicate, senza alcuna pretesa esaustiva, alcune ipotesi emerse

all’interno del dibattito: Curricolo scolastico con offerte multi religiose;

sostituzione dell’insegnamento di una specifica religione con l’insegnamento

della cultura religiosa e curricolo di storia delle religioni. Nella fattispecie, in

classe, quale spazio interculturale, si intrecciano due tipi di relazioni: relazioni

verticali: tra alunni e insegnante; relazioni orizzontali: tra alunni. Esse sono più

frequenti e non controllate dell’insegnante. Ogni alunno porta con sé la

propria esperienza culturale e religiosa nelle relazioni. Ma vediamo quali sono

le cause dei fattori di concordanza/dissonanza nelle relazioni: il clima

relazionale determinato dall’insegnante; l’ importanza che ogni singolo dà alla

qu

Dettagli
A.A. 2011-2012
54 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher noemipedagogista di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia interculturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof Argentino Antonio.