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TERZO CAPITOLO
AUTISMO E GESTUALITÀ: DEFICITS IN SOCIAL –
EMOTIONAL RECIPROCITY (DSM5)
3.1 La comunicazione
Comunicare, corrisponde alla capacità di interagire nel proprio contesto, far
conoscere i propri bisogni, desideri, sentimenti, dare informazioni, condividere
esperienze e comprendere pensieri, sentimenti e richieste degli altri (Michelotti
C., 2014).
La parola comunicazione (di etimologia latina cum = con e munire = legare, costruire
e/o communico = mettere in comune, far partecipe) nella sua prima definizione è
l’insieme dei fenomeni che comportano il trasferimento di informazioni.
Il modello della comunicazione prevede la presenza di alcune dimensioni presenti
sia nel formulare messaggi sia nell’ascolto e nell’interpretazione dei messaggi degli
altri.
Il primo passo per migliorare la comunicazione è di analizzare i componenti:
Emittente: è la persona che avvia la comunicazione attraverso un messaggio.
• Ricevente: è la persona che accoglie il messaggio, lo decodifica, lo interpreta e
• ne comprende il significato.
Codice: parola parlata o scritta, immagine, tono impiegato per formare il
• messaggio.
Canale: il mezzo di propagazione fisica del codice (onde sonore o
• elettromagnetiche, scrittura).
Contesto: è l’ambiente all’interno del quale si situa l’atto comunicativo.
• Referente: oggetto della comunicazione, a cui si riferisce il messaggio.
• 106
La caratteristica fondamentale è che la presenza del ricevente non implica
necessariamente l’assunzione completa dell’informazione, tutto questo dipende:
Dall’efficacia del canale.
• Dal risultato dell’interpretazione del messaggio da parte del ricevente.
•
Il risultato è influenzato dal livello di condivisione del codice.
La comunicazione riguarda molteplici ambiti, spazia da quello quotidiano a quello
pubblicitario e a quello delle pubbliche relazioni, però in ciascuno di questi ambiti
la comunicazione ha diverse finalità.
Gli agenti possono essere persone umane, esseri viventi o entità artificiali.
La comunicazione, però, non sempre funziona e ciò è confermato molte volte
nella quotidianità, infatti, in situazioni particolari, come conflitti interpersonali, o
quando sono in gioco patologie mentali, la comunicazione diventa
particolarmente difficile e può produrre dei disagio.
La comunicazione si suddivide in tre parti:
Comunicazione verbale, che avviene attraverso l’uso del linguaggio, sia
• scritto che orale, e dipende da precise regole sintattiche e grammaticali.
Comunicazione non verbale, avviene attraverso l’uso di canali diversificati,
• quali mimiche facciali, sguardi, gesti, posture.
Comunicazione para – verbale, riguarda l’analisi della voce, cioè tono,
• volume e ritmo. Ma anche nelle pause e in altre espressioni sonore quali lo
schiarirsi la voce.
Sia la comunicazione non verbale che quella para-verbale sono ricche di messaggi
di tipo emotivo.
In questo capitolo viene preso, in particolar modo, in considerazione la
comunicazione nei bambini con autismo.
Infatti, facendo riferimento alle classificazioni internazionali questo disturbo
colpisce tre aree dello sviluppo in particolare nella sfera comunicativa la quale
prevede (Vianello, 1999) che a:
6 mesi ci sia un pianto difficile da interpretare.
• 107
8 mesi vi è un balbettio limitato, inusuale, e non è presente alcuna imitazione
• di suoni, gesti ed espressioni.
12 mesi, compaiono le prime parole utilizzate in modo del tutto inusuale e
• continuano pianti e grida.
24 mesi, il bambino conosce circa quindici parole e le parole che pare impari
• come nuove poi scompaiono.
36 mesi, la combinazione di più parole è rara e c’è l’ecolalia; perlopiù i genitori
• vengono presi e accompagnati verso ciò che desiderano (prima forma di
comunicazione alternativa da parte del bambino verso i genitori e chi gli sta
affianco).
48 mesi, solo pochi bambini autistici riescono a combinare 2/3 parole in
• modo creativo e persiste l’ecolalia.
Il principale problema che le persone autistiche hanno nel comunicare è l’ecolalia,
cioè la ripetizione continua di una stessa parola e un altro problema è l’incapacità
di capire il senso di parole e frasi; inoltre, vi è la mancata capacità di associare una
parola a contesti diversi, per questo la situazione di apprendimento originario
assume un carattere permanente.
3.2 Comunicazione non verbale
Facendo riferimento alla comunicazione non verbale si fa riferimento a quella
parte della comunicazione comprendente gli aspetti di uno scambio comunicativo
che riguardano il linguaggio del corpo, ossia la comunicazione non parlata tra
persone.
Comunemente si tende a considerare questo tipo di comunicazione come
universalmente comprensibile, al punto da poter trascendere le barriere
linguistiche.
Il linguaggio del corpo è in parte innato ed in parte dipende dai processi di
socializzazione. In effetti, i meccanismi dai quali scaturisce la comunicazione non
verbale sono simili in tutte le culture, ma ogni cultura tende a rielaborare i
messaggi non verbali in maniera diversa, cioè forme di comunicazione
108
comprensibili per le persone appartenenti ad una determinata cultura, mentre,
possono essere assolutamente incomprensibili o addirittura avere un significato
opposto a quello che si intendeva trasmettere per un’altra.
Uno studio condotto nel 1972 da Albert Mehrabian ha dimostrato che ciò che
viene percepito in un messaggio vocale può essere suddiviso in:
Movimenti del corpo (soprattutto espressioni facciali) 55%.
• Aspetto vocale (Volume, tono, ritmo) 38%.
• Aspetto verbale (parole) 7%.
•
La comunicazione non avviene semplicemente parlando, ma presuppone una
relazione e quindi uno scambio di varia tipologia di messaggi e l’efficacia del
messaggio dipende in minima parte dal significato letterale di ciò che viene detto,
e il modo in cui questo messaggio viene percepito è influenzato dai fattori di
comunicazione non verbale.
La mimica facciale lascia trapelare le proprie emozioni, oltre ad accompagnare e a
sostenere il discorso, un’espressione facciale è un comportamento muscolare, il
quale necessita di un funzionamento neurofisiologico perfetto.
Gli psicologi hanno accettato come principio fondamentale della scienza
comportamentale il legame tra le espressioni del volto e le emozioni, quest’ultima
spiegherebbe il comportamento del volto che sarebbe indice oggettivo
dell’emozione.
Un altro assunto importante afferma che le emozioni di base sono determinate
geneticamente, pertanto esse sono universali e distinte, quindi non è possibile
non comunicare!
Qualsiasi comportamento è una fonte di informazioni, ed è importante
decodificarlo per entrare in contatto con l’altro (Watzlawick, 1976).
Secondo la teoria evoluzionistica, confermata da vari neuroscienziati, nei soggetti
senza disturbi i vari canali non verbali e verbali si attivano secondo modelli
automatici di comportamento.
Attualmente, nelle persone con DSA, non è ancora chiaro quali elementi nel
sistema della comunicazione siano compromessi, quindi non si sa dove stia il
109
problema della comunicazione: nella ricezione, nell’organizzazione della risposta
comportamentale e fisiologica o nell’esperienza soggettiva e quindi self-report
delle emozioni.
Ed è proprio questo il quesito diversi studi tra cui quelli di Legisa (Legisa et al.
2012) si sono preposti di rispondere conducendo delle verifiche scientifiche.
Dagli questi studi si è potuto notare che per quanto riguarda la ricezione, molte
ricerche affermano che ci sarebbe un deficit a livello sensoriale; infatti è nota
l’ipersensibilità o l’iposensibilità agli stimoli nelle persone con autismo, quindi
non bisogna credere che ciò che si trasmette alle persone con autismo potrebbe
essere percepito in modo totalmente diverso dalle nostre intenzioni. Ad esempio,
quando noi stiamo osservando un determinato comportamento, dobbiamo capire
quando questo si verifica e se è legato ad uno stimolo, che potrebbe suscitare
reazioni diverse nelle persone affette da autismo.
Un ulteriore punto fondamentale è la coerenza tra i diversi canali espressivi, cioè
tra quello che viene espresso con il corpo, con le parole (nell’autismo ad alto
funzionamento) e le risposte del sistema fisiologico. Però bisogna considerare che
nelle persone autistiche non è sempre così, infatti, sono molto gli interrogativi
che studiosi, dottori e psicologi si pongono, come: le persone affette da disturbi dello
spettro autistico hanno un comportamento emozionale del volto e del corpo sufficientemente
chiaro affinché possa essere compreso? Esprimono con il corpo quello che provano
soggettivamente?
3.2.1 Comunicazione non verbale in individui con sviluppo
tipico
La comunicazione riguarda diversi aspetti di funzionamento come quelli linguistici,
paralinguistici (prossemica, espressioni facciali, intonazioni della voce e gestualità) e
pragmatici (gestione del discorso, intenzioni comunicative e presupposizione),
quindi nella comunicazione, le parole sono uno dei diversi strumenti a nostra
disposizione. 110
Essere in grado di conoscere il significato della comunicazione non verbale
permette di comprendere le persone con cui interagiamo. La postura del corpo, i
segni e i gesti che una persona esprime nel corso di una comunicazione sono
l’espressione delle sue emozioni, inoltre le persone hanno una capacità più o
meno innata di riconoscere i segnali non verbali.
Quando si afferma che un bambino sta imparando una lingua ci sono almeno tre
significati che l’affermazione può avere:
Il primo è in termini di buona formazione questa affermazione può significare
• che il bambino comincia ad essere in grado di fare enunciati che sono
conformi alle regole della grammatica.
Un secondo aspetto è la capacità di far riferimento e di significare cioè la
• conoscenza sembra essere strumentale per fare qualcosa con le parole nel
mondo reale.
Un altro aspetto corrisponde alla sua funzione o la sua intenzione
• comunicativa, ovvero come egli faccia delle cose con le parole.
Questi tre aspetti del linguaggio che il bambino deve imparare corrispondono,
quindi, alla sintassi, alla semantica e alla pragmatica della lingua, non sono appre