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T
U T
U
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" ⌋
verbo): posposto al verbo. Esempio: '⌊ = picchiarsi.
Û
Ü ç
è
%
$
#
(
'
& %
$
(
'
& ⌋
• Marcatore del condizionale: Esempio: '⌊# = io andrei.
è
) ⌋
• Marcatore dell'imperativo e dell'esortativo: Esempio: '⌊)ç
= vai! è
* ⌋
• Marcatore dell'interrogativo: Esempio: '⌊*ç = vai?
F
G F
G -
,
• Marcatore dell'impersonale: Esempio: '+ = piove
I verbi senza declinazione della persona sono una notevole semplifi-
cazione della morfologia dell’italiano, necessaria a neutralizzare non solo
le coniugazioni ma anche gli accordi con soggetti e oggetti. La priorità
semantica annulla la quasi totalità della flessione, la formazione dei sin-
tagmi verbali risulta pressoché isolante e in materia di lessico ammette
segni composti. « » è un ideografo unificato CJK (comune alla lingua
Donatella Delpiano 37
cinese, giapponese e coreano), annotato in italiano su Unicode come
«ideogramma giapponese di “A pagamento” |esistere|giapponese|ideo-
gramma». Se usato come sostantivo, il kanji giapponese di «aru» (“esi-
stere”), ha significato di «possesso», risultando in un significato molto più
spendibile in italiano come avere. Tralasciamo il principale senso asse-
gnato da Unicode, ovvero «a pagamento», poiché non ne abbiamo corri-
spondenza né nel bot né nel glossario. Troviamo « » da solo (con o
senza diacritico) quando esprime il verbo essere, anche glossato come
Q
S
R
⌋»
«farsi trovare», e lo leggiamo combinato in «⌊ quando diventa
avere. La traduzione intersemiotica letterale di questo segno combinato è
«essere con». La semantica di questo ideografo, se tradotto così, non è
per niente trasparente, poiché in italiano la differenza tra i verbi esistere e
»
possedere è molto polarizzata. La distanza fra i concetti si riduce se «
appare in un segno composto. I sensi di «essere con» e «avere (con sé)»,
che traspaiono dall’uso composto di « », implicano un certo grado di
“esistenza” di una cosa/persona; entrambi però hanno un carico seman-
tico polivalente, spesso disambiguato da complementi. Le forme e le fun-
zioni di questi segni verbali sono totalmente disallineate a livello tradut-
tivo e mancano le rappresentazioni ideografiche di varie partizioni se-
mantiche più fine dei verbi essere e avere. L’unica salvezza da una palese
difficoltà di comprensione è che l’Emojitaliano non sembra prevedere il
bisogno di verbi ausiliari, e quindi non troviamo mai ideografi imprestati
da lingue isolanti in altri segni verbali composti.
Sorge però il problema delle distinzioni aspettuali nel modo indicativo,
a volte impossibili da rendere in italiano senza ausiliari, nonostante l’ita-
liano le trasmetta anche con tempi semplici. Nella grammatica verbale
dell’Emojitaliano esistono solo marcatori di tempo e modo, che fanno da
ombrello per vari aspetti verbali sotto le loro etichette, come vediamo
per “tempo presente”, “tempo passato” o “tempo futuro”. Alcune pro-
1
0
/
»
prietà dell’aspetto vanno scoperte dal glossario, come l’incoativo «.
che sta per «cominciare, iniziare, prendere a, principiare, mettersi, met-
tersi a, porsi a, darsi a, principiare a». Come discernere un presente storico
da un imperfetto con valore abituale? Con una traduzione letterale con
marcatore del passato. È senz’altro la via più semplice, dato che la se-
mantica aiuta far convergere le distinzioni di tempo-aspettualità: i due
Emoji al confine dell’umanità: l’espansione virtuale delle lingue naturali.
38
tempi verbali non hanno aspetti ai poli opposti, possono essere deducibili
dal contesto. Consideriamo quindi che non ci serva una distinzione tra
aspetto durativo e imperfettivo, perché il marcatore di tempo può già
rendere già alcune forme di questa funzione. Per tradurre aspetti durativi
particolari, possiamo servirci del marcatore dell’impersonale. Stando alle
G »
regole sull’ordine frasale, una forma del tipo «F potrebbe reg-
'
gere come traduzione segnica del durativo «si dorme (la notte, abitual-
G ⌊
mente)». Al passato funzionerebbe con un imperfetto, dato con «F
'
⌋». La marca dell’impersonale può diventare un si passivante: se
seguiamo rigidamente la regola che non ammette costruzioni passive,
siamo obbligati a tradurre verbi simili introducendo la persona. Dubi-
G
ç
è
⌊F ⌋», a meno
tiamo che possa convenire usare forme come « ⌊ ⌋ '
che non si trovino già nel testo di partenza espressioni come «noi si va»,
che non sono durative e possono essere rese con «noi andiamo». La co-
struzione suggerita dalle regole per frasi del tipo «a mezzogiorno si man-
gia» è «a mezzogiorno noi mangiamo/loro mangiano», che ha ugual-
mente aspetto durativo ma è senz’altro meno iconica e lascia al traduttore
il compito di inferire la persona verbale dalle frasi adiacenti. Anche in
questo caso, c’è una resa al passato che si può confondere con l’imper-
fettivo, a meno che non sia accuratamente disambiguata da circostanziali.
Gli imperfettivi al passato possono essere anche parafrasati in costruzioni
perifrastiche come “stare + gerundio”, per le quali non disponiamo di
verbi ausiliari di nessun tipo. Il marcatore del passato « » andrà com-
binato con il progressivo « », anche se questa combinazione non basta
a discernere forme del tipo «(mentre) stavo andando» (in luogo di «(men-
tre) andavo») da forme come «essendo (io) andato» in subordinate causali.
Ü è ⌋»
Per quest’ultima frase «Û
'⌊ç funziona, ma c’è rischio di rica-
dere ancora sulla scelta dell’imperfetto per evitare la subordinazione,
cambiando l’ordine dei costituenti frasali e usando perché come congiun-
zione coordinante. In conclusione, l’introduzione di un passato progres-
sivo marcato da « » potrebbe risolvere dei casi in cui è necessaria
profonda ristrutturazione delle frasi.
Resta da notare che il marcatore del passato è insufficiente all’interno
della categoria del perfettivo, non solo perché non ci consente di separare
i tempi verbali semplici da quelli composti, ma perché non dà indicazione
Donatella Delpiano 39
della puntualità. L’opposizione perfettivo-imperfettivo, in italiano, passa
soprattutto attraverso gli ausiliari e il participio passato. In Emojitaliano
potremmo anche trattare gli aspetti perfettivi come forme non marcate,
ma non sempre. Per coloro che sostengono l’ipotesi dell’italiano neostan-
dard, non c’è obbligatorietà di selezione tra passato prossimo e passato
remoto: le funzioni sono analoghe, anche se nella lingua scritta (soprat-
tutto nelle traduzioni di tipo letterario) possono servire entrambe. Limi-
tare l’uso del passato prossimo, estendendo la forma del passato remoto,
potrebbe comunque essere una scelta conveniente. Il trapassato pros-
simo e il trapassato remoto hanno più impiego in proposizioni subordi-
nate che si possono riarrangiare all’occorrenza. La convergenza degli
aspetti verbali nei tempi passati del modo indicativo si pone in relazione
N
A
@
?
>
=
<
;
:
9
8
7
6
5
4
3 E
D
C ⌋,
,M
'⌊B
alle congiunzioni, come gli esempi con che. La frase «2
⌋.»
'⌊ traduce Pinocchio, che aveva fame, mangiò.” Nulla ci ferma
“
dal pensare che questa stringa possa tradurre tutte le altre combinazioni
grammaticali fra i tempi passati, come «Pinocchio, che aveva/ebbe fame,
ha mangiato/mangiava/mangiò». Proponiamo quindi una marca perfet-
G
tiva con «F
», l’ideogramma giapponese di «qui», per indicare un’azione
puntuale in casi dove serva (quindi anche con il passato remoto), come
G
se fosse un sostitutivo dei tempi verbali composti. In Emojitaliano, «F
»
è glossato come «accanto, vicino, di dietro, in disparte, avvicinarsi, da una
parte». Non esistono corrispettivi emoji per l’idea di finito/con-
cluso/compiuto/puntuale, tranne «H» usato per i verbi «finire, smet-
tere, ultimo, finale, farla finita, levarsi, levare, smettere di, finire di, finirla,
finirla di». Quest’opzione è sconveniente: sebbene l’emoji trasmetta
un’indicazione aspettuale, essa rimane confinata in verbi di tipo termina-
;
tivo. C’è anche «:
» che potrebbe essere spendibile, anche se crea con-
fusione con le glossature delle preposizioni e infatti viene usata per «finire
in, in, nel, capitare in, dove, nei, nella, nelle, fra, sopra, tra, a, su, dentro,
ove». La troviamo però in verbi con una chiara collocazione aspettuale,
è:
;
⌋)
come arrivare (‘⌊ç che pare essere una forma marcata di andare. Il
problema è che non dovremmo trovare la marca aspettuale obbligatoria-
mente, apposta a mo’ di morfema legato, poiché in italiano l’aspetto non
è sempre inerente alla semantica lessicale dei verbi. In frasi imperfettive
PO
P
⌋
come «(Essi) stavano arrivando» è opaca la proposta con «⌊O
Emoji al confine dell’umanità: l’espansione virtuale delle lingue naturali.
40
è:
; ⌋»,
‘⌊ç in casi del genere sarebbe più corretto tradurre con un
passato progressivo come « » e lasciare da parte le occorrenze in
cui il verbo è inteso in senso perfettivo. Per rendere più scorrevole la
lettura, il compito che svolgono i marcatori dovrebbe rimanere fuori dai
margini di parola, di modo che si debba imperniare la semantica verbale
su vettori deittici il meno possibile,