Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Una parte degli studiosi continuarono a farne largo uso anche quando, con l’istituzione del
taqlīd, fu definitivamente proclamata la chiusura delle porte dell’interpretazione indipendente
ra’y
ed il divenne un mero strumento attraverso cui sviluppare analogie. Significativa, al
par. 6.3.2.), ed in particolare di Abū
riguardo, è la dottrina della scuola hanafita (v. infra,
Yūsuf, che usava il ra’y in modo molto «libero». Rispettando in modo solo formale la
tradizione, che prescriveva di citare l’Hadīth ra’y,
da cui veniva estrapolato il egli formulava
ragionamenti che spesso non avevano alcuna attinenza con i dettami contenuti nell’Hadīth di
riferimento; si trattava di un modo per creare nuove regole o adeguare le vecchie al
cambiamento dei tempi, evitando di operare cesure nette con la tradizione (ad Abū Yūsuf
che tentò una riorganizzazione della scuola hanafita, nella
successe Muhammad al-Shaybānī,
ra’y Ahadīth
prospettiva di un uso del più fedele agli citati).
6. La scienza giuridica Sharī’a
Dopo la morte di Maometto, la divenne il comando che, in quanto proveniente da
Dio, doveva ritenersi eterno ed immutabile. Tuttavia, già pochi anni dopo la morte del Profeta
la società era cambiata e si poneva la necessità di regole specifiche per tutti i problemi che si
Sharī’a
sarebbero potuti creare. Così la non è rimasta statica, ma è mutata.
In effetti, l’immutabilità del diritto musulmano non è contenuta in un precetto divino;
tuttavia, visto che non esiste una fonte superiore che impone di seguire l’Iğmā come regola
immutabile, può darsi che con il passare del tempo venga a mancare il consenso generale su
quella regola, che viene infine superata. In pratica, è l’Iğmā stesso che, se per un verso può
attribuire il crisma dell’immutabilità ad una data regola, per un altro verso può portare a
modificarla. 14
Il fiqh
La dottrina classica dell’Islām è il risultato di un processo storico complesso, durato circa
’ulamā)
300 anni (tra il VII e il X secolo d.C.), in cui i dottori della legge islamica (gli
Sharī’a
cercano di interpretare la in modo da adattarla alla mutata realtà storica e sociale,
dando vita al c.d. fiqh, che significa «conoscenza, comprensione, sapere, intelligenza», ma più
spesso è tradotto come «scienza del diritto religioso dell’Islām»: fiqh è, dunque, la
conoscenza della ripartizione sciaraitica delle azioni umane, nel senso di atto obbligatorio
wāğib), mahzūr),
(fard o proibito (harām, consigliato (mandūb, mustahabb), sconsigliato
mubāh).
(makrūh) e libero (ğāi’z, Il «cammino della conoscenza» fu intrapreso dai primi
’ulamā dando forte impulso innanzitutto agli studi grammaticali e linguistici, specie in
relazione al Corano, necessario passaggio verso una meno ardua comprensione del testo
sacro. Successivamente, man mano che si diffondeva l’uso della scrittura, grande cura fu
riservata alla compilazione delle sempre più imponenti raccolte di narrazioni degli eventi
verificatisi durante le fasi iniziali della storia dell’Islām, a partire dalla generazione dei
compagni di Maometto e da quella successiva dei suoi seguaci, lette alla luce di una cauta
interpretazione analogica (Qiyās) e di una prudente interpretazione personale (Iğtihād) da
parte degli stessi dottori.
Il fiqh è dunque costituito dai numerosi manuali che gli studiosi hanno prodotto nel corso
degli anni, in particolare dall’VIII al X secolo, per mezzo dei quali si elabora e si spiega la
Sharī’a. In questi testi si trova l’interpretazione delle regole giuridiche previste nel Corano e
Ahadīth.
negli è stato creato dall’uomo ed è quindi
Il fiqh, che ha un valore di fonte giurispudenziale, Sharī’a,
mutabile, anche se molto spesso è stato incluso nel concetto di acquisendo così il
– Ahadīth –
carattere statico tipico delle regole del Corano e degli va ad interpretare. Da
Sharī’a
notare è che, attualmente, i modernisti cercano di liberare la da queste contaminazioni
Sharī’a
del fiqh, per individuare la vera e propria.
può farsi iniziare con l’avvento della dinastia sunnita degli
Il processo di creazione del fiqh
Omayyadi (661-750) che, intorno al 720, rappresentava la dinastia dominante.
Lo sviluppo della scienza giuridica fu originato dal risveglio del sentimento religioso
discendente dal progressivo allontanamento dai precetti islamici di cui venne accusata la
dinastia omayyade. In particolare, si contestò la mancata applicazione dei principi
«universalistici» del messaggio islamico, che non faceva distinzione fra le varie etnie e
culture che avessero abbracciato l’Islām: mawālī),
i convertiti non-arabi (i c.d. ovvero i
persiani, i greci, i mesopotamici, i berberi e persino gli ebrei, erano, infatti, rimasti esclusi
dalle più significative e lucrose cariche politiche e venivano discriminati anche all’interno
delle compagini militari che proseguivano nella potente spinta conquistatrice in direzione
all’islamizzazione.
delle aree asiatiche, africane ed europee aperte
la comunità musulmana, l’idea della necessità di
Si diffuse, quindi, nella Umma,
valorizzare l’elemento religioso ed i principi ad esso collegati, piuttosto che quello etnico.
Una tale esigenza dottrinale venne supportata dalla nuova dinastia regnante, quella degli
Abbàsidi (750-1258), sotto la quale si dichiarò di voler dare origine ad una società
15
musulmana giusta con l’aiuto dei dottori della legge, che avrebbero dovuto precisare le regole
ed i modelli di comportamento da seguire al fine di conformarsi ai principi religiosi. Il
carattere utopistico di questa aspirazione sarebbe stato ben dimostrato dall’evoluzione del
sistema di governo imposto dagli Abbàsidi.
delle porte dell’Iğtihād
La chiusura
In corrispondenza all’allontanamento tra potere e religione, il dinamismo dottrinale
usūl al-fiqh,
derivante dallo studio diretto sulle fonti, cioè sugli ha lasciato spazio alla
’ulamā «chiusura delle porte dell’Iğtihād»,
proclamazione da parte degli stessi della c.d.
ovvero dell’interpretazione indipendente: gli studiosi si sono così impegnati ad attenersi al
solo criterio dell’imitazione (taqlīd), in base al quale il giurista stesso non deve rifarsi
direttamente alle fonti, ma alla precedente dottrina.
Il vitale processo esegetico veniva bloccato (in particolare per i Sunniti), a far tempo
dall’855 d.C., anno in cui era morto colui che fu più ritenuto l’ultimo grande «dotto»,
dai
l’iracheno Ahmad Ibn Hanbal. Si pensò allora che il lavoro esegetico non avrebbe più
potuto conoscere significativi apporti e fu dunque proclamata la «chiusura delle porte
dell’Iğtihād», taqlīd, all’interno della
con la necessità per i dotti di attenersi al solo criterio del
fissata: tale era la giustificazione teorica dell’avvertita
cornice oramai definitivamente
opportunità di impedire pro futuro interpretazioni troppo libere dei precetti religiosi, poste in
essere ad uso del potere politico.
In buona sostanza, questa chiusura, consolidatasi intorno al X sec. d.C., ha portato a
riconoscere come conclusa l’esperienza dell’Iğtihād e avviata l’era del taqlīd: ormai tutto era
stabilito e perciò non si poteva più cambiare alcunché; l’unica cosa che gli studiosi potevano
fare era imitare quello che i loro predecessori avevano fatto.
Le principali scuole giuridiche
Fin dal I secolo dell’Islām (cioè il VII-VIII secolo d.C.), i sapienti dediti allo studio della
legge religiosa (detti anche «dottori della legge») presero a riunirsi in scuole o indirizzi
giuridici. Le scuole, che inizialmente si distinguevano sulla base della connotazione
geografica, in seguito sono state qualificate con il nome del giurista più autorevole.
Quattro sono le scuole principali nelle quali ancora oggi si riconoscono i musulmani, o,
meglio, i musulmani sunniti (che costituiscono la grande maggioranza della Umma): quella
malikita, quella hanafita, quella shafiita e quella hanbalita (le denominazioni risalgono all’XI-
XII secolo). Oltre a queste quattro scuole, si annoverava, fino alla sua scomparsa attorno alla
metà del Medioevo, la scuola degli zahiris.
Nel corso del tempo, le scuole si sono differenziate, non solo per l’interpretazione di
singoli istituti, ma anche per l’individuazione delle stesse fonti del diritto.
Dato che le quattro scuole sono tutte considerate ortodosse, le differenze sono ritenute
«doni» di Dio, che ha lasciato agli uomini più possibilità. Ciascun musulmano, infatti, se deve
appartenere ad una delle scuole e seguirne i precetti, allo stesso tempo può passare da una
scuola ad un’altra. 16
La scuola malikita
La scuola malikita prende il nome dal medinese Mālik ibn Anas, autore della più antica
compilazione di diritto islamico, il Kitab al-Muwatta («Libro della strada spianata»),
un’opera, contenente dottrina e tradizioni (la maggior parte delle quali non risalgono al
profeta Maometto, ma ad alcune autorità appartenenti alle prime generazioni di musulmani),
che riflette un periodo di contraddizioni, di instabilità e di confusione, tanto da non chiarire
quali regole fossero da ritenersi valide e quali no. Tale scuola, la primogenita fra le scuole di
giurisprudenza musulmana, nasce a Medina e si caratterizza per aver fatto largo ricorso alla
Qiyās
Sunna, al e ad alcuni criteri ermeneutici sussidiari, per aver riconosciuto, diversamente
da altre scuole, l’Iğmā ra’y
e per aver utilizzato in misura ridotta il (il ragionamento
individuale).
La scuola malikita, originariamente diffusasi soprattutto nel Maghreb ed in Andalusia (e,
durante la dominazione musulmana, anche in Sicilia), è oggi la scuola dominante in Marocco,
Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto e risulta essere quella che ha supportato i più riusciti tentativi
di modernizzazione del diritto islamico.
La scuola hanafita nome da Abū Hanīfa. Si tratta di una scuola nata in una
La scuola hanafita deriva il proprio
città commerciale (Kufa), caratterizzata dagli scambi e dalle interazioni fra arabi e non arabi,
fra musulmani e non musulmani. Il risultato è stato quello di una scuola tanto aperta da
alle donne di contrattare il proprio matrimonio senza l’intermediazione di un
permettere
uomo, come invece richiedono tutte le altre scuole; una scuola tendenzialmente lib