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NELL
- DICHIARAZIONE DEL CAIRO SUI DIRITTI UMANI DELL’ISLAM 1990
La componente teologica e il costante richiamo al dettato
sciaraitico, rendono peculiare la Dichiarazione universale dei
diritti dell'uomo nell'Islam adottata nel 1981 dal Consiglio
islamico d'Europa così come la Dichiarazione del Cairo del 1990
elaborata dall'Organizzazione della Conferenza Islamica. La
Dichiarazione del 1981 consta di un lungo preambolo e di 23
articoli che trattano i temi del diritto alla vita e alla libertà, del
diritto all'uguaglianza e del diritto alla libertà religiosa, del diritto
ad essere protetti contro la tortura e l'abuso di potere, dei diritti
connessi alla vita familiare e sociale, nonché a quella economica.
L'enunciazione di tali diritti si accompagna, di volta in volta, al
costante riferimento alle norme sciaraitiche; attraverso il ricorso
ad un singolare espediente esegetico - che consiste nel fare
Ahadith del Profeta (cioè
richiamo alle citazioni coraniche o agli
l'insieme dei racconti tradizionali concernenti fatti e detti del
Profeta e che costituiscono la Sunna che, insieme al Corano è, per
il diritto musulmano, fonte normativa primaria) si conferisce
all'enunciazione di tali diritti, ma prima ancora al loro stesso
37 . L'art.1 della
contenuto, una sorta di "legittimazione" islamica
Dichiarazione, che attribuisce alla vita umana e all'essere fisico e
morale un valore imprescindibile, contiene una fondamentale
limitazione laddove stabilisce che il «carattere sacro della vita
umana può essere cancellato solo in nome della Legge Islamica» e
shari'a è dunque il
secondo i provvedimenti da essa predisposti; la
37 S. Angioi, Le dichiarazioni sui diritti dell’uomo nell’islam,in
www.uniurb.it/medioriente/2_articoli_di_Silvia_Angioi.pdf
32
parametro che serve a definire il contenuto e l'ampiezza dei diritti
conferiti all'individuo. Lo si evince dall’articolo seguente che,
nell'affermare il diritto alla libertà, sia individuale che collettiva,
38
Ahadith e ai versi coranici che si pongono a
fa richiamo agli
fondamento dello stesso diritto nonché di quello che è indicato
quale suo naturale corollario, vale a dire il diritto di ciascun
popolo alla difesa e alla reazione contro qualsiasi forma di
aggressione. Il principio dell’uguaglianza è formulato in maniera
complessa dall'art.3, che definisce non a caso che:
«tutti gli uomini sono uguali secondo la Legge islamica:Non
c’è nessuna superiorità di un arabo su un non-arabo, né di un non-
arabo su un arabo, né di un rosso su un nero, né di un nero su un
rosso, a parte la devozione».
L’applicazione di questa legge non tollera nessuna
discriminazione tra gli individui: «Se Fatima, la figlia di
Muhammad, rubasse, le farei tagliare la mano» (hadith), e
riconosce a tutti la stessa sostanziale protezione:
«Il più debole di voi per me è il più forte fintanto che non gli
faccio riconoscere il suo buon diritto e il più forte di voi, per Me
è il più debole fintanto che non lo conduco a riconoscere agli altri
39
il loro buon diritto (hadith kudsi)»
E' l'obbedienza alle prescrizioni della Legge divina che determina
infatti la differenza tra gli individui poiché è nella misura in cui
ciascuno dimostra di essere un buon musulmano che può essere
38 Sono i versetti 41 della Sura XLI e 41 della Sura XXII
39 Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo nell’Islam, art.3 Edizioni Al Hikma-www.islam-online.it
raduzione e note di Hamza R. Piccardo 33
espresso un giudizio di valore e dunque di superiorità rispetto agli
40 . Laddove nelle dichiarazioni internazionali il
altri individui
fondamento del diritto è rappresentato dall’uomo stesso, nel diritto
musulmano il fondamento del diritto è Dio, nel senso che Dio è
soggetto ultimo dei diritti e nel senso che la volontà di Dio
determina i diritti e doveri reciproci che intercorrono tra gli
41 Le dichiarazioni islamiche dei diritti dell’uomo si
uomini.
pongono in una prospettiva alternativa rispetto alle dichiarazioni
dell’ONU e avanzano pretese di universalità che non si limita al
piano religioso ed etico-spirituale ma si allarga a quello politico e
giuridico data la relazione assai stretta nell’islam tra religione e
organizzazione politica. Il rifiuto di accettare i diritti universali
sharia fu motivato in un
dell’uomo perché in contrasto con la
Memorandum del governo dell’Arabia Saudita così:
« il diniego da parte del nostro stato non significa affatto indifferenza nei
riguardi degli obbiettivi che questi documenti si propongono di perseguire
,cioè la dignità dell’uomo.. il nostro rifiuto significa piuttosto la volontà
irremovibile di proteggere ,garantire e salvaguardare la dignità dell’uomo…in
virtù del dogma islamico rivelato da Dio e non in virtù di legislazioni ispirate
da considerazioni materialistiche e perciò soggette a continui
cambiamenti…mantenimento delle riserve già espresse a proposito di alcuni
punti contenuti nella dichiarazione e nel patto sopraccitati, giacché l’islam ha
una concezione diversa dei mezzi con cui assicurare il rispetto della dignità
umana, la tutela della libertà e la salvaguardia della pace tra gli uomini. È
nostro desiderio restare fedeli ai princìpi islamici, che alcuni individui
ignoranti o tendenziosi hanno cercato di snaturare, e attenerci al la filosofia
scientifica dell’islam. Sebbene quest’ultima sia poco compresa da alcuni
40 Sami A. Aldeeb Abu-Sahlieh, M. Arena ( a cura di), Il diritto islamico. Fondamenti, fonti, istituzioni ,Ed
Carocci, 2008
41 A. Pacini,Introduzione- L’Islam e il dibattito sui diritti dell’uomo, Torino, Fondazione Giovanni
Agnelli,1998 34
ricercatori, la sua fondatezza è stata dimostrata da fatti storici decisivi, ed è
all’origine del nostro rifiuto di sottoscrivere alcuni punti della dichiarazione e
del patto sopraccitati. Noi vorremmo tuttavia precisare che la nostra
contestazione concerne alcuni aspetti pratici, e non i princìpi fondamentali
relativi alla dignità, alla libertà e alla coesistenza pacifica e armoniosa tra gli
uomini. Inoltre, il Regno ha deliberatamente scelto di evitare manifestazioni
superficiali di carattere propagandistico, poiché l’esperienza ha dimostrato
che queste manifestazioni non giovano in nessun caso alla causa della dignità
42
dell’uomo, né alla sua sicurezza e neppure ai suoi diritti fondamentali »
Il Memorandum del Regno Saudita segnò l’inizio di un ampio
confronto sui diritti umani tra giuristi sauditi e giuristi europei,
intanto, agli inizi degli anni settanta, l’Organizzazione della
Conferenza Islamica (OCI ) creò al suo interno una Commissione
per i Diritti dell’Uomo, con l’incarico di elaborare una
Dichiarazione dei diritti e dei doveri dell’uomo nell’islam. Nel
1980 nel Kuwait si tenne un importante convegno internazionale
sui diritti dell’uomo, cui parteciparono giuristi provenienti da tutti
i paesi musulmani; fu redatto un documento in cui oltre a
dimostrare l’importanza data dall’islam alla dignità umana,veniva
raccomandato agli stati musulmani di sottoscrivere e ratificare gli
strumenti internazionali dell’ONU relativi ai diritti dell’uomo, con
la clausola però di compatibilità con la Legge Islamica. Nello
stesso momento le raccomandazioni finali ribadivano agli stati
musulmani di elaborare una Dichiarazione dei diritti dell’uomo
nell’islam. Nel successivo congresso dei capi di stato dei paesi
dell’OCI, fu discussa una bozza di dichiarazione; il testo poi
modificato fu presentato e approvato al Congresso dei ministri
42 Citazione tratta da Andrea Pacini (a cura di), L’islam e il dibattito sui diritti dell’uomo, Edizioni
Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1998, 8; per il testo completo del Memorandum saudita si veda
idem, 33-52. 35
degli esteri dell’OCI tenutosi al Cairo nel 1990, costituisce
l’attuale Dichiarazione del Cairo dei diritti dell’uomo nell’islam.
Il testo non venne mai promulgato dai capi di stato dell’OCI ed
infatti non ha alcun valore giuridico ma simbolicamente
rappresenta l’espressione del principale organismo internazionale
degli stati musulmani. La Dichiarazione islamica universale dei
diritti dell’uomo proclamata a Parigi nel palazzo dell’ UNESCO
nel 1981 fu promossa dal Consiglio Islamico Europeo (organismo
fondato con il sostegno del Pakistan da associazioni di musulmani
essa afferma quali sono i diritti inviolabili
immigrati in Europa),
dei musulmani e dimostra che il Corano e le fonti islamiche non si
pongono in opposizione alla moderna concezione dei diritti
dell’uomo. Promulgata dall’OCI nel 1990, in cui il riferimento per
Shari’a interpretata tradizionalmente:
stabilire diritti e doveri è la
l’art 2 sembra permettere le punizioni corporali, l’art 5 sulla
libertà di matrimonio non menziona la religione In questa
occasione fu, ad esempio, mostrato che la versione inglese e
francese del testo non corrispondono all’originale arabo in molte
sfumature: viene tradotto semplicemente come legge il termine
Shari’a (Legge islamica), vengono eliminate le citazioni
arabo
coraniche non funzionali a mostrare la congruità del Corano con i
diritti dell’uomo, insomma è la versione araba originale che fa
fede e non le varie traduzioni. La Dichiarazione ,nonostante
l’aggettivo universale, in realtà è indirizzata al musulmano
credente e garantisce l ‘esercizio dei diritti e dei doveri nello stato
Shari’a. Il valore politico di questa
musulmano in conformità alla
dichiarazione è però inferiore a quella come forma di
discriminazione, l’art 10 nega ai musulmani la libertà di
coscienza, l’art 6 afferma la supremazia del padre rispetto alla
36
madre nell’educazione dei figli, l’art 22 afferma che ogni
individuo ha diritto liberamente di esprimere la sua opinione
purchè «in modo non contrario ai principi della legge islamica».
Hisba in cui trova
Ancora si richiama l’istituzione islamica dell’
espressione il principio coranico del diritto-dovere di ogni singolo
musulmano di invitare al bene e proibire il male, chiunque può
concretamente den