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3.3.2 IL COMPUTO DELLA PENA NEL CASO DI REATO CONTINUATO
Le Sezioni Unite hanno da tempo chiarito che la riduzione di pena di cui all’art. 444 comma 1
c.p.p deve essere calcolata soltanto dopo aver individuato la pena concretamente applicabile
in relazione al contenuto complessivo della contestazione e, quindi, dopo aver tenuto conto
235
dell'aumento per la continuazione : l'intesa tra le parti deve riguardare non solo
l'assoggettamento alla sanzione, ma anche la specie la misura della stessa, con l'evidente
conseguenza che tale accordo non può essere incompleto, ma deve ricomprendere tutti gli
elementi che possono comunque convergere il complesso procedimento di determinazione
della pena. Per quanto esposto, il termine “circostanze” include tutti quegli elementi che,
benché non identificabili in vere e proprie circostanze del reato, sono partecipi, al pari di
queste, di quel processo, come risulta essere la continuazione tra due o più reato. La disciplina
dell'applicazione della pena su richiesta delle parti rende possibile l'imputato di fruire delle
conseguenze favorevoli, anche quando non per tutti i reati unificabili sotto il profilo della
continuazione sia stato possibile il ricorso a quel procedimento: una volta che la pena richiesta
dalle parti si esaurisca nell'indicazione del solo aumento per la continuazione, e proprio su
quest'ultimo che dovrà essere calcolato alla riduzione prevista dall’art. 444 comma 1 c.p.p .
L’art. 81 c.p. stabilisce infatti, che , ritenuta la continuazione, il giudice, in caso di condanna,
aumenti la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave. Pertanto, la riduzione di
pena ai sensi dell'art. 444 comma 1 va operata sulla pena complessiva applicata per i detti
234 Dalia, Deflazione processuale e alternative al dibattimento p.22
235 Cass. Pen Sez. Un., 1 ottobre 1990, in CED Cass., n. 188523
153
reati, ivi compreso anche l'aumento previsto dall’art. 81 cpv. c.p., per questa deve intendersi
ripartita in egual misura percentuale fra tale aumento e la pena stabilita per la violazione più
236
grave . Più delicato risulta essere il patteggiamento in continuazione su altra pronuncia: nel
caso di accordo sul reato ritenuto in continuazione con altro reato già giudicato in separato
procedimento, non c'è univocità nell'interpretare il dato normativo. In alcune pronunce,
invero, si è fatto chiaramente riferimento al reato continuato considerato nel suo complesso: è
ammissibile solo ove la pena unitariamente considerata ed unificata non superi il limite
invalicabile dei due anni( ora anche cinque) di reclusione o di arresto soli o congiunti a pena
237
pecuniaria .
I poteri del giudice è chiaro che sono tesi alla sola verifica della corretta quantificazione della
pena, non essendo quindi consentito neanche sotto il profilo della mancanza di motivazione, il
ricorso avverso i provvedimenti con riguardo alla disciplina della continuazione tra i reati. In
definitiva, per reati posti in continuazione con altri già giudicati con rito ordinario, opera
comunque il limite della sanzione dei 5 anni di pena detentiva ex art. 444 comma 1 c.p.p ,non
circoscritto al solo caso di unificazione di reati tutti giudicati con il rito speciale.
Inoltre, il giudice della cognizione nel riconoscere la continuazione fra i reati e in giudizio o
quelli già oggetto di sentenza irrevocabile di applicazione di pena concordata, non può
modificare il trattamento sanzionatorio determinato per i reati già giudicati con il
patteggiamento, anche laddove il risultato finale dovesse poi coincidere con quello della
sentenza ex. Art. 444 c.p.p.. Circa l'errata quantificazione della pena, qualora il patto tra le
parti contenga profili di illegalità per inosservanza del limite di pena stabilito per legge,
l'accordo raggiunto tra le parti non è modificabile da parte del giudice, al quale compete
soltanto il controllo sulla sussistenza dei presupposti di legge per accogliere il negoziato. Solo
all'esito di tale verifica, ove ritenga non corretto il procedimento di calcolo, può soltanto
respingere l'intero accordo, ma non modificarlo nel suo contenuto privarlo di un elemento
238
individuato dalle parti quale condizione per la sua proponibilità.
In relazione alla motivazione, nei limiti di quella semplificata della sentenza, il giudice deve
indicare le ragioni dell'accoglimento dell'accordo, dando conto della sussistenza della
continuazione, del criterio seguito per l'individuazione del reato più grave rispetto al quale
opera l'aumento di pena, non essendo invece necessaria l'indicazione degli aumenti per
236 Cass. Pen- Sez. I, 6 novembre 2001 in CED Cass, n. 220185
237 Cass. Pen Sez. II 7 marzo 1997, in Cass. Pen., 1998, 597
238 G. Dalia Deflazione Processuale e alternative al dibattimento, 2020, p. 25
154
ciascun reato satellite, né una esplicita motivazione in ordine l'aumento della pena posta base
239
del calcolo , purché congrua.
Seguendo l'orientamento per cui il giudice deve indicare le ragioni dell'accoglimento
dell'accordo, si ritiene che la valutazione circa l'identità del disegno criminoso costituisca il
sol criterio per la unificazione fittizia quoad poenam della pluralità degli illeciti commessi
dall'agente con una molteplicità di azioni, restando escluso ogni fattore di carattere temporale.
Al giudice del merito pertanto non è inibita l'applicazione del trattamento sanzionatorio
previsto dall’art. 81 comma 2 c.p , o una sentenza ad essa equiparabile, come quella di
applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., Nei confronti dell'imputato per un fatto
anche meno grave di quello sottoposto al suo giudizio: in tale ipotesi la pena complessiva va
determinata sulla base di quella da infliggersi per il reato più grave sottoposto al giudizio in
corso e va apportato l'aumento ritenuto equo in riferimento al reato meno grave già giudicato.
3.3.3 LA POSSIBILITÁDEL PATTEGGIAMENTO FRAZIONATO
240
Un risalente orientamento giurisprudenziale ritiene che qualora l’indagato/imputato sia
raggiunto da contestazioni diverse (le une “patteggiabili, le altre escluse) e qualora il giudice
ritiene che ciò non pregiudichi le indagini, è consentito, in mancanza di una espressa
previsione di legge, applicare la pena su richiesta delle parti solo per uno o per alcuni dei reati
in contestazione, potendosi, per quelli non compresi nell’accordo, procedere separatamente.
Per le medesime ragioni, il giudice, in presenza delle condizioni previste dall’art. 129 c.p.p ,è
sempre tenuto a prosciogliere l’imputato anche quando il proscioglimento deve riguardare
uno o alcuno dei reati in contestazione: dunque, se ino stesso procedimento contro un solo
imputato vengono contestati reati “ostativi” e reati “ordinari” e l’imputato vuole accedere al
patteggiamento solo per questi ultimi, può essere consentita la separazione delle imputazioni,
se in chiave difensiva viene ritenuta conveniente tale soluzione e il pubblico ministero presta
il proprio consenso; nessun problema, invece, appare configurarsi quando vi siano più
indagati/imputati e solo uno di essi possa accedere al rito alternativo, magari perché l’unico
non dichiarato recidivo. Tuttavia, il più consolidato orientamento giurisprudenziale propende
nel ritenere incompatibile l'utilizzazione differenziata definita solo per la decisione di alcune
imputazioni tra quelle contestate, con la prosecuzione del processo nelle forme ordinarie per
239 Cass. Pen. Sez. II 28 ottobre 2016, n. 52261
240 Cass. Pen. Sez. I, 3 ottobre 1997 155
le altre imputazioni, con conseguente dichiarazione di inammissibilità della richiesta di
241
patteggiamento parziale , ciò perché una volta che sia stata compiuta la scelta del rito, ne
segue la sua applicazione a tutti i reati, legati dal concorso formale o dalla continuazione,
oggetto dello stesso processo, dovendosi escludere che esso possa riguardare alcuni soltanto
dei fatti reato, individuati secondo criteri di opportunità legate alla valutazione di probabilità
di una decisione favorevole, con la conseguenza che per gli altri il giudizio andrebbe
proseguito con il rito ordinario, atteso che l'istituto di cui all’art. 444 è un rito alternativo
orientato alla rapida definizione dell'intero giudizio. Ne consegue che sia incompatibile
un'utilizzazione differenziata solo per la decisione di alcune imputazioni tra quelle contestate
con la prosecuzione del processo nelle forme ordinarie per le altre imputazioni o con le
definizioni del procedimento secondo distinte modalità. In realtà, anche alla luce della
riforma operata dalla L. n. 134 del 2003 sembrerebbe più che opportuno consentire in
presenza di diverse imputazioni il ricorso ad un patteggiamento parziale, sempre che la
domanda di patteggiamento sia scindibile. Il dato legislativo risulta chiaro: l’art. 137 disp.
Att. C.p.p nell'estendere la disciplina del cumulo giuridico ex. Art. 81 c.p. anche all'ipotesi in
cui concorrono reati per i quali la pena viene applicata su richiesta delle parti ad altri reati,
contempla l'eventualità di fatti riguardanti solo alcuni dei capi d'accusa. Ciò nonostante tale
ipotesi è stata esclusa dalla giurisprudenza, poiché laddove non ricorrono i presupposti per
pronunciare sentenza ex. Art. 129 c.p.p per alcuni reati, il patteggiamento frazionato è
inammissibile, quando limitato solo ad un frammento della condotta di reato oggetto di
242
imputazione , tranne quando la separazione giova la speditezza del processo perché l'azione
penale è stata esercitata nei confronti dello stesso imputato per fatti tra loro non connessi, né
243
riunibili ex. art. 17 c.p.p
3.4 IL RUOLO DEL PUBBLICO MINISTERO
L’imputato, nel valutare se presentare la richiesta o prestare il consenso, può considerare
esclusivamente il proprio interesse personale, non dovendo ovviamente motivare la propria
scelta in ordine al rito speciale. Il p.m. invece, è qualificato dalla dottrina come “parte
imparziale”, dovendo sempre operare nell’interesse della legge; dunque, stante il principio di
241 Cass. Pen. Sez I, 12 gennaio 2006, n. 6703
242 Cass,. Pen . Sez. III, 12 gennaio 2018
243 Cass pen. Sez. VI, 12 luglio 2016 n. 43330 156
244
obbligatorietà dell’azione penale , anche nel momento in cui assume determinazioni inerenti
alla scelta del rito, dovrà attenersi a parametri obiettivi e non a valutazioni di opportunità,
come invece ben potrebbe fare un prosecutor statunitense. Malgrado la legge non imponga al
p.m. di motivare la propria sce