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Capitolo III CARAVAGGIO E LA FRANCIA
1. Il viaggio della tela attraverso l’Europa
La tela aveva sollevato un tale polverone che sicuramente non sarebbe potuta restare
inosservata, e l’acquisto da parte di una persona tanto importante come Vincenzo
Gonzaga deve far riflettere circa l’effettivo valore dell’opera, la quale era apprezzata
anche all’ epoca. Non bisogna dimenticare che fu lo stesso Rubens ad assicurarsi che
il duca lo potesse sfoggiare prima di tutta nella sua Galleria, e anche altri lo lodarono e
ne rimasero impressionati. Il successo della tela, chiaramente, non si fermò a Mantova,
poiché la Morte della Vergine passò tra le mani dei maggiori collezionisti del tempo.
Alla morte di Vincenzo, il quadro passò al figlio Ferdinando, e successivamente, dopo
la morte di quest’ultimo nel 1627, esso fu venduto a Carlo I d’ Inghilterra insieme con
l’ intera collezione , la quale era la più prestigiosa in Europa all’ epoca nella sua
varietà di quadri moderni. Dopo la Rivoluzione inglese e l’esecuzione capitale del re,
la sua collezione fu messa in vendita nel 1649 e una parte di essa venne acquistata da
Everhard Jabach, ricco banchiere di Colonia e direttore della Compagnia delle Indie
Orientali. Egli però non era un semplice banchiere, ma un notissimo e importante
collezionista di opere d’arte, il quale girava spesso l’Europa per accaparrarsi i pezzi
migliori delle collezioni in vendita. Jabach si era installato a Parigi verso il 1638, ed
era ormai naturalizzato francese quando effettuò i suoi acquisti presso il re inglese,
incontrandosi con i rappresentanti degli altri grandi collezionisti, come Cristina di
Svezia e il duca Guglielmo Leopoldo. Il banchiere prese possesso in quell’occasione
di svariate tele, molte delle quali provenivano dalla galleria del duca Gonzaga. Il
quadro di Caravaggio dunque era giunto a Parigi verso il 1655 e chiaramente fu
esposto nella dimora di Jabach, situata in via Saint Merry, per essere mostrato ai vari
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amatori che sicuramente l’avrebbero apprezzato. Anni dopo, il banchiere vendette in
due momenti separati una parte della sua collezione al re Luigi XIV, prima nel 1672,
e poi nel 1771. Il re acquisì in quelle occasioni duecento quadri , e la Morte della
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Vergine era il primo della seconda vendita . Insieme ad esso, la collezione contava
dei grandi capolavori di Tiziano, come Il concerto campestre, di Holbein, che era
molto famoso per aver ritratto i Tudors e personaggi legati ad essi, di Bronzino e di
Pontormo. Dapprima esposta nel Cabinet du Roi, al palazzo delle Tuilieries, la tela è
poi stata messa in mostra a Versailles, prima di essere definitivamente posta nel
Museo Centrale delle arti al Louvre, alla sua creazione nel 1793, dove si trova tuttora.
2. Giudizi critici su Caravaggio. I detrattori
Ciò che più colpisce oggi è il fatto che i grandi amatori e collezionisti dell’epoca
mettessero Caravaggio sullo stesso piano dei grandi maestri del Rinascimento, come il
Correggio e Tiziano, considerando la Morte della Vergine allo stesso titolo di opere
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come le due Allegorie della Virtù e dei Vizi .Tuttavia, questo giudizio positivo non
era universalmente condiviso; la scuola pittorica francese, negli anni della Reggenza,
iniziava ad orientarsi verso uno stile ricercatissimo, basato sulla pratica del disegno e
sull’imitazione dei modelli antichi, influenzata dall’ ondata classicista che andava
pian piano imponendosi a Roma. Andrè Félibien, il famoso critico d’arte, architetto e
storico ufficiale, manifestò un opinione parecchio differente rispetto a quella di Jabach
e degli altri collezionisti. Nei suoi Entretiens sur les vies et les ouvrages de plus
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excellents peintres anciens et modernes , Félibien dapprima loda il Caravaggio per la
70 Informazioni desunte da: Arnauld Brejon de Lavergnée, L’inventaire Le Brun de 1683. La collection
des tableaux de Louis XIV, Paris,1987, n. 193, pp.242-243.
71 Cfr. Stephane Loire, Arnauld Brejon de Lavergnée, Caravage, la Mort de la Vierge: une Madone sans
dignité, op. cit., p.46.
72 Cfr. André Félibien, Entretiens sur les vies et les ouvrages des plus excellents peintres modernes II, 3
partie, Paris, 1679, pp. 202-203. 27
sua grande maestria nel rendere colori e luci, e per la sua abilità nel copiare la natura,
abilità che quasi riempie i suoi quadri di una verità superiore. Dopodiché, lo storico
rimarca che però il pittore è sempre rimasto legato a questa natura, senza dedicarsi allo
studio delle cose belle, e lo rimprovera di aver dipinto ciò che vedeva senza
distinzione di giudizio, il bello e il brutto, il gradevole e il deforme. Il tono si fa
ancora più duro quando lo scrittore passa ad esaminare la Morte della Vergine, poiché
egli stima giusto che il quadro non potesse essere accettato, per la totale mancanza di
decoro e buon gusto, e per non aver rappresentato la Madre di Dio con il dovuto
rispetto, attribuendole troppo fedelmente le sembianze di un cadavere gonfio. Felibien,
così come molti suoi contemporanei, aveva un’ idea completamente diversa
di cosa dovesse essere l’ arte, e di quale fosse la sua funzione; per lui, il ruolo dell’
artista era quella di rendere la dignità e la nobiltà delle azioni umane, affinché il forte
contenuto morale delle opere potesse elevare lo spettatore. La Morte della Vergine
chiaramente non rispettava il fine didattico e appariva pervasa da un naturalismo
esagerato e inquietante.
Anche Nicolas Poussin, uno dei pittori più famosi dell’epoca, che aveva gettato le
fondamenta del classicismo in Francia, era uno dei detrattori del Caravaggio. Félibien
dice di lui:” M Poussin non poteva sopportare nulla del Caravaggio e diceva che egli
fosse venuto al mondo per distruggere la pittura.” Ciò non toglie comunque, che un
suo quadro con lo stesso soggetto abbia delle somiglianze con la tela del Merisi.
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Infatti, Blunt scrive che la Morte della Vergine di Poussin somiglia, per la
disposizione generale, al quadro di Saraceni; tuttavia, tale somiglianza è limitata dal
fatto che Poussin pone la Madonna obliquamente, mentre in Saraceni ella è mostrata
in una posizione quasi ortogonale rispetto al piano del quadro. Cosa più interessante,
alcuni accorgimenti sembrano riprendere proprio la tela del Caravaggio: la posizione
della Vergine e la composizione degli Apostoli dietro al letto richiamo
l’arrangiamento delle figure nella composizione del pittore lombardo.
73 Cfr. Anthony Blunt, Nicolas Poussin, New York, Pantheon Books, 1967, p. 52. 28
In generale, la tela del Merisi non godette di buona fama presso gli artisti dell’epoca, e
quando fu trasferito a Versailles, non fu neanche tra quelli scelti per adornare gli
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appartamenti reali. Solo Florent le Comte , pur riprendendo in parte i giudizi dei suoi
predecessori, scrive nel 1699, nel suoCabinet des singularités d’ architecture,
sculpture, gravure, che la tela meritava di essere notata per essere stata dipinta
con un’ ammirabile condotta di luci e ombre, e per la forza meravigliosa di tutte le sue
componenti. Tuttavia, aggiunge, sembra sempre che ci sia qualcosa di più gradevole
nei quadri del Tiziano, poiché in Caravaggio manca sempre la grazia e la bellezza
nelle figure, cosa fondamentale che i pittori devono ricercare e che, a suo avviso,
Michelangelo Merisi non aveva mai tenuto in considerazione, nonostante il suo
talento. 3. La rivalutazione. Caravaggio come modello
Un maggior interessamento verso l’opera del pittore lombardo è riscontrabile a partire
dalla fine del 17 secolo, grazie all’ operato dei pittori francesi presenti nella capitale.
L’Accademia di Francia a Roma, istituita nel 1666 da Colbert, era ormai un’istituzione
di grande importanza. I giovani apprendisti d’oltralpe che vi soggiornavano dovevano
completare la loro formazione, prima venendo a contatto con i capolavori dei grandi
maestri, poi ricopiando tali opere per conto del re e per far sì che a Parigi un pubblico
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numeroso potesse ammirarle .
Grazie alla Corrispondenza tra il Direttore dell’Accademia, Charles Natoire, e il
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Surintendent des Bâtiments , è possibile risalire alla prima volta in cui il nome di
Caravaggio viene aggiunto nella lista degli artisti da prendere a modello. È il 2
novembre 1757, e Natoire incarica uno dei suoi pensionnaires, Nicolas Brenet, di
74 Cfr. Florent le Comte, Cabinet des singularités d’architecture, peinture, sculpture, gravure, I, Paris,
Picart-Le Clerc, 1699, p. 90.
75 Cfr. Pierre Rosenberg, “Caravage et la France”, in Scritti di storia dell’arte in onore di Federico Zeri,
Milano, Electa, 1984, p. 824.
76 Era al tempo l’incarico ministeriale del responsabile alla creazione e al mantenimento dei palazzi e
degli stabilimenti reali. 29
dipingere la Deposizione. Da lì in poi l’interesse per il caravaggismo sarà sempre
maggiore; Jean Charles Nicaise Perrin creerà un’ altra copia dello stesso quadro e
venti anni più tardi realizzerà una Morte della Vergine per la Chiesa dei Certosini di
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Parigi, che presenta parecchie somiglianze col quadro del maestro lombardo . A parte
l’angelo che figura nella parte superiore, la linea obliqua che forma il corpo della
Vergine è ripresa fedelmente e l’attitudine disperata degli apostoli è praticamente
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uguale nelle due opere .
Non bisogna dimenticare che al tempo, nonostante il Caravaggio non avesse voluto
allievi e non avesse formato una scuola, i seguaci del caravaggismo erano parecchi, ed
i pensionnaires ricopiavano anche le loro opere: David e Regnault copiavano il
Valentino, Lethiére emulava Ribera, Hubert Robert e Jean Bernard Restout creavano
dei disegni a partire dalle opere originali per soddisfare la domanda crescente di
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“fotografie” che veniva dai salotti della nobiltà francese .
Incredibilmente, il pittore francese che più sembra aver assimilato lo spirito della
pittura di Caravaggio e i caravaggeschi è David. Il celeberrimo pittore, quand’ ancora
era un semplice pensionnaire, tra il 1771 e il 1775, realizzò una copia della Cena di
Valentino, che pur non essendo Caravaggio, era uno dei suoi emuli più precisi e
attenti. Tale copia era tenuta in grande considerazione e amata dal pittore, il quale se
la fece rendere e la tenne con sé tutta la vita. Un’altra importante testimonianza è
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quella di Etienne Delècluze, che nei suoi Souvenirs ,descrive il suo sbigottimento di
fronte all’amore che David provava verso quella naturalezza e quella forza che i
quadri di Caravaggio esprimevano.