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Tale orientamento è stato ribadito anche in materia di ricostruzioni di

carriera e pensionamenti anticipati nel pubblico impiego, dove la

giurisprudenza ha evidenziato come l’elevata serialità dei casi comporti “un

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onere maggiore di motivazione laddove si intenda discostarsi da precedenti

consolidati” .

20

Inoltre, la giurisprudenza di merito ha spesso fatto ricorso a prassi di

assegnazione per materia, protocolli di udienza semplificata o uso di

modelli decisionali uniformi (cd. decisioni a contenuto seriale), al fine di

gestire l’elevata mole di controversie analoghe. Tuttavia, questa prassi, pur

funzionale sotto il profilo organizzativo, solleva interrogativi sulla qualità

della giustizia resa, sul rischio di eccessiva standardizzazione e sulla

possibile compressione del diritto al contraddittorio.

Infine, è emersa con sempre maggiore frequenza la necessità di capire come

possa conciliarsi il fenomeno della serialità del contenzioso con il ricorso

agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, in particolare le

conciliazioni collettive. La giurisprudenza ha avuto modo di esprimersi in

merito e tra le pronunce più rilevanti si ricorda quella della Cassazione, sez.

lav., 25 novembre 2019, n. 30549, nella quale si è chiarito che la presenza di

accordi conciliativi standard non esclude automaticamente la possibilità,

per il singolo lavoratore, di agire in giudizio per situazioni specifiche non

espressamente contemplate in tali accordi. In altre parole, resta

fondamentale valutare caso per caso, verificando se la posizione

individuale rientri davvero nell’ambito dell’intesa collettiva o se presenti

profili peculiari meritevoli di tutela autonoma.

La serialità, in definitiva, si presenta come un fenomeno complesso e

sfaccettato, a metà strada tra la rivendicazione individuale e il conflitto

collettivo, tra un segnale di disfunzione organizzativa e un’espressione

diffusa di bisogno di giustizia. Per questa ragione, il sistema giuridico è

chiamato a un duplice impegno: da un lato, individuare soluzioni

Cons. Stato, sez. IV, sent. 21 ottobre 2021, n. 6961.

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organizzative e strumenti processuali che consentano di gestire in modo

ordinato ed efficiente l’elevato numero di controversie simili; dall’altro, fare

in modo che questa razionalizzazione non si traduca in una riduzione

indiscriminata delle garanzie per il singolo lavoratore, la cui posizione deve

continuare a essere valutata con attenzione, anche all’interno di un contesto

di massa.

2.1.1. Il contenzioso fisiologico e quello “bagatellare”: il tramonto del

contenzioso di modesto valore

Nel panorama del diritto del lavoro, il contenzioso giurisdizionale

rappresenta non solo uno strumento di tutela, ma anche un indicatore delle

dinamiche che caratterizzano le relazioni professionali, una sorta di

termometro della qualità delle relazioni industriali e della tenuta degli

strumenti normativi predisposti a tutela del lavoratore.

Tuttavia, è necessario operare una distinzione concettuale e pratica tra il

contenzioso che nasce da divergenze interpretative fisiologiche, insite nella

naturale conflittualità del rapporto di lavoro, e quello definibile come

“bagatellare”, ovvero contraddistinto da pretese marginali, talora

inconsistenti, che finiscono per sovraccaricare il sistema giudiziario senza

apportare un reale contributo evolutivo.

Il primo tipo, il contenzioso fisiologico, riflette un confronto autentico,

spesso legato a tematiche complesse quali l’interpretazione delle clausole

contrattuali collettive, l’inquadramento professionale, il calcolo di istituti

retributivi variabili o il bilanciamento tra fonti interne e sovranazionali.

Non di rado, proprio grazie a tali controversie si producono pronunce

giurisprudenziali che indirizzano l’orientamento delle corti o

contribuiscono alla precisazione dei diritti emergenti. Un esempio rilevante

in tal senso è offerto dalla Cass. civ., sez. lav., 24 ottobre 2018, n. 26966, che

ha ricondotto a un’applicazione non corretta del contratto collettivo

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nazionale una rivendicazione sull’inquadramento professionale, sancendo

un principio generale di lettura sistematica del contratto collettivo che ha

poi trovato largo eco in successive pronunce. Analogamente, nel contesto

del pubblico impiego, vertenze relative a criteri di attribuzione delle

progressioni economiche orizzontali e delle indennità di specifiche funzioni

hanno originato, in alcune amministrazioni sanitarie, un contenzioso ampio

ma spesso giustificato da incertezze normative e interpretative.

Diverso è invece il fenomeno del contenzioso bagatellare, ossia quello

promosso per ottenere vantaggi irrisori sotto il profilo economico, spesso in

assenza di un’effettiva controversia giuridica. Si pensi, ad esempio, a

rivendicazioni fondate su differenze retributive marginali, compensi per

ferie non godute di poche ore, o richieste risarcitorie fondate su violazioni

meramente formali. In alcune controversie seriali promosse da ex

dipendenti di Poste Italiane, sono state avanzate richieste per differenze

retributive riferite a pochi giorni di servizio non formalmente riconosciuti,

con domande inferiori anche ai 150 euro. In una di queste occasioni, la

Cassazione, con sentenza 12 ottobre 2020, n. 21929, ha chiarito che, in

mancanza di documentazione probatoria adeguata e con un valore

economico estremamente ridotto, il rischio di abuso dello strumento

processuale è concreto, giustificando persino la compensazione delle spese

legali.

Analoghi scenari si sono verificati nel settore scolastico, dove alcuni docenti

precari hanno promosso azioni per il riconoscimento di buoni pasto, anche

in presenza di contratti brevi o parziali. In Cons. Stato, sez. VI, sent. n.

6736/2019, il giudice amministrativo, pur ribadendo la legittimità della

rivendicazione in linea teorica, ha precisato che occorre verificare

puntualmente le condizioni contrattuali e l’effettiva maturazione del diritto,

richiamando il principio di buona fede nell’accesso alla giustizia.

A tali esempi si aggiungono le controversie, numerose soprattutto nei

tribunali del lavoro di Milano e Torino, aventi ad oggetto differenze minime

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nel calcolo del TFR o delle indennità di posizione, dove l’arrotondamento

contabile ha generato pretese per pochi euro al mese.

Anche presso il Tribunale di Milano, sez. lav., con la sentenza del 17 aprile

2019, il giudice, pur accogliendo formalmente la domanda, ha evidenziato

la sproporzione tra l’entità della pretesa e l’impegno giudiziario richiesto,

optando per la compensazione delle spese processuali in considerazione

della modestia della controversia.

In passato, soprattutto tra gli anni Novanta e i primi Duemila, questo tipo

di contenzioso ha conosciuto una certa diffusione, favorito da una prassi

giudiziaria tendenzialmente permissiva e da una cultura della lite intesa

quasi come leva contrattuale. Tuttavia, la progressiva saturazione del

sistema giudiziario e l’introduzione di strumenti normativi più rigorosi

hanno comportato una selezione più attenta dell’accesso alla giurisdizione.

Il mutamento è stato accompagnato da interventi legislativi significativi, tra

cui l’inasprimento del contributo unificato , anche nelle controversie di

21

L'art. 9 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dalle successive leggi e

21

definitivamente dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 ha introdotto il contributo unificato; un

sistema di forfetizzazione in un unico importo di tutte le spese collegate ad una causa; il

contributo unificato ha sostituito tutte le spese riguardanti l'imposta di bollo, la tassa

d'iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria, nei procedimenti civili, penali, amministrativi,

nei procedimenti in materia tavolare, nelle procedure concorsuali e in quelli di volontaria

giurisdizione. Ha, inoltre, esentato da spese tutti gli atti e provvedimenti antecedenti,

necessari o funzionali al procedimento soggetto al contributo. Sono rimasti in vigore i

diritti per il rilascio di copie autentiche degli atti e dei provvedimenti ed il diritto

forfetizzato di notifica.

Sono obbligati al versamento del contributo: il soggetto che promuove il procedimento.

Tale è la parte che per prima si costituisce, oppure che deposita il ricorso introduttivo o,

nel procedimento esecutivo, che fa istanza per l'assegnazione o la vendita dei beni

pignorati; e il soggetto che, costituendosi o intervenendo in un giudizio già radicato,

aumenta, con la sua domanda, il valore del procedimento. Tale può essere la parte che

propone domanda riconvenzionale o, che formula la chiamata in causa di terzo o, che

svolge l'intervento autonomo.

La determinazione dell'importo dovuto è collegata, come principio generale per le cause

ordinarie, al valore del procedimento. Tuttavia per alcuni procedimenti la normativa ha

stabilito degli importi fissi e per altri l'esenzione dal contributo unificato. 38

lavoro, nonché da un atteggiamento giurisprudenziale sempre più

orientato alla razionalizzazione dell’attività processuale. In particolare, la

Cass. civ., sez. lav., 23 luglio 2019, n. 19777 ha affermato che “la giurisdizione

non può essere utilizzata come strumento di pressione o come mezzo per la

proposizione sistematica di domande infondate o di valore trascurabile, pena la

violazione del principio di leale cooperazione processuale e l'applicazione dell’art.

96 c.p.c.”.

La tendenza alla marginalizzazione del contenzioso bagatellare trova

ulteriori conferme in pronunce come Cass. civ., sez. lav., 4 novembre 2021,

n. 31621, dove è stato sottolineato come la lite seriale per importi irrisori,

quando replicata su larga scala e in assenza di un’autentica esigenza di

giustizia sostanziale, rischia di configurarsi come un abuso del processo e

di minare l’efficienza stessa del sistema giudiziario.

Tuttavia, sarebbe fuorviante interpretare tale riduzione del contenzioso di

basso profilo esclusivamente come segno di maturazione del sistema. Esiste

il concreto pericolo che il fenomeno rispecchi anche una crescente rinuncia

alla tutela, soprattutto da parte di lavoratori meno strutturati, privi di

assistenza sindacale o impossibilitati ad affrontare le spese legali. La Corte

costituzionale, con sentenza n. 63/2020, ha messo in guardia da una visione

eccessivamente economicistica dell’accesso alla giustizia, ribadendo che “la

tutela giurisdizionale non può essere subordinata all’entità della pretesa economica,

poiché anche diritti patrimoniali di modesta entità possono rappresentare istanze

fondamentali di dignità e uguaglianza sostanziale”.<

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Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lullsdl di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Maresca Arturo.
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