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V.
basta asserire che il malinteso assolve una funzione sociale: è la socialità stessa”, Jankelevitch, op.
cit., p. 327.
67 Zimmerman Michael, Living with Uncertainty. The Moral Significance of Ignorance, Greensboro,
University of North Carolina, 2008.
40 68
fallimenti sia dell’uomo sia della società, possono essere cognitivi, affettivi e operativi .
fallimento dell’intelligenza cognitiva, si
Secondo Marina, il prima ancora che nell’individuo,
realizza nella società, in certe culture che incarnano una stupidità costruita da credenze come
il pregiudizio, la superstizione, il dogmatismo e il fanatismo volti a ripetersi come fenomeni
69
sociali nel corso del tempo .
Cercando tra le fonti del tramando culturale della stupidità, l’autore accusa Aristotele
di essere caduto vittima anch’egli, nonostante lo ritenga il grande educatore etico d’Europa,
nella falsa credenza della ineguaglianza tra gli esseri umani, poiché nella Politica 1254b,
sosteneva che la schiavitù fosse nell’ordine naturale delle cose: “Perciò la natura vuol segnare
dei liberi e degli schiavi: gli uni l’hanno robusto per i servizi
una differenza nel corpo 70
necessari, gli altri eretto e inutile a siffatte attività, ma adatto alla vita politica” .
Rimanendo sul concetto di ineguaglianza, e dunque di incapacità di fare distinzione tra
ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, a livello collettivo e non solo personale, tra i fallimenti
affettivi, Marina ricorda che sulla scia della false credenze, ovvero egoiste e a convenienza, gli
stili affettivi sociali condizionano la vita del singolo con sentimenti negativi quali odio,
aggressività, invidia, senso di (im)potenza, superbia, che, come egli ricorda, secondo
Fukuyama furono cause di un enorme disagio sociale durante gli anni Sessanta: in quel
periodo, aumentarono la sfiducia collettiva, la delinquenza e le famiglie che si scioglievano, il
tutto successe in uno fallimento dell’intelligenza comunitaria e della bancarotta del capitale
sociale, portati alla deriva proprio da sentimenti negativi culturalmente e storicamente
determinati.
Secondo Marina, una società cade nella meschinità quando pecca di edonismo
compiacente, ignorando tre sentimenti fondamentali: la compassione, che sta alla base del
comportamento morale intento a provare il dolore altrui; il rispetto che prenderebbe forma
con l’attenzione; e l’aiuto verso qualcuno o qualcosa che merita attenzione per
la protezione
un proprio valore da apprezzare, il contrario del menefreghismo, e infine c’è l’ammirazione
68 J. A. Marina, op. cit. elenca varie controversie culturali all’interno della storia, affermando che in
69 José Antonio Marina
generale il debole pretende la libertà che lo protegga dal tiranno, ma se giunge al potere dimentica ciò
che prima chiedeva: “I cristiani perseguitati dal sinedrio e dall’impero reclamavano tolleranza.
All’inizio del III secolo così scrive Tertulliano: ‘Sia per la legge umana sia per quella naturale, ognuno
è libero di adorare chi voglia. La religione di un individuo non beneficia né pregiudica altri che lui
stesso. È contrario alla natura stessa della religione che sia imposta con la forza’. Nel 313 però
Costantino riconosce legalmente i cristiani, e un secolo dopo, la Chiesa, contaminata dal potere,
ammette la persecuzione degli eterodossi. Gli imperatori romani impediscono il paganesimo, quindi si
invertono i ruoli e alla fine del IV secolo sono i pagani illustri a difendere la libertà di culto contro
coloro che la reclamavano cent’anni prima”, ibidem, p. 169.
70 Ibidem, p. 170. 41
che messo a confronto con il discorso dell’eguaglianza, altro non sarebbe che un
apprezzamento verso qualcuno o qualcosa che socialmente farebbe la differenza, e che vince
sull’egualitarismo travisato.
l’esempio della frase “nessuno è migliore di nessuno”,
Marina fa che nonostante
l’apparente umiltà del significato, evidenzia un paradosso, perché se si ritiene la frase vera
sotto tutti i punti di vista e in ogni circostanza, allora si realizzerebbe nel comportamento
71
dell’uomo una sorta di meschinità che non riconosce le possibilità di un apprezzamento .
secondo l’autore spagnolo, sono invece degli obiettivi
I fallimenti operativi,
contraddittori che la società si prepone di raggiungere, come per esempio quando il regime
sovietico tentò di conciliare la statalizzazione dell’economia con una sua efficiente gestione,
ma questo risultò impossibile, poiché le leggi del libero mercato permettevano un miglior uso
72
dell’informazione e una ripartizione dei mezzi più accessibile .
Se l’intelligenza personale coincidesse grosso modo con la felicità, e l’intelligenza
sociale con la giustizia, si potrebbe concludere come fa il grande giurista del secolo scorso
“la ricerca della giustizia è l’eterna ricerca
citato da Marina, Hans Kelsen affermando che
della felicità dell’uomo. Si tratta di una felicità che egli non può trovare da solo, per cui la
73
cerca nella società. La giustizia è la felicità sociale, garantita dall’ordine sociale” .
Il fallimento dell’intelligenza, non raggiungendo la felicità pubblica e privata, porta
con sé delle sventure che a livello privato si traducono in sofferenze, e a livello pubblico nel
74
male, ovvero nell’ingiustizia .
Da queste osservazioni, non si può fare a meno che considerare l’ignoranza come un male
più svariati contesti: l’ignoranza
sviluppato per tradizione, orientato ad acquisire potere nei
75
culturalmente costruita, studiata dall’Agnotologia , che Robert Proctor, ricercatore americano
della Pensylvania University ha voluto spiegare nella sua opera intitolata appunto Agnotology.
Making and Unmaking of Ignorance.
Il termine elaborato da Proctor, Agnotologia, come egli afferma, è composto da gno
l’aggiunta della lettera
che significa conoscere, e il prefisso negativo a-, t che appartiene alla
forma participiale, e ology come suffisso denominativo.
71 Ibidem, p. 176.
72 Ibidem, p. 177.
73 Ibidem, p. 180.
74 Ivi.
75 R. Proctor, op. cit.
42 nuova scienza di Robert Proctor, spiega come l’ignoranza sia stata capita, creata e
La
quindi paradossalmente ignorata (consapevolmente e inconsapevolmente), portando alla
formazione di segreti, cospirazioni, incertezze, confusione, silenzio, assenza e impotenza;
riguardo a quest’ultimo elemento Proctor si riferisce soprattutto alle ambiguità dell’attività
76
scientifica .
Proctor denuncia che l’ignoranza è un argomento su cui, a parte qualche eccezione,
circolano pochi discorsi scientifici, accademici e specialistici, nonché personali tramite
poiché l’autore ha notato che non esistono (quando Proctor ha pubblicato il suo testo,
internet,
era il 2008) dei siti appositamente dedicati a essa. Da queste osservazioni, Proctor afferma che
l’ignoranza è una problematica consequenziale nelle nostre vite, ed è generata da: segreto,
che secondo l’autore
stupidità, apatia, censura, disinformazione, fede e dimenticanza. Cause
possono essere sia consce che inconsce e, per questo motivo, insieme a Londa Schiebinger
divide l’ignoranza in tre categorie: ignoranza come stato nativo, ignoranza come realtà
Da qui, l’ignoranza sarebbe riconosciuta
perduta e ignoranza come strategicamente tramata. 77
dai due studiosi come il risultato di pura innocenza, di pura perdita, ed entrambe insieme .
Gli esempi forniti nel testo di Proctor si riferiscono al cambiamento climatico globale,
ai segreti militari e alla paleontologia dei Nativi Americani.
Proctor ha analizzato diverse problematiche appartenenti a diversi contesti sociali della
nostra realtà; a questo proposito vorrei ricordare che in relazione a una ricerca su ciò che si
può chiamare ignoranza e ciò che appartiene alla formazione del suo concetto che si
concretizzerebbe in fatti osservabili, per parlare di ignoranza sarebbe opportuno sempre
seguire il punto di vista epistemologico secondo cui una teoria non deve esistere come
78
separata dalla realtà .
Come è stato detto, ogni teoria non può esistere al di fuori di una concettualità che non
sia allo stesso tempo relazionata alla realtà: il concetto di “teoria” può esistere solo
specificando l’altro da sé, ovvero la realtà, con cui tramite la ricerca viene rappresentata e
spiegata; la teoria dunque non è legata direttamente alla realtà, ma è relazionata alla ricerca
orientata a spiegare la realtà.
Questo significa che, secondo l’epistemologia sociologica in particolare, alcune teorie
sopravvivono quando non sono dimostrate dai fatti o non sono congruenti con essi: in genere
76 Ibidem, p. 7.
77 Ibidem, p. 10.
78 Natale Ammaturo, Elementi di epistemologia sociologica, Milano, Franco Angeli, 2003, p. 100. 43
79
si può smentire una ricerca, è difficile, invece, smentire una teoria .
Tenendo in considerazione tutte le asserzioni nei confronti dell’ignoranza e del suo
per tentare di considerare i processi dell’ignoranza
tramando fin qui sinteticamente ripercorse
esistenti tra film e spettatore, è opportuno ricordare che, poiché nessuna interpretazione può
essere davvero stabile, ed eliminare totalmente un’altra interpretazione che potrebbe essere
ugualmente valida nei confronti di un oggetto potenzialmente polisemico come lo è ogni
80
immagine , una rappresentazione che ha a che fare non solo con dei fatti esistenti e visibili,
ma anche con dei fatti esistenti e non visibili o visibili ma non esistenti, è proprio il caso di
studio più adatto a permettere una riflessione su cosa si può ignorare e come si può ignorare.
Prima di passare all’analisi dei film considerabili come possibili portatori di ignoranza,
che scaturirebbe da un disorientamento emotivo e interpretativo di cui si fa carico lo
spettatore, mi soffermerò su alcuni interessanti ed utili esempi di prodotti culturali che, per le
loro peculiarità e le controversie interpretative suscitate, in qualche modo hanno a che fare
modi dell’ignorare nei confronti dei loro contenuti e nei confronti dei loro “non–
con i
contenuti”.
79 Ivi.
80 Roland Barthes, La camera chiara. Nota sulla fotografia, Torino, Einaudi, 2003.
44 45
1.5 Esempi pittorici e letterari nei loro rapporti con le (in)comprensioni