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Gli esempi più lampanti sono: la normativa sulle società in crisi, la disciplina sulle
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società quotate ed i poteri incisivi che ha l’organo di controllo su di queste, a
protezione sia dei creditori sia degli azionisti, quindi del settore e del mercato di
riferimento, la normativa sulle società in crisi e gli interventi statali per tutelare la
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concorrenza del mercato.
14 Art 16 Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea: “ E’ riconosciuta la libertà d’impresa,
conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali”.
15 Teoria di Adam Smith nella “Ricchezza delle nazioni”, basata sull’autoregolamentazione del mercato, in cui
le scelte individuali, come con una “mano invisibile”, portano al benessere generale dell’economia.
16 D. lgs. 24/02/98: “ Testo unico della finanza” e regolamenti Consob.
17 Consob, organo di pubblico controllo che agisce in materia di bilancio e informativa finanziaria,
predisponendo bilanci tipo, bilanci consolidati, chiedendo informazioni e facendo indagini.
18 V. paragrafo 4). 8
Tale visione della norma si adatta più facilmente al modello di economia di mercato a
cui si aggiunge un intervento di coordinamento Statale, configurando cosi un tipo di
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economia mista , in cui il governo agisce anch’esso in qualità di imprenditore,
costituendo o assumendo un controllo delle imprese.
C’è da constatare che tale tendenza si è evidenziata soprattutto dal dopoguerra fino
agli anni ’90, periodo da cui il trend si è sostanzialmente invertito attraverso un graduale
aumento delle privatizzazioni di imprese pubbliche, e caratterizzato da una maggiore
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osservazione del principio di sussidiarietà dell’azione statale nel settore economico , cioè
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caratterizzato da un intervento del governo sull’economia solamente nei casi di necessità
quali: mancanza o insufficienza di una determinata forma di iniziativa privata o esigenze
nazionali.
5) Tutela della concorrenza:
Meritano un approfondimento quegli interventi dello Stato finalizzati a tutelare la
libertà della concorrenza nel mercato, già citati sopra, poiché hanno avuto un graduale
riconoscimento nel tempo come principali strumenti per correggere gli eventuali
fallimenti del mercato, quindi favorirne lo sviluppo, e sono esemplificativi del modello di
economia mista che si configura dall’articolo in questione.
Ricalcando l’evoluzione storica della libertà d’iniziativa economica, anche la libertà
della concorrenza inizialmente non era pienamente riconosciuta, bensì era vista come
naturale conseguenza dell’articolo 41, e qualificata come possibilità per tutti i privati di
fare iniziativa economica in un settore, funzionale agli interessi dei consumatori e della
nazione.
E’ principalmente con il consolidamento dell’integrazione europea e con la
conseguente adesione dell’ordinamento italiano a quello comunitario, che si è avuta una
maggiore tutela della libertà di concorrenza, fino alla stipulazione dell’articolo 117 della
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legge costituzionale 3/2001 , ritenuto un po’ la sua consacrazione costituzionale, che
sottopone la tutela della concorrenza alla legislazione esclusivamente statale.
Tre anni dopo, la sentenza 14/2004 della Corte, contribuì a darne rilievo,
qualificandola come leva della politica economica italiana, finalizzata, tramite interventi
19 Come già illustrato nella parte dell’evoluzione storica.
20 V. Nania, 2001, 81; Pace, Libertà d’iniziativa, cit., 479 ss.
21 Può intervenire con acquisizione di controlli o gestioni dirette in imprese, o incoraggiamenti economici.
22 Modifica al “TITOLO V” della Costituzione. 9
regolamentativi e misure antitrust, a ridurre fallimenti e squilibri di mercato per tutelare
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un mercato aperto ed in libera concorrenza .
Attualmente si è sviluppata una visione quasi “simbiotica” tra le due libertà, l’una è un
aspetto dell’altra, intendendo che della libertà di iniziativa (dell’art. 41) possono fruirne
per un medesimo settore economico, più imprenditori in modo uguale; questo si intende
per libertà di concorrenza, principio che si pone a protezione dell’uguale libertà di
iniziativa economica di ciascun imprenditore, con l’idea sottostante che in tal contesto,
ognuno, tendendo a procurarsi più consumatori possibili, introduce miglioramenti alla
produzione, ai beni e servizi e attua politiche di riduzione dei prezzi, stimolando lo
sviluppo del settore. CAPITOLO II
23 In linea con i principi europei, v. art 4, 1 co. TCEE 10
1) Diritto del lavoro:
La libertà in questione, sancita dall’articolo 41 della Costituzione, ha trovato nel
tempo ulteriori limitazioni, oltre a quelle già illustrate dettate dall’articolo stesso e da altre
norme costituzionali.
Queste trovano fondamento nei principi del “Diritto del lavoro”, partizione del Diritto
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privato, nato sostanzialmente per correggere lo sbilanciamento di forze causato dalla
inevitabile soggezione contrattuale in cui si trova un lavoratore subordinato rispetto al suo
datore.
E’ ovvio che le disposizioni finalizzate a tutelare tale lavoratore vanno
necessariamente a contrastare la libertà di iniziativa economica riconosciuta
all’imprenditore, sottoponendolo a obblighi verso i suoi dipendenti che limitano la sua
autonomia di scelta e di azione.
Prima di illustrare i vari limiti, c’è da precisare, che il Diritto del lavoro è costituito
solo per metà da norme di legge, in particolare l’articolo 39 e l’articolo 40 della
Costituzione, poiché regolando il rapporto di lavoro, che varia da dipendente a dipendente,
non può essere formato da norme generali e astratte come sono per definizione quelle
costituzionali; allora la “specificità” è garantita dalle disposizioni del Contratto collettivo,
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stipulato tra i sindacati e i datori di lavoro.
Le sue regole tendono a limitare l’azione dell’imprenditore, consta di due parti: la
parte obbligatoria che regola i rapporti tra gli stipulanti, quindi datore e sindacati,
sottoponendo gli imprenditori ad obblighi la cui violazione è qualificata come condotta
antisindacale, e la parte normativa che riguarda il trattamento economico-normativo dei
lavoratori e l’eventuale violazione del datore è configurata come inadempimento
contrattuale, che il lavoratore può far valere di fronte al giudice.
Le regole dettate dal contratto non hanno un’efficacia generalizzata, ma agiscono solo
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per gli stipulanti, o per chi eventualmente accetta il contratto collettivo del settore , ciò è
frutto dell’inattuazione, da parte dei sindacati, della previsione del terzo comma dell’art.
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39 della Costituzione , cioè del procedimento con cui i sindacati, acquisendo personalità
24 Si sviluppa in Italia, negli ultimi anni dell’ottocento e i primi del novecento, con la nascita del lavoro
industriale di stampo fordista e quindi la nascita dei primi bisogni di tutela dei lavoratori, interpretati da
coalizioni occasionali e regolati da concordati.
25 Intesi come espressione dell’interesse sindacale dei lavoratori.
26 Di solito è diviso per settori merceologici, così da dare condizioni di trattamento uniformi in un settore
nazionale.
27 “I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione ai loro
iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie
alle quali il contratto si riferisce. 11
giuridica, potrebbero dare un’efficacia “erga omnes” alle disposizioni contenute nel
contratto collettivo.
Nella gerarchia delle norme le sue disposizioni prevalgono su eventuali previsioni di
un contratto individuale, tramite inderogabilità con efficacia reale se quest’ultimo prevede
una clausola peggiorativa, ma non può prevalere sulla legge, se non per deroghe in
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“melius” di norme che non prevedono inderogabilità assoluta .
La testimonianza che l’azione sindacale è alla base del diritto del lavoro, è lo Statuto
dei lavoratori, l. 300/1970, ad oggi la più grande legge italiana sulla tutela della libertà e
della dignità dei lavoratori, nata a seguito delle tensioni e lotte sindacali della fine degli
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anni sessanta e disciplina di riferimento per i rapporti tra lavoratori e impresa.
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La parte che interessa in tale tesi, è il Titolo III che disciplina i diritti sindacali nei
luoghi di lavoro, riconoscendo così al sindacato il potere di operare nella sfera giuridica
dell’imprenditore.
2) Limiti alla libertà d’iniziativa economica privata: Titolo III dello Statuto dei
lavoratori:
Precisando innanzitutto che la titolarità dei diritti illustrati negli articoli seguenti, è
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data al sindacato aziendale , le previsioni degli articoli 20 e s.s. danno prerogative che
limitano la libertà riconosciuta costituzionalmente dell’articolo 41.
Gli articoli 20 e 21 riconoscono alle R.S.A. la possibilità di indire rispettivamente
assemblea sia dentro che fuori l’orario di lavoro, e referendum fuori l’orario di lavoro,
vietandone inoltre la partecipazione al datore (eventualmente qualificata come condotta
antisindacale).
A loro sostegno vi è anche l’articolo 27 che da obbligo al datore di predisporre dei
locali adatti, per l’esecuzione delle attività sindacali, prevedendo che nel caso di
un’impresa con più di 200 dipendenti, questi siano permanenti, nel caso contrario saranno
messi a disposizione di volta in volta su richiesta del sindacato.
L’articolo 22 da una limitazione forte all’azione imprenditoriale, prevedendo che nel
caso in cui l’imprenditore voglia trasferire o licenziare un lavoratore che è un dirigente
sindacale, deve avere il previo consenso del sindacato di appartenenza, se ciò non avviene
si può interpellare il giudice ed il lavoratore non perderà il posto fino alla sentenza.
28 V. l’art. 2120 cc.
29 Meglio conosciuta come “la stagione dell’autunno caldo”
30 Contenente articoli da 19 a 27.
31 Meglio conosciuta come R.S.A. o R.S.U. di cui si parlerà in seguito. 12
L’articolo 25 prevede che le R.S.A. possono affiggere, in azienda, comunicati, testi, o
altri tipi di pubblicazioni di interesse sindacale, e obbliga il datore a predisporre delle
bacheche o spazi idonei all’esposizione e visibilità del mess